Le procure che verranno | Guida alla giustizia del 2016 - Live Sicilia

Le procure che verranno | Guida alla giustizia del 2016

Foto d'archivio

Catania, Caltanissetta e Marsala sono gli uffici giudiziari con il posto di capo dei pubblici ministeri vacante. Chi sono i candidati e cosa può cambiare nello scacchiere della magistratura siciliana.

PALERMO – L’ultimo posto che si è liberato è quello di procuratore di Marsala, lasciato vacante da Alberto Di Pisa. È andato in pensione a 72 anni. Oltre agli effetti personali gli tocca portarsi dietro, nonostante l’assoluzione definitiva, il peso della stagione dei veleni in cui fu accusato di essere il “corvo”. E cioè l’autore dell’anonimo che nell’estate del 1989 accusava Giovanni Falcone e Gianni De Gennaro di aver dato licenza d’uccidere al pentito Totuccio Contorno per sterminare i capi di Cosa nostra.

L’incarico marsalese si aggiunge a quello di altri uffici “pesanti” come Caltanissetta e Catania. Al Csm sono già partite le trattative, ma per le nomine ci vorrà ancora un po’. Si parla di fine gennaio, inizi di febbraio. Prima, infatti, il Consiglio superiore della magistratura pensa a chiudere la partita per la scelta di alcuni presidenti di Corte d’appello e procuratori generali in giro per l’Italia. L’obiettivo è arrivare al completo per l’apertura dell’anno giudiziario di fine gennaio. Poi, si passerà alle nome dei procuratori.

Tanti autorevoli magistrati in lizza, alcuni dei quali hanno segnato la storia dell’antimafia e le cui nomine potrebbero aprire, a cascata, altre opportunità di incarichi direttivi. Le correnti lavorano sotto traccia, come è sempre avvenuto. La maggioranza nella rappresentanza la detiene Area, la componete di sinistra che conta su sette rappresentanti in virtù dell’accordo fra Magistratura Democratica e movimento per la Giustizia. Seguono Unicost (la corrente di centro) con sei rappresentanti, Magistratura Indipendente (destra), con 3 ed Autonomia ed Indipendenza (in disaccordo con Mi), con un solo rappresentante.

Nel capoluogo etneo si sono candidati a succedere a Giovanni Salvi il procuratore di Termini Imerese Alfredo Morvillo, il sostituto della Direzione nazionale antimafia Carlo Caponcello, il procuratore aggiunto di Agrigento, Ignazio Fonzo, ma anche Annamaria Palma, tornata a Palermo da sostituto procuratore generale dopo una lunga pausa al gabinetto dell’allora presidente del Senato Renato Schifani. Ed ancora: Vincenzo Barbaro, Amedeo Bertone e Carmelo Zuccaro (entrambi già aggiunti a Catania), il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia e Francesco Puleio.

Ancora più lunga la lista dei contendenti per l’incarico a Caltanissetta al posto di Sergio Lari. Alcuni nomi si ripetono per entrambi i concorsi – come Bertone, Zuccaro, Puleio e Petralia – ai quali si aggiungono quelli del pm di Palermo Antonino Di Matteo, che rappresenta l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia, il sostituto della Dna Maurizio de Lucia, il procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, Renato Di Natale (oggi procuratore di Agrigento), Marcello Viola (procuratore di Trapani), l’aggiunto di Palermo Teresa Principato, che coordina la caccia a Matteo Messina Denaro, Rosa Raffa, Vittorio Teresi, aggiunto a Palermo e coordinatore del pool Trattativa.

Sulle chance di quest’ultimo non peserà il procedimento disciplinare aperto dal Csm che ha respinto pochi giorni fa la richiesta di non luogo a procedere per “la scarsa rilevanza dei fatti” avanzata dalla Procura generale della Cassazione. Per lui scatterà l’imputazione coatta con l’ipotesi di aver “tenuto un comportamento gravemente scorretto” nei confronti dei colleghi Mario Fontana, presidente della IV sezione del Tribunale, e dei giudici a latere Wilma Mazzara e Annalisa Tesoriere. Sono i magistrati che hanno assolto in primo grado il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di non aver arrestato Bernardo Provenzano a Mezzojuso. Il procedimento è aperto e non definito, dunque non bloccherà l’eventuale progressione in carriera di Teresi.

Il successore di Lari si troverà ad affrontare le due inchieste più scottanti degli ultimi anni. La prima, in ordine di tempo, è quella su Antonello Montante presidente degli industriali siciliani e delegato nazionale per la legalità. Uno dei promotori della svolta etica di Confindustria costretto a difendersi dall’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa che si basa sulle dichiarazioni di alcuni pentiti. E poi c’è il caso Saguto con il bubbone beni confiscati esploso a Palermo a fine estate.

 


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