Ciapi, la Corte dei conti dura |In appello condanne per 10 milioni - Live Sicilia

Ciapi, la Corte dei conti dura |In appello condanne per 10 milioni

La sezione giurisdizionale d'appello ha condannato il deputato regionale Francesco Riggio (a sinistra nella foto), l'ex capo dell'Agenzia per l'Impiego Rino Lo Nigro (a destra) e gli ex componenti del Comitato tecnico-scientifico. Sul parlamentare le parole più dure: "Inquietante figura di grand commis di Stato che non concedeva alcuna possibilità di replica critica ai componenti del Comitato”.

PALERMO – La Corte dei conti picchia duro i presunti responsabili del progetto Coorap, uno di quelli finiti sotto esame per il caso-Ciapi. La sezione giurisdizionale d’appello ha condannato l’ex presidente dell’ente e attuale deputato regionale Francesco Riggio, l’ex capo dell’Agenzia per l’Impiego Rino Lo Nigro e gli ex componenti del Comitato tecnico-scientifico: la condanna inflitta ammonta a 10.336.234 euro. La sentenza riguarda Francesco Riggio (3.722.374 euro), Daniela Avila (598.239), Giuseppe Bonadonna (598.239), Calogero Bongiorno (1.063.535), Rosario Candela (598.239), Santo Conti (598.239), Natalino Natoli (598.239), Enzo Stefano Testagrossa (598.239), Giangiuseppe Gattuso (598.239), Salvatore Federico Schembri (299.119) e Rino Lo Nigro (1.063.535). L’unico non condannato è l’ex assessore regionale Luigi Gentile (difeso da Girolamo Rubino): per lui la vicenda era stata dichiarata integralmente prescritta in primo grado e, dopo l’appello della Procura sulla prescrizione e in attesa di una pronuncia su una questione formale, la sua posizione è stata sospesa.
La condanna più dura, accompagnata dalle parole più pesanti, riguarda Riggio. Al deputato regionale ed ex presidente del Ciapi viene chiesto il 30 per cento del presunto danno erariale perché – come scrive la corte presieduta da Pino Zingale e composta da Vincenzo Lo Presti, Valter Camillo Del Rosario, Eugenio Musumeci e dal primo referendario Sergio Vaccarino – “è sicuramente significativo che alcuni appellati abbiano riconosciuto al presidente Riggio (indiscussa e, per certi versi, inquietante figura di grand commis di Stato, fermamente ancorato, negli anni, alla poltrona di presidente del Ciapi, pur nel radicale mutare dei colori dei vari governi regionali) l’esercizio di un ‘effettivo potere decisionale… (che) non concedeva ai componenti del Comitato alcuna possibilità di sostanziale replica critica’”.
Il progetto finito sotto i riflettori è uno di quelli al centro dello scandalo-Formazione. Il 19 giugno 2007 l’allora dirigente dell’Agenzia per l’Impiego Rino Lo Nigro approva il progetto “Coorap”, una sigla che sta per “Consulenza, Orientamento e Apprendistato”, finanziandolo con fondi europei per poco più di sette milioni di euro. Alla fine, però, il progetto costerà quasi 15,2 milioni. Nell’estate del 2008, l’Olaf, l’ufficio europeo che si occupa delle frodi, avvia un’indagine e manda i propri ispettori al Ciapi all’inizio dell’autunno 2009. Nel rapporto quattro contestazioni: il reclutamento del personale, le procedure per le forniture, l’assegnazione delle consulenze esterne e dei contratti di lavoro occasionale e il mancato raggiungimento degli obiettivi.
La condanna riguarda i primi tre punti. Per il quarto, infatti, la Corte sottolinea come “non potendo autonomamente disporre la pubblica amministrazione a suo piacimento del mercato del lavoro”, cioè non potendo imporre assunzioni, “ciò che deve essere indagato non è il risultato raggiunto ma il rispetto delle modalità di utilizzo del pubblico denaro per lo svolgimento di un’attività astrattamente idonea”. Molto più dura è la parte sulle assunzioni: “Il pm – si legge nella sentenza – ha sottolineato come il progetto Coorap non prevedesse l’assunzione dei 277 operatori specializzati reclutati per il servizio di consulenza orientativa. Va fin da subito rilevato che tale spesa ha comportato un importo totale di 9.767.725,79 euro, cioè maggiore a quanto originariamente previsto per l’intero progetto”. Tanto più che, secondo i magistrati contabili, gli operatori sarebbero stati assunti in modo illecito: “Tenuto conto della natura di ente strumentale della Regione siciliana attribuita al Ciapi risulta violata la normativa che disciplina l’assunzione del personale nelle amministrazioni pubbliche”. Il ragionamento è semplice: se il Ciapi è un ente strumentale della Regione e, quindi, è stato scelto senza gara perché propaggine dell’amministrazione, per assumere personale si sarebbero dovuti tenere concorsi pubblici. Lo stesso principio viene applicato ai quasi 3,8 milioni spesi per le forniture “senza effettuare preventivamente indagini di mercato ed espletare gare di evidenza pubblica” e ai 1.265.032 euro per le consulenze, per le quali non sarebbe stata “dimostrata l’utilità che l’acquisizione di tali figure professionali avrebbe avuto nella realizzazione del progetto”.
In primo grado, però, erano arrivate le assoluzioni. Secondo i pm, infatti, i termini di prescrizione scattavano dal rendiconto fatto alla fine del progetto, mentre i giudici di primo grado avevano fissato la data di inizio al momento dell’ultimo pagamento. Non una sottigliezza: con quest’ultima lettura è scattata una prescrizione integrale per Gentile e parziale per tutti gli altri imputati che non sarebbe invece arrivata sposando la prima tesi. I giudici d’appello hanno accolto quest’ultima, rinviando alle Sezioni Riunite per una questione procedurale il solo caso di Gentile.
Arriva la condanna, quindi. A carico dei dirigenti e non del Ciapi, un’altra ipotesi finita in campo durante il giudizio: “Il Ciapi, associazione senza personalità giuridica, risulta in liquidazione – annotano i magistrati – e ben difficilmente potrebbe ipotizzarsi un recupero a suo carico del finanziamento in questione, tenuto pure conto del fatto che gli immobili da esso utilizzati sono di proprietà della Regione Siciliana ed i flussi finanziari che ne garantivano l’esistenza erano nella quasi totalità di provenienza regionale”. Il conto è arrivato. Ed è salato.

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