Gli "affari di famiglia" di Vacante | "Ricicla i soldi dei Santapaola" - Live Sicilia

Gli “affari di famiglia” di Vacante | “Ricicla i soldi dei Santapaola”

Il marito di Irene Santapaola avrebbe costituito un gruppo interno alla consorteria mafiosa. Sodali e prestanome pronti a eseguire i suoi ordini. Il suo ruolo di capo emerge dagli atti, dalle intercettazioni e dai verbali dei collaboratori di giustizia dell'inchiesta Bulldog.

Il profilo del boss
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CATANIA – Un “bulldog” nel riciclo dei soldi della mafia. Non è solo il nome dell’operazione con cui è finito (nuovamente) in manette a suggerire l’appellativo per Roberto Vacante, ma anche la lettura delle oltre 200 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Giancarlo Cascino. Il marito di Irene Santapaola, la nipote del capomafia Nitto, avrebbe dimostrato doti “manageriali” nel reimpiego dei capitali illeciti. Capacità imprenditoriali e un matrimonio gli avrebbero spianato la strada per assumere il ruolo di “capo e promotore” di un gruppo a sui ordini che avrebbe “controllato” attività economiche e commerciali usati “come lavatrice” per ripulire gli introiti illeciti. Uno scacchiere di imprese e società finite nelle mani dello Stato che le ha strappate al diretto controllo della famiglia Santapaola, decapitandone il vertice di “sangue”.

Roberto Vacante è uno “di famiglia”: il legame con Irene, figlia dell’uomo d’onore Salvatore Santapaola, deceduto nel 2003, e sorella di Antonino e Vincenzo, appartenenti al gotha di Cosa nostra rappresentano solo la base di una serie di intrecci di parentele che gli permettono di avere contatti e frequentazioni con boss e nomi di spicco della mafia catanese. La Squadra Mobile arriva al suo nome mentre monitora Francesco Russo. E’ novembre del 2012, la polizia ha appena assestato un duro colpo al cuore finanziario della famiglia Santapaola e l’indagine coordianata dal pm Rocco Liguori apre lo scuarcio a una nuova inchiesta che porta alla luce gli affari gestiti da Roberto Vacante (già volto noto alle forze dell’ordine, vedi il profilo) attraverso una serie di prestanome e intestazioni fittizie. Nemmeno il provvedimento di misure di prevenzione eseguito dalla Dia nella società Sportitalia (campetti di calcio nei pressi di Cibali) negli anni scorsi sarabbe riuscito a fermare le sue ambizioni criminali. A Nesima stava costruendo una serie di impianti, che ora sono finiti sotto amministrazione giudiziaria.

A completare il profilo criminale di Roberto Vacante sono le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, tra cui Santo La Causa che racconta come nel 1998 quando fu scarcerato e gli fu affidata la riorganizzazione della cosca, all’incontro era presente anche il marito di Irene Santapaola. Non sempre però Vacante si sarebbe comportato bene: avrebbe sfruttato il nome della famiglia “anche per suoi interessi personali”. E da sempre – questo rivela Santo La Causa – avrebbe avuto l’ambizione di entrare a pieno diritto nella famiglia. Roberto Vacante e la moglie sono presenti nell’album fotografico consegnato alla magistratura da Eugenio Sturiale, il pentito che ha operato nelle cosche Santapaola, Laudani e anche Cappello è preciso sul ruolo di Vacante: “Si occupa principalmente di mantenere i contatti con le altre famiglie
mafiose ed inoltre di riciclare il denaro sporco della famiglia Santapaola. Investe i soldi delal famiglia in tutti i tipi di attività economiche per ripulire i soldi e per ottenerne un ritorno economico”. La moglie del collaboratore di giustizia, Palma Biondi (anche lei nel programma di collaborazione) è la persona che ha fatto conoscere Irene e Roberto Vacante. Altre informazioni sono arrivate anche da Giuseppe Mirabile, altro volto storico dei vertici di Cosa nostra catanese.

Ma passiamo alle intercettazioni. Audio e video. La Squadra Mobile monitora telefoni e piazza le telecamere in quelle aziende che sarebbero sotto il controllo di Roberto Vacante. Le indagini portano alla figura di Salvatore Caruso, imprenditore di un certo livello e definito dagli inquirenti l’alter ego di Vacante. Il marito di Irene Santapaola è stizzito quando parla al telefono (non mi piace!… ho avuto guai con il telefono!). E’ cauto. Vuole gestire gli affari di persona.

Il luogo deputato agli incontri sarebbe stato il parcheggio all’aperto “Parking Car” (formalmente intestato a Massimo Caruso, sottoposto a obbligo di firma) ubicato nella stessa strada dei campetti di calcio gestiti dalla società Sportitalia. Sarebbe stato quindi il parcheggio vicino dove Vacante interloquiva con riservatezza con i suoi sodali – così come immortalato dalle telecamere – per organizzare gli “affari di famiglia”.

E davanti all’obiettivo passano nomi di un certo spessore delle cosche catanesi: Antonino Tomaselli, Dario Santapaola, Giuseppe Mangion, Vincenzo Ercolano, Antonino Cuntrò, Francesco Abbascià, Giovanni Comis. Al “parking car” si fa vivo anche Mario Maugeri, detto “Ammuttapotti”, esponente di spicco del clan Mazzei. (Una figura già indicata alla magistratura dal pentito Eugenio Sturiale). Sono molti i “rendez-vous” seguiti in diretta dalla Squadra Mobile. E’ l’estate del 2013 quando Tomaselli, appena scarcerato, chiede un incontro con Vacante. A luglio l’esponente di rango dei Santapaola viene notato all’interno del parcheggio di via Santa Sofia dove viene raggiunto da Vacante accompagnato da Salvatore Caruso. Ed è quest’ultimo (considerato il consulente del boss) il tramite per un altro appuntamento “interessante” tra Vacante e Giuseppe Mangion. Questa volta però il teatro non è il parcheggio. Il meeting passa da una serie di contatti, a dimostrazione delle cautele imposte da Vacante ai suoi “fidati”. L’imprenditore Caruso viene contattato da un suo dipendente che gli dice di essere in compagnia di una persona che “lo cercava“. A quel punto Caruso se lo fa passare e l’interlocutore si presenta come “Mangion”. I due si danno un appuntamento ai Portali di San Giovanni La Punta (sono monitorati dalla polizia). Dopo l’incontro Caruso chiama Vacante e lo incontra. A quel punto scatta la geolocalizzazione e poco dopo gli investigatori pizzicheranno, sempre al centro commerciale puntese, Vacante, Mangion e Caruso passeggiare e parlare tra loro.

E’ cauto Vacante, abbiamo detto. Un altro sodale che serve da “filtro” ai suoi movimenti con le forze dell’ordine è Salvatore Di Bella che in alcune occasioni assume il ruolo di “messaggero” del capo. A Picanello girovagava in macchina in cerca di Antonino Morabito, boss Santapaoliano. Non trovandolo ferma un mezzo: la conversazione è intercettata dalla polizia. “Sto cercando Nino ‘ritina”, gli devo dire una cosa per mio compare…“. Nino Ritina è l’appellativo dato a Morabito all’interno del clan Santapaola, mentre “mio compare” per gli investigatori significa “per conto di Roberto Vacante”.

Vacante aveva dunque un suo gruppo (corpo interno alla consorteria) che sarebbe stato composto da Salvatore Caruso, Massimo Caruso, Salvatore Di Bella e Santo Patanè. Ci sono alcune conversazioni intercettate inequivocabili sull’affiliazione. Massimo Caruso racconta alla madre di come sia stata risolta una controversia con alcuni messinesi: “Scopa!.. Piacere!….Noi siamo i Santapaola di Catania! Poi è venuto Roberto (Vacante) … e lo sai che c’è stato? … Madonna mia!… Poi la cosa l’abbiamo sistemata….“. Di Bella, sempre intercettato, racconta la reazione minacciosa di Roberto Vacante quando per la risoluzione di una vicenda una persona si era “vantata di conoscenze con i Santapaola”, a quel punto il boss avrebbe urlato: “Santapaola sono io, la mia famiglia…”.

 


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