"Un copione già scritto" - Live Sicilia

“Un copione già scritto”

Gelosia, senso del possesso e relazioni asimmetriche tra i sessi armano la mano di troppi uomini. Il possesso delle donne, dei loro corpi, delle loro vite da espugnare diventa l’ossessione che li muove. Per questo si chiama femminicidio.

CATANIA – E’ accaduto ancora. Un’altra donna sarebbe stata uccisa dall’ex compagno. La terza in Italia nel giro di poche ore: una mattanza. La storia di Luana, madre di tre figli, somiglia a quella di tante altre donne ed è in sé unica. Sarebbe stata strangolata durante una lite per “la gelosia” del padre di uno dei suoi figli: una storia che sembra seguire un copione già scritto. Prima che il circo mediatico ci sommerga con parole tossiche, raptus in primis, va messo in chiaro che l’ex compagno (che si dichiara innocente) in passato era stato segnalato dalla donna con una denuncia (poi ritirata) per lesioni personali. Gelosia, senso del possesso e relazioni asimmetriche tra i sessi armano la mano di troppi uomini. Il possesso delle donne, dei loro corpi, delle loro vite da espugnare diventa l’ossessione che li muove. Per questo si chiama femminicidio. Una parola che a molti non piace, ma che è stato necessario creare perché se una cosa non si nomina non esiste. Chi si ribella a questo stato di cose subisce violenza psicologica, fisica e, in alcuni casi, trova la morte. Denunciare o varcare la soglia di un centro antiviolenza non è semplice, la paura di togliere un padre ai propri figli è spesso un deterrente e il percorso è lungo, faticoso ma necessario perché può salvarti la vita.

Nei centri antiviolenza (pochi e non sufficientemente finanziati) le formatrici fanno guardare alle volontarie un film illuminante, “Ti do i miei occhi”, in cui un poliziotto al quale si rivolge una donna per denunciare il marito che le usa abitualmente violenza fa una domanda: “Com’è entrato in casa l’aggressore?”. La risposta, troppo spesso, è che l’aggressore in casa ci abita o ci ha vissuto e magari è pure il padre dei tuoi figli come dimostrano le storie che sempre più spesso popolano le colonne dei quotidiani. E poi ci sono centinaia di donne che subiscono abitualmente violenza, storie taciute che spesso rimangono imprigionate dentro le mura domestiche. Le ultime polemiche mediatiche hanno tentato di localizzare il fenomeno, dai fatti di Colonia alle dichiarazioni del giornalista Panella sui maschi siciliani. E invece la volenza supera i confini geografici: riguarda tutte a ogni latitudine, ma soprattutto può capitare a tutte. Le storie di Luana, Giordana, Stefania, Veronica ce lo ricordano. Nessuna è al riparo e questa realtà non si può più ignorare o minimizzare. Quante donne dovranno morire ancora prima che il problema della violenza di genere sia affrontato seriamente? Bastano ancora i convegni e le passerelle delle autorità nei giorni di rito? Ovviamente no. Serve in primo luogo una chiara presa di coscienza da parte degli uomini. Il femminicidio è una questione maschile. Iniziamolo a dire senza avere paura.

(di Roberta Fuschi, giornalista e scrittrice, una delle autrici del libro “Violenza degenere“)

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