Dai convegni al carcere |Artale e l'antimafia di facciata - Live Sicilia

Dai convegni al carcere |Artale e l’antimafia di facciata

L'imprenditore aveva denunciato il pizzo ma si sarebbe messo in affari con i boss di Castellammare.

PALERMO – Il rappresentante dell’impresa a cui erano andati a chiedere la messa a posto non sapeva a chi rivolgersi. Cercava qualcuno che lo accompagnasse dai poliziotti. E così chiese aiuto all’imprenditore Vincenzo Artale. Si fidava di lui che gli aveva raccontato della sua scelta antiracket, ricostruita pure sui giornali e agli atti di convegni e incontri pubblici. Artale gli disse che lo avrebbe messo in contatto con i carabinieri di Alcamo. Nulla di ciò avvenne.

Non poteva avvenire, secondo l’accusa, visto che Artale si sarebbe messo in affari con i boss di Castellammare del Golfo e stamani è finito in cella con l’accusa di estorsione. Qualche anno fa, nel 2006, aveva denunciato i pesci piccoli del clan che erano andati a chiedergli il pizzo per poi diventare, sostengono i carabinieri, l’imprenditore di riferimento per il nuovo capomafia, Mariano Saracino, uno che in carcere c’è tornato dopo esserci già finito nel 2000.

Non c’era cantiere dove Artale non fornisse il calcestruzzo prodotto dalla sua impresa, la Inca. Tra questi c’era quello per la frana che aveva invaso un viadotto della Palermo-Mazara del Vallo, appaltato dall’Anas a un’impresa del Messinese.

“Deve dire alla sua azienda che deve bussare quando arriva in un posto”: quando il rappresentante dell’impresa si sentì rivolgere queste parole cercò aiuto da Artale, che riforniva di cemento il cantiere ed aveva fama di uomo con la schiena dritta, nominato pure nel collegio dei probiviri dell’associazione antiracket di Alcamo. “Un’operazione di facciata per fare affari”, dicono ora i carabinieri di Trapani, coordinati dal comandante provinciale Stefano Russo e dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Teresa Principato.

Artale a partire dal 2013 avrebbe preso il posto di fornitore ufficiale del clan al posto di Antonio Craparotta di Segesta. Le cose con quest’ultimo erano andate bene fino a quando aveva accettato il tariffario di Cosa nostra che prevedeva un pizzo da due euro per ogni metro cubo di calcestruzo fornito. “Viene a Castellammare è giusto che fai quello che devio fare altrimenti dici Vito, Marti… io a Catellammare non ci possono venire più. Punto… lei poteva venire a lavorare qui quando cazzo voleva e invece per principio… di 3000 mila euro vossia ci ha perso si lavorare”.

E così gli sarebbe subentrato Artale. Di lui parlano una serie di imprenditori che hanno denunciato di avere subito le angherie mafiose. Compresi alcuni che avevano condiviso il percorso antiracket con Artale. Era chiaro a tutti che ci fossero interessi fra Artale e il duo Saracino-Balducco. Gli altri fornitori dovevano farsi da parte. Così lo racconta un imprenditore: “Non posso dirvi le reali ragioni che mi hanno portato a cambiare fornitore, mi dovere capire non mi voglio mettere sotto scopa ed avere problemi con nessuno. Se dico certi particolari voi li scrivete a verbale e si viene a sapere in giro. È notorio che io sia una persona che non si piega, ma non voglio problemi con nessuno”. E Artale si sarebbe calato a pieno nel nuovo ruolo, tanto da dire a Martino Badalucco, pure lui arrestato oggi, riferendosi a un imprenditore riottoso alle nuove regole che “il torto non è che lo ha fatto a me, più che altro a voi o chi per voi”.


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