Ztl, che città vogliamo? - Live Sicilia

Ztl, che città vogliamo?

La Palermo che i cittadini sognano.

Il dibattito
di
3 min di lettura

Non è per una innata ostilità al facile intruppamento nell’esercito dell’opinione apparentemente maggioritaria, nemmeno per dare forza a qualcuno e criticare qualcun altro per partito preso. Però, a proposito della bollente questione delle Ztl a Palermo vorrei capire, prima di tutto, che tipo di città vogliono davvero i palermitani. C’è chi afferma che non sono in discussione le Ztl in sé, ma il modo concreto di realizzarle. E, allora, non capisco questa euforia, addirittura accompagnata da spumante e magari rosticceria mignon, alla notizia della decisione del Tribunale Amministrativo Regionale di sospendere, in attesa del giudizio di merito fissato per il 9 novembre, l’istituzione delle zone a traffico limitato.

Non parliamo, per favore, delle stucchevoli e immancabili polemiche politiche a seguire, sulle quali preferiamo sorvolare, che ben poco hanno a che fare con l’interesse collettivo. Sembrerebbe, a sentire alcuni, che ci sia una lotta senza quartiere tra il sindaco, tra l’amministrazione comunale e i palermitani, una specie di scontro all’ultimo sangue in cui i cittadini si oppongono a un regime brutto e cattivo che vuole il male della quinta metropoli d’Italia e dei suoi abitanti, con l’aggiunta di volerli depredare economicamente per chissà quali loschi affari. No, non è così, quindi qualcosa non quadra. Piuttosto, al di là delle modalità utili ad attuare una politica di limitazione del traffico veicolare privato, soprattutto nel centro storico, torniamo per un attimo alla domanda iniziale: che tipo di città vogliono i palermitani, nell’immediato e per le future generazioni?

Indubbiamente, diciamolo subito, sono stati fatti degli errori su questa vicenda – a cominciare dall’eccessiva estensione delle Ztl tale da ingenerare il sospetto che si volesse fare cassa – sennò avremmo avuto un altro pronunciamento del giudice amministrativo, anzi, forse non ci sarebbe stato il ricorso avanzato da cittadini e da alcune associazioni. Associazioni che da anni si occupano encomiabilmente dei problemi della città, che io considererei attive collaboratrici del Comune in servizio permanente effettivo con un’apposita consulta, e ai cui responsabili vorrei chiedere, nel frattempo, se sono sicuri che la loro posizione sia perfettamente coincidente con chi ha inneggiato per strada e sui social network allo stop decretato dal Tar. Si, perché sorge il dubbio che mentre da un lato c’è un’amministrazione che, seppure tra sbagli e scelte non sufficientemente ponderate, cerca di mutare le ancestrali abitudini ipermotorizzate del palermitano per una mobilità finalmente sostenibile e attenta alla salute delle persone, dall’altra ci sia una indistinta platea di gente che, al suo interno, ha idee parecchio diverse in materia. C’è sicuramente chi si rende conto che non si può continuare con l’assordante strombazzare dei clacson in ogni dove, attenzione, al di là dei livelli più o meno preoccupanti d’inquinamento – finalmente apprezzando le isole pedonali e lo sforzo di dotarsi di valide alternative al mezzo privato, dal tram alla metro, dal car e bike-sharing all’aumento delle linee Amat centrali – ma pure chi, al contrario, difende maldestramente convenienze corporative o non sopporta alcuna novità.

In effetti, ammettiamolo, il palermitano un po’ ha paura dei cambiamenti, come del resto il siciliano in genere, e un po’ gli scoccia di non potere entrare con l’auto fino a dentro gli esercizi commerciali, posteggiare in doppia fila, sopra i marciapiedi, le strisce pedonali e negli spazi riservati ai disabili, avvelenando di smog se stesso, i figli e il prossimo. Ecco, se fossimo davvero lungimiranti dovremmo concepire ambiti ulteriori in cui sia totalmente inibita la circolazione di macchine e motorini potenziando al massimo, in attesa delle infrastrutture di trasporto in corso d’opera, autobus elettrici e navette gratuite. Recuperare bellezze culturali, ambientali e aria salubre è anche economicamente redditizio. In conclusione, credo sia opportuno abbassare i toni, finirla con i festeggiamenti “ammàtula”, a vanvera, e discutere serenamente il da farsi, senza contrapposizioni belliche. Con un’unica avvertenza che deve essere condivisa da chi è animato da positive e nobili intenzioni: indietro non si può tornare, si tratta della qualità della vita di ognuno di noi e di chi verrà appresso.

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI