Prima l'eredità bloccata |e poi la truffa del suo legale - Live Sicilia

Prima l’eredità bloccata |e poi la truffa del suo legale

Condanna definitiva per l'avvocato. Confermata la sentenza della Corte d'Appello di Catania.

 

la storia è finita in cassazione
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CATANIA – Un’eredità contesa da una vedova e i figli del defunto. In mezzo un avvocato, piuttosto furbetto, che ha approfittato della poca conoscenza della lingua italiana di una donna di origine polacca. Vincenzo Pistritto si è fatto pagare per ben due volte il suo onorario: dallo Stato e dall’ingenua cliente. Il sistema era stato ben congeniato. La vedova con il testamento impugnato è senza risorse economiche e accede al gratuito patrocinio per difendersi, ma non appena entra il possesso del patrimonio il legale chiede i pagamenti dovuti. In realtà però Ewa Pawlicka, assistita dall’avvocato catanese Tommaso Tamburino come parte civile nel procedimento, avrebbe dovuto rifondare lo Stato italiano, che vista la sua temporanea “capacità di reddito” aveva potuto usufruire dell’istituto del gratuito patrocinio. L’avvocato Vincenzo Pistritto è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per truffa aggravata a due anni di reclusione (pena sospesa) e al pagamento di una provvisionale di 10 mila euro. Sono state confermate le due sentenze di colpevolezza di primo e di secondo grado. La Suprema Corte ha infatti rigettato il ricorso presentato dall’avvocato Bruno Leone avverso alla sentenza della Corte d’Appello di Catania (Presidente Dorotea Quartararo).

Il quadro accusatorio parla di “un disegno criminoso, messo in atto con artifici e raggiri consistiti nel non informare la Pawlicka degli effetti derivanti dall’ammissione della stessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato”. Inoltre Pistritto avrebbe indotto in errore la donna da cui “otteneva il pagamento di onorari professionali per l’ammontare 80 mila euro”. Somme indebite, perché in aggiunta ai 40 mila già versati dallo Stato.

La storia di Ewa inizia nel 2002, quando i figli che il marito ha avuto durante il precedente matrimonio decidono di “impugnare” il testamento. La donna a quel punto si trova “travolta dalla vicenda giudiziaria” e con i conti correnti bloccati. Grazie al consiglio di un conoscente si mette in contatto con Pistritto che la rassicura che i 50 mila euro necessari per seguire la causa glieli avrebbe pagati alla fine del procedimento. Quando cioè avrebbe riottenuto la sua eredità. In realtà però la donna viene ammessa – come detto – al sostegno legale del gratuito patrocinio. Gli atti portati dall’accusa e anche dall’avvocato Tamburino dimostrano che Pistritto ha ottenuto la liquidazione degli onorari per 40 mila euro. Quando Ewa entra in possesso della sua attività il suo difensore inizia a chiedere i pagamenti delle sue prestazioni professionali. Omettendo che lo Stato gli avrebbe chiesto a questo punto di rifondare i soldi che aveva “anticipato” per la sua difesa nel procedimento. Il sistema di pagamento è un po’ particolare: una serie di assegni, “cambi” di titolo alquanto “strani” e incontri in banca che mettono in allarme il figlio della donna. A quel punto Ewa, consapevole che qualcosa non andava, inizia a registrare le conversazioni e presenta una denuncia. L’avvocato ha sempre respinto ogni accusa, affermando che le somme percepite si riferivano ad altre consulenze legali e non al procedimento relativo al testamento impugnato. Per dimostrare la sua totale estraneità, Pistritto ha anche rinunciato alla prescrizione del reato. Ma tutti i tre gradi di giudizio hanno sancito un verdetto: la colpevolezza dell’avvocato.

 

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