"Mancano personale e posti letto" | Ingrassia, ecco il pronto soccorso - Live Sicilia

“Mancano personale e posti letto” | Ingrassia, ecco il pronto soccorso

L'ospedale Ingrassia di Palermo

Viaggio nella medicina d'urgenza. VIDEO.

Palermo - l'inchiesta
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4 min di lettura

PALERMO – A prescindere dalla mitologia del catetere, dai racconti dei parenti, dai veri o presunti casi di malasanità narrati dai giornali, come funziona davvero la medicina d’urgenza a Palermo? LiveSicilia comincia il suo viaggio, nosocomio per nosocomio. Si parte dal pronto soccorso dell’ospedale ‘Ingrassia’, nella zona alta di corso Calatafimi. All’ingresso, un posteggiatore con cappellino e fischietto d’ordinanza. Aiuta il viandante ad orientarsi nel fitto intrico di lamiere, in cambio di un obolo. Le macchine sono tante, lo spazio è esiguo. A domanda, risponde, gonfiando il petto d’orgoglio: “Ave vent’anni chi travagghiu cca”, funzionario, nonostante l’amministrazione, della targa e del tubo di scappamento.

Il pronto soccorso dell”Ingrassia’ è fresco di vernice. Una recente ristrutturazione ne ha ravvivato stucchi e colori. Di mattina, intorno alle dieci e mezza, sono otto le persone in sala d’attesa, dislocate per priorità e patologia. Il tabellone al muro segna un codice rosso che, per gerarchia, viene prima degli altri. Un signore si lamenta ad alta voce: “Ma è possibile che aspettiamo da un’ora?”. Gli astanti ne sottolineano la doglianza con cenni muti e comprensivi d’assenso.

“Mi chiamo Antonino Zappardo – spiega l’uomo che protesta, però, senza brutalità – sono qui per mia figlia che sta male. Conosco pure gli ospedali del Nord. C’è un medico per la testa, uno per lo stomaco, uno per l’unghia del piede. Qua, invece, ce n’è uno solo”. La signora Marcella, familiare del codice rosso di cui si stanno occupando, interviene nel dibattito: “Il problema è che i medici e gli infermieri sono pochi. Mischini, io li vedo, corrono di qua e di là, ma non ce la fanno”. Si innesca una riflessione sull’assenza di personale: se sia davvero questo il cardine dei disservizi. Antonino non è d’accordo: “Io lavoro all’Amap, che c’entra? Anche noi siamo di meno di quelli che dovremmo essere, però cerchiamo di accontentare tutti”. Si apre una porta. Il signor Zappardo si fionda dentro. Marcella continua in forma di soliloquio: “Per me qui fanno il possibile. Ma su picca, troppo picca”.

Ecco il primario, Stefano La Spada, accompagnato dall’addetto stampa dell’Asp, Nino Randazzo. Il dottore La Spada ha la barba bianca e la faccia ironica e rassegnata di chi ha bevuto il calice della Sanità siciliana fino all’ultima goccia. Allora, primario, qui dicono che siete ridotti all’osso, hanno ragione? La replica smotta con un vigoroso spostamento in avanti della testa, anch’essa candida: “Sì. Di diciotto medici in pianta organica ne abbiamo sedici. Di mattina e di pomeriggio sono quattro alla volta, la notte rimangono in due. Sostengono turni di sei ore. La più aspra criticità c’è per gli infermieri. Ne latitano sei, su ventuno teorici. Confidiamo nei concorsi”.

La Spada è un navigato lupo di mare delle corsie, primario di Medicina da quindici anni. “Il pronto soccorso – dice – è l’ultima trincea della sofferenza più acuta. Questo è il suo significato. Certo, ci confrontiamo con un’utenza che spesso viene qui impropriamente, per cose che potrebbero essere risolte altrove. Certo, non sono tutte persone civili: abbiamo avuto danneggiamenti, aggressioni, una volta hanno sfasciato qualcosa… Ci appoggiamo alla vigilanza interna, ma avvertiamo l’esigenza di un posto di polizia. Gestiamo circa cento accessi al giorno”.

Si entra nel cuore della medicina d’urgenza: “Abbiamo una sala per le patologie meno gravi e un’altra per quelle più gravi. Questa è la zona dell’osservazione breve”. Una stanza con sei letti che serve per dare un’occhiata ai pazienti con guai non serissimi e come camera di compensazione per chi deve essere ricoverato, nell’attesa che si liberi un posticino nel reparto di destinazione. “Al massimo e di norma – chiarisce La Spada – il tempo di transito non supera le quarantotto ore”. Tra i degenti, la signora Rosaria Ferro offre il suo indice di gradimento: “Mi stanno trattando bene, sono qui da ieri”.

Il dramma – interviene Sergio La Placa, camice bianco in servizio – è la mancanza di letti. Non abbiamo dove mettere i malati”. E’ la denuncia nitida di un bravo soldato della terapia, di uno che compie ogni giorno il suo dovere. E chissà cosa ne penserebbe l’assessore alla Salute pro tempore.

Nino Randazzo fornisce con puntualità le cifre degli ospedali che ricadono sotto la responsabilità dell’Asp. Nel 2014 si sono registrati complessivamente 91.647 accessi al pronto soccorso. 9.856 all’Ospedale dei Bianchi di Corleone; 21.432 al Civico di Partinico; 6.855 al ‘Madonna dell’Alto di Petralia’; 24.453 al ‘Cimino di Termini Imerese; 29.051 all’Ingrassia. Sessantaquattro pazienti sono morti, 78.191 non sono stati ricoverati. Nel 2015 l’Ospedale dei Bianchi è calato di qualche unità (9.614), come il ‘Madonna dell’Alto’ (6.483) come, al limite dell’irrilevanza, il ‘Cimino’ (24.451 e di parecchio (22.385) l’Ingrassia. Sono cresciuti i numeri del Civico di Partinico (24.765), per una cifra totale di 87.698. I morti sono stati 68; 75.236 i non ricoverati.

“Forse – azzarda Randazzo – la sensibilità sta un po’ migliorando e finalmente si capisce che il pronto soccorso non va intasato, ma utilizzato al meglio”. E il posteggiatore che incarico ricopre? Quando otterrà, anche lui, il primariato, per assiduità? Qualcuno prova a spiegare il nonsenso, la risposta si riduce uno sconsolato allargarsi di braccia: “Abbiamo presentato tante denunce, ma non c’è stato niente da fare”.

(1-continua)


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