Maniaci, Renzi e i cani ammazzati| Così si crea un mito dell'antimafia - Live Sicilia

Maniaci, Renzi e i cani ammazzati| Così si crea un mito dell’antimafia

Pino Maniaci

Il giornalista di Telejato si definiva "una potenza".

LE INTERCETTAZIONI
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PALERMO – Sotto protezione dello Stato, osannato dalla stampa, vincitore di premi, preso a modello da politici e rappresentanti delle Istituzioni. Pino Maniaci negli anni è diventato il simbolo del buon giornalismo che non scimmiotta i potenti. Le intimidazioni che denunciò di avere subito hanno contribuito a farne un simbolo dell’antimafia dura e pura. E lui si era calato nella parte. Si definiva “una potenza”. Una potenza che oggi scopriamo essere stata costruita a tavolino, sfruttando al meglio anche episodi macabri. Quando nel dicembre del 2014 ammazzarono i suoi cani Maniaci pensò subito che potesse essere stato il marito della donna con cui aveva una relazione. Agli occhi del mondo – da Partinico a Londra – doveva apparire come un atto intimidatorio. Così fu.

I servizi trasmessi dalla sua Telejato erano temuti. E lui, come ha detto il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, “sfruttava la sua professione di giornalista”. Era convinto di potere utilizzare prestigio e relazioni addirittura per fare vincere alla donna un concorso pubblico all’Azienda sanitaria di Palermo: “Perché il primo concorso che c’è, hai capito, pubblico per andare a sistemarti per sempre ed avere uno stipendio in una azienda ospedaliera, ospedale di Partinico, ospedale di Palermo, dove cazzo è, devi andare a fare l’infermiera… io ti vado a sistemare… dopo che tu hai i tuoi 1500 – 2000 euro al mese tranquilli, io posso anche morire tranquillo”.

I premi avevano contribuito ad accrescerne l’autostima. In una conversazione Maniaci citava l’ultimo dei premi incassati, l’”Oscar della legalità”, categoria “Eroe del nostro tempo”, tributatogli a Floridia, nel Siracusano. Era il novembre 2014: “A me mi hanno invitato dall’altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del cazzo di eroe dei nostri tempi”. Per l’associazione “Reporter senza frontiere” Pino Maniaci meritava di fare parte della lista dei 100 eroi mondiali dell’informazione. E Maniaci si gonfiava il petto: “Quello che non hai capito tu è la potenza… tu non hai capito la potenza di Pino Maniaci. Stai tranquilla che il concorso te lo faccio vincere…”.

Le microspie hanno smascherato una delle tante imposture dell’antimafia. La cronaca è impietosa. Il 28 novembre 2014 Maniaci riceveva la telefonata del marito della donna con cui aveva una relazione: “Allora tu quando vedi a mia moglie tu non la devi aiutare più… appena vengo a sapere che tu ci dai 5 lire a mia moglie.. ti prendo di petto con la macchina o ti ammazzo… a me non me fotto niente se tu mi denunci pino… hai capito…”. Maniaci non temeva le minacce. Anzi, chiudeva la telefonata sorridendo. Il 29 novembre era la donna a contattarlo, preoccupata di un’eventuale azione legale del marito. E il giornalista le suggeriva cosa fare: “… non m’interessa cosa gli dicono, tu devi negare…”. Nella stessa giornata la macchina di Maniaci andava a fuoco e il marito si presentava a Telejato. Maniaci impaurito chiedeva l’intervento dei carabinieri a cui spiegò che marito non si rassegnava alla fine della relazione con la moglie.

Nel pomeriggio del 3 dicembre 2014, la macabra scoperta: i due cani meticci di Maniaci furono uccisi e impiccati:“… mi ha ammazzato i cani questa notte…ti giuro che io l’ammazzo… gioia… c’è l’esercito in televisione, vattene a casa subito, subito, c’è l’esercito sta venendo il capitano, sta venendo il veterinario, sta venendo l’esercito, e mi ha fatto trovare due cani impiccati… questo porcooo…”: Maniaci era certo, dunque, che a uccidere i suoi animali fosse stato il marito della donna. Aveva, però, un piano diverso: “Ora non è che esce che li ha ammazzati omissis (fa il nome dell’uomo, ndr) … ora esce che è un atto intimidatorio a Pino Maniaci, ora la scorta mi danno, ora un bordello succede…”. La vera preoccupazione di Maniaci era che l’opinione pubblica non conoscesse la verità, e cioè la storia della lite con il marito. Così chiedeva alla donna di fare sparire ogni traccia: “Vattene a casa e cancella tutti i messaggi e cancella pure i numeri, tutte cose, cancella tutte cose, ciao.. noialtri amanti non ci siamo, non lo dobbiamo fare capire.. e non parlare neanche di soldi, ti ho aiutata a fatti trovare il lavoro qua al municipio e quindi il sindaco ti dà questo aiuto e il servizio civile..”.

La tappa successiva fu la telefonata alla corrispondente di un’altra emittente televisiva per “vendere” la notizia nel miglior modo possibile: “… qua sono uscito ora ora dal capitano…non posso neanche parlare, perché vedi che ci tenevo a questi cani, meglio di me… va bene, mettici che è… un… atto intimidatorio…che sono dai carabinieri…. ho sporto denuncia…e si indaga…. a 360 gradi ok?”. Eppure poco prima agli stessi carabinieri aveva indicato nel marito della donna il possibile autore del gesto.

Il telefono di Maniaci diventò bollente. Lo cercavano decine di giornalisti, locali e nazionali. A tutti Manici confermò che si era trattato di un atto intimidatorio dovuto alle sue inchieste giornalistiche. Persino il Guardian si affrettò ad intervistarlo. Al corrispondente del giornale londinese disse era una ritorsione per “le nostre recenti inchieste sul territorio”.

Ormai la macchina della solidarietà era lanciatissima. La gente scese per le vie di Partinico per una manifestazione. E arrivò la telefonata del premier Matteo Renzi. Su Youtube spopolò il video in cui Maniaci si era fatto riprendere mentre parlava con il presidente del consiglio: “Sono Matteo Renzi… era solo per inviare un grande abbraccio e un pensiero di solidarietà… credo che quello che lei ha ricevuto in questi anni è francamente insopportabile…è la vicenda di ieri…poi la prima volta che è a Roma mi farebbe piacere incontrarla e conoscerla…”. C’era stato un disturbatore durante quella prestigiosa chiamata, Massimo Ciancimino. “… all’altra parte avevo Matteo Renzi…”; “… e tu gli dovevi dire Renzi c’ho Massimo Ciancimino”. Una telefonata non proprio gradita quella del premier a giudicare dalle parole di Maniaci con una donna: “… ora… tutti, tutti in fibrillazione sono, pensa che mi ha telefonato quello stronzo di Renzi…”.

Non sono le uniche parole offensive pronunciate dal giornalista e rimaste impresse nei nastri magnetici. Per lui i carabinieri si dividevano in due categorie. C’erano quelli del Nucleo radiomobile, gli stessi che lo proteggevano, e quelli del Nucleo operativo che il direttore di Telejato chiamava “Nucleo Apertivo”: “… quelli che vengono appresso a me si chiamano radiomobile – spiegava a una donna – che sono una cosa diversa dal nucleo aperitivo, io invece di operativo lo chiamo nucleo aperitivo perché non fanno un cazzo, hai capito”.

 


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