Saguto, Cappellano e i 'mangiatari'| Pino Maniaci contro tutti - Live Sicilia

Saguto, Cappellano e i ‘mangiatari’| Pino Maniaci contro tutti

Pino Maniaci in una video intercettazione

Le intercettazioni del direttore di Telejato, la mafia dell'antimafia e il tutti contro tutti.

PALERMO – Pino Maniaci la definiva “la mafia dell’antimafia”. E ci metteva dentro tutti: forze dell’ordine, magistrati e quelli “che si fottono 15 mila euro al mese”. Peccato, però, che la sua antimafia, dura e pure all’apparenza, era fatta di cartapesta. La cartapesta dei carri allegorici del carnevale, quando il mondo va all’incontrario.

Maniaci è accusato di estorsione ai danni dei sindaci di Borgetto e Partinico. Avrà tempo e modo di difendersi. Dalle intercettazioni, però, emerge che il direttore della combattiva e temuta Telejato, l’uomo che – questo gli va riconosciuto – è stato tra i primi a parlare di beni confiscati, non ha resistito alla tentazione di appiccicarsi addosso l’etichetta di antimafioso, spacciando per intimidazioni targate Cosa nostra delle ritorsioni per vicende strettamente private. Come i cani ammazzati, forse dal marito della donna con cui aveva una relazione, che Maniaci catalogò per convenienza alla voce “mafia”. E via alla catena di solidarietà, alla scorta, alle comparsate televisive e chi più ne ha più ne metta.

Si sentiva una potenza Maniaci, gongolava per i premi ottenuti grazie alle sue inchieste. Per ultima quella su Silvana Saguto e le misure di prevenzione. Pino Maniaci era convinto di essere finito sotto intercettazione per via della denuncia per stalking presentata nei suoi confronti da Gaetano Cappellano Seminara, l’avvocato coinvolto nello scandalo delle Misure di prevenzione assieme all’ex presidente Saguto. Intercettato il giornalista lo era davvero, ma non poteva immaginare che fosse finito incidentalmente in un’altra inchiesta dove c’è gente, non lui, accusata di mafia.

E lanciava un’invettiva contro tutto e tutti: “… e ti pare che i cristiani sono coglioni, la denuncia di Cappellano Seminara mi mettono il telefono sotto controllo a me, un ladro, uno che si è fottuti i soldi, uno che si è arricchito con i beni sequestrati, hai capito e il controllato sono io invece di essere… controllato il ladro… no a me che sono tartassato e morto di fame, cosa inutile che non sei altro, pure i carabinieri, pure loro sono cosa inutile e i magistrati che ci danno gli incarichi… hai capito? … sono tutti sudice, tutti mangiatari e tutti cose inutili, compreso la Dia, la Dda, i carabinieri, finanzieri e tutti… quanti cornuti sono… a me mettono sotto controllo a me… uno che… rischia al pelle… per fare antimafia… pure che si mangia i soldi… ci sono magistrati corrotti, ladri, insieme con un poco di cose inutili, che fanno affari, la mafia dell’antimafia, i veri mafiosi sono loro, no i mafiosi… amici della Saguto… chiamali pure dottore a questi… che si fottono 15000 al mese…magistrati che si fottono quindicimila euro al mese e consumano cristiani”. Usava parole durissime e nel frattempo raccontava ai giornalisti di mezzo mondo di avere subito l’attacco della mafia anche se sapeva benissimo di mentire. E sognava pure di fare il deputato per incassare “ventidue mila euro al mese” e andare a vivere a Roma. Intanto si sarebbe accontentato di poche centinaia di euro “estorte” ai sindaci per non “sputtanarli” nel suo tg.

Nei giorni sorsi, quando trapelò la notizia della inchiesta sfociata ora nel divieto di dimora, Maniaci disse che i magistrati gli avevano teso un agguato, una vendetta per i suoi articoli contro il sistema Saguto. Lo faceva ricordando il contenuto di una conversazione fra l’ex presidente e l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo: “Ma che tempi abbiamo per Telejato?”; “Quello dice: ha le ore contate”. La Procura di Caltanissetta ieri ha sentito la necessità di inviare una nota per precisare “al fine di evitare ogni possibile strumentalizzazione”, che “l’indagine a carico di Silvana Saguto e di altri magistrati e amministratori giudiziari di Palermo non è in alcun modo fondata sulle inchieste giornalistiche di Maniaci e di Telejato, ma su complessi ed estesi accertamenti autonomamente condotti dalla Procura di Caltanissetta e dal Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo”. Come dire: nessuno, Maniaci per primo, si prenda meriti non suoi. La magistratura, quella palermitana che ha iniziato le indagini e quella nissena che le ha proseguite per competenza, sapeva cosa fare e soprattutto l’ha fatto. E nessuno pensi che l’indagine su Maniaci, nata temporalmente prima dell’esplosione dello scandalo beni confiscati, sia l’inizio di una strategia di insabbiamento.


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