Falcone, l'antimafia e la trattativa |"Servono prove, non teoremi" - Live Sicilia

Falcone, l’antimafia e la trattativa |”Servono prove, non teoremi”

Maria e Giovanni Falcone

Maria Falcone: "Vorrei che col rigore di Giovanni si accertasse la verità senza teoremi".

L'intervista
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5 min di lettura

PALERMO – Alla sede della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone sono giornate frenetiche. L’anniversario della strage di Capaci è alle porte e si lavora al tradizionale evento con i giovani. All’ingresso, accanto a un ritratto di Giovani Falcone, incorniciata c’è la sua laurea. Nell’ufficio di Maria Falcone, invece, alle spalle della sua scrivania, due quadri che raffigurano il fratello e Francesca Morvillo, ma ritratti da bambini. “Guardi i suoi occhi – dice la sorella del magistrato – sono gli stessi”.

È un 23 maggio che arriverà dopo una lunga scia di scandali che hanno logorato l’immagine dell’antimafia. “Ne avete scritto anche voi, con molta precisione ricordando l’atteggiamento di Giovanni nel suo lavoro di magistrato e il suo rigore nella ricerca delle prove”, commenta Maria Falcone. Che nel corso dell’intervista si richiamerà proprio a quel rigore commentando le vicissitudini giudiziarie legate alla trattativa.

Professoressa Falcone, in vista di questo 23 maggio non possiamo non partire dall’annus horribilis dell’antimafia…

“Sì, è stato un anno brutto per l’antimafia di facciata. Però la vera antimafia è tranquilla. Io credo che quella sia un’antimafia di interessi particolari, personali. Ma quella vera fatta con amore, con il cuore, per disinteresse, non ha niente da temere. Quella lavora non per se stessa ma per il bene della società. Io dico sempre che l’antimafia è quella dei ragazzi che creerà una società diversa, una società che come diceva Giovanni si distacchi dai canoni di omertà e disinteresse”.

Ma fra queste due antimafia di cui lei parla non ci sono state commistioni?

“È ovvio che per perseguire i loro fini, alcuni avevano tutto l’interesse a mascherarsi da buoni. Io dico che quella è un’antimafia che con me non ha niente a che fare. La nostra con la Fondazione trasmette ai giovani i valori che ci hanno lasciato Giovanni, Paolo, Francesca e tutti i morti nella guerra contro Cosa Nostra”.

Secondo lei in questo clima che si è venuto a creare c’è il rischio che si consumino delle vendette, delle faide?

“Il mio timore è che parlando in generale di antimafia e approfittando dei fatti spiacevoli ai quali abbiamo assistito,si crei il pretesto per una contrapposizione all’antimafia vera che mi fa tanto pensare ai brutti momenti passati da Giovanni e dai protagonisti di quegli anni.

Non c’è il rischio che la foga del momento porti a processi sommari e generalizzazioni?

“Gli accertamenti spettano alla magistratura. Deve essere la magistratura a muoversi attraverso i riscontri per capire chi veramente ha fatto antimafia di facciata. Di certo spesso assistiamo a uno scempio di persone che hanno una loro storia e non è bello vederla massacrata”.

Persino una realtà come Libera, che ha svolto un’opera importante, non è stata risparmiata da polemiche…

“Il movimento fondato da don Ciotti è molto vasto ma sull’onestà è la dedizione di Don Ciotti nessuno in questo paese può permettersi di fare illazioni”.

Siamo nella sede della Fondazione, ospitata in un bene confiscato. Lei prima che emergessero le notizie sull’indagine che coinvolge alcuni magistrati del tribunale di Palermo era stata attraversata da qualche dubbio sulla gestione dei beni confiscati?

“Io non conoscevo bene la dottoressa Saguto ma i suoi colleghi mi parlavano di lei come di un magistrato attento. Devo dire di non essere mai stata sfiorata dal minimo dubbio”, ma ripeto su fatti penalmente rilevanti è la magistratura che si deve pronunciare”.

Secondo lei la politica che atteggiamento ha nei confronti dell’antimafia?

“Diciamo che atteggiamento ha nei confronti della mafia! Io credo che di mafia si parli poco nella politica in generale, con qualche eccezione importante come il Presidente della Repubblica e quello del Senato, le due più alte cariche dello Stato che hanno una storia di antimafia vera. Io personalmente devo dire che ho sempre ricevuto dai rappresentanti delle istituzioni il massimo sostegno, in particolare dal ministero dell’Istruzione”.

Lei lamenta che la politica parli poco di mafia. Ma non ci sono anche politici che ne hanno parlato tanto e che su quello hanno anche costruito la loro carriera?

“Lo abbiamo detto prima, c’è anche un’antimafia fatta scientificamente a tavolino per raggiungere un obiettivo, ma l’antimafia fatta col cuore e con l’impegno disinteressato è un’altra cosa”.

Che idea s’è fatta delle vicende giudiziarie legate alla trattativa?

“Come tutte le persone che hanno subito il dolore per la morte di una persona a cui si vuole bene, ho bisogno di giustizia. Subito dopo Capaci a Caltanissetta alcuni magistrati dissero che c’era una seconda pista da seguire, altri interessi convergenti che avevano potuto avere interesse all’uccisione di Giovanni, e su questo nessun risultato è stato raggiunto. Sulla trattativa vorrei che con quello che era il rigore di Giovanni si accertasse la verità senza teoremi che non siano fondati su riscontri giudiziari veri. Sennò rischiamo di buttare fango su persone e personalità che questo non meritano”.

Questo che 23 maggio sarà?

“Sarà come sempre il 23 maggio dei giovani e della cultura. Perché Giovanni diceva che la mafia sarebbe stata vinta quando la società sarebbe diventata diversa e la società può essere cambiata solo dai giovani, dagli adulti di domani che a loro volta educheranno i loro figli ai valori di legalità e giustizia di Giovanni, Paolo, Francesca e di tutti gli eroi civili del nostro tempo. Noi abbiamo un dovere nei confronti di tutti i ragazzi nati dopo il terribile 1992: questi ragazzi si aspettano prima di tutto di conoscere la storia della propria terra e con loro, grazie ai loro insegnanti e al Miur, in un percorso che dura tutto l’anno e attraversa tutte le scuole del nostro Paese, lavoriamo perché essi diventino testimoni di legalità diffusa e quotidiana”.

C’è una cultura del sospetto cara a un pezzo dell’antimafia, non a suo fratello, che oggi si ritorce contro l’antimafia stessa?

“Contro l’antimafia remano anche quelli che sono dalla parte della mafia, il famoso ventre molle di Palermo che ha dato il meglio di sè in passato anche in trasmissioni televisive che rappresentano un triste ricordo nella storia della nostra terra, specializzati nell’affermare che erano ben altri i problemi di Palermo e della Sicilia”.

Che poi era il tacito patto su cui per anni la mafia ha prosperato…

“Noi lavoriamo sui giovani insieme agli insegnanti. Parliamo coi giovani di legalità e poi loro ne parlano con i loro genitori, un’educazione all’incontrario. Ecco perché abbiamo lavorato soprattutto nei quartieri degradati. Una volta ho visto la moglie di un pentito in televisione che diceva che i suoi figli le avevano detto: ‘Com’è che a scuola parlano di Falcone e Borsellino come eroi e a casa nostra no?’”.

 


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