Raid in casa: imputati assolti| Chi terrorizzò due donne? - Live Sicilia

Raid in casa: imputati assolti| Chi terrorizzò due donne?

Gli avvocati Vivona e Piscitello

Il colpo nei pressi di via Leonardo da Vinci (nella foto un frame delle immagini di sorveglianza).

PALERMO – Alla fine la violenta rapina resta senza colpevoli. Alessio Puccio è stato assolto dall’accusa di avere trasformato in un incubo la notte di due donne palermitane. Ha retto la tesi difensiva degli avvocati Alice Vivona e Melchiorre Piscitello. Dopo l’assoluzione Puccio è stato subito scarcerato. Agli arresti c’è rimasto, fra cella e domiciliari con il braccialetto elettronico, quasi due anni.

Nel 2014 una banda di quattro persone prende d’assalto un appartamento che si trova nella zona di via Leonardo da Vinci. Qualche mese dopo vengono arrestati in due. Uno è Danilo Ingarao, diciotto anni, figlio del reggente del mandamento di Porta Nuova, Nicola, ucciso alla Zisa nel 2007. L’altro è Puccio. Il primo venne individuato analizzando le immagini del sistema di sorveglianza di una vicina banca. Il secondo, dall’analisi dei tabulati telefonici. Secondo l’accusa, Ingarao aveva chiamato per farsi aprire il portone da Puccio che era già all’interno dell’abitazione.

Il bottino fu un iPad, un iphone, due computer portatili, alcuni libretti postali di deposito, carte bancomat, carte di credito e assegni bancari. E la paura, però, quella che conta di più. Madre e figlia erano state aggredite e immobilizzate nella stanza da pranzo. I rapinatori erano entrati da una finestra della cucina, dopo essersi arrampicati su un cancello.

Nel corso del processo le prove, però, si sono via via sgretolate. Erano già cadute per Ingarao, giudicato a parte in abbreviato. Allora gli avvocati Raffaele Bonsignore e Riccardo Russo sostennero che non c’era alcuna certezza nell’identificazione di Ingarao e neppure della macchina su cui si sarebbe allontanato dopo il colpo. Ora, in Tribunale, è accaduta la stessa cosa per Puccio. Gli avvocati Vivona e Piscitello hanno fatto emergere discrasie fra le immagini e l’ora delle telefonata. Così come non c’è certezza sul fatto che i due quella notte avessero agganciato la stessa cella telefonica. Come dire che potevano trovarsi anche in due posti diversi della città.

E poi c’è una curiosità divenuta processuale con le dichiarazioni spontanee dell’imputato. In aula disse che la vittima, incontrata in Tribunale, le aveva chiesto indicazioni su come raggiungere l’aula. La vittima che chiede aiuto al carnefice: impossibile. Da qui l’assoluzione. Resta, dunque, un interrogativo cruciale: chi terrorizzò madre e figlia visto che due imputati sono stati scagionati e altri due rapinatori mai individuati?


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