Altro che accordo storico | Crocetta svende la Sicilia - Live Sicilia

Altro che accordo storico | Crocetta svende la Sicilia

In cambio dei 500 milioni, la rinuncia ai contenziosi e nuovi tagli. E se la Regione non rispetterà i paletti, i soldi torneranno a Roma.

L'intesa a Palazzo Chigi
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PALERMO – Mancava solo che il governatore vendesse Palazzo d’Orleans a Renzi. E il salasso sarebbe stato completo. Eppure, oggi, il governatore ha descritto l’accordo firmato ieri a Palazzo Chigi per lo sblocco dei 500 milioni come qualcosa di storico, di unico, da lasciare in eredità alle future generazioni.

Insieme, magari al ricordo della nuova rinuncia del presidente a tutti i contenziosi con lo Stato in materia di finanza pubblica dinanzi alla Corte costituzionale. Crocetta, insomma, ci è cascato un’altra volta. E così come aveva fatto nel giugno del 2014, accompagnato dall’allora assessore all’Economia Roberto Agnello, ha deciso di arrendersi persino nelle partite già vinte.

Insomma, ecco cosa prevede, tra le altre cose, l’offerta speciale di Palazzo Chigi: con 500 milioni “cash”, la Regione si impegna, entro il 30 settembre prossimo, al “ritiro di tutti i ricorsi, in materia di finanza pubblica promossi prima del 31 dicembre 2015, nei confronti dello Stato innanzi alle diverse giurisdizioni e relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali”. Non solo, quindi, il ritiro delle cause con lo Stato sulle prerogative, ad esempio, dello Statuto, ma anche i normali ricorsi contro le impugnative del governo Renzi.

Ma il bello viene dopo. Perché l’offerta non è speciale, ma specialissima: i 500 milioni sono comprensivi “degli effetti finanziari delle sentenze in materia di finanza pubblica decise dalle diverse giurisdizioni anche nel periodo intercorrente fra la stipula del precedente accordo fra lo Stato e la Regione siciliana, firmato il 9 giugno 2014, e la data di stipula del presente accordo”. Dentro quella somma, liberata ieri da Palazzo Chigi, ci sono quindi anche i soldi che la Corte costituzionale o altre giurisdizioni, hanno riconosciuto alla Sicilia dopo quel disgraziato accordo del giugno del 2014. Un accordo, però, che aveva una portata temporale circoscritta. Adesso, ogni euro riconosciuto in questi due anni alla Regione, rientrerà nei famosi 500 milioni.

Un successone, insomma. Senza contare i passaggi nei quali la Sicilia china il capo a Roma, pur di avere quei soldi che erano in gran parte propri. A cominciare, ad esempio, dal recepimento di una serie di norme statali, come quelle riguardanti i servizi pubblici e le società a partecipazione pubblica, o anche le norme che prevedono i licenziamenti disciplinari per i cosiddetti “furbetti del cartellino”. E, paradosso tra i paradossi, la Regione si impegna a recepire “completamente” la legge Delrio sulle Province. Dopo tre anni di fallimenti, strafalcioni, guerre e imugnative, alla fine Crocetta si arrende e trasforma la sua “epocale” riforma in un copiato della legge nazionale. Pensarci prima, a questo punto, sarebbe stato più logico.

Ma l’epocale “successo” della Regione, a guardar bene, è poco più di un prestito. Che tra l’altro Roma concede utilizzando molti dei soldi… dei siciliani. Il trasferimento, infatti, è subordinato a una serie di prescrizioni. Se la Regione non le rispetterà, scatteranno sanzioni e verrà quindi ridotto il trasferimento stesso. Solo per fare qualche accenno, la Regione si è impegnata a garantire dei “saldi positivi” in bilancio al limite del fantasy. Nel 2016 dovrà garantire un risparmio di qasi 228 milioni di euro. L’anno successivo addirittura di 577 milioni. E ancora, la Regione dovrà, negli anni dal 2017 e il 2020 , impegnarsi a ridurre la spesa corrente “in misura non inferiore al 3 per cento per ciascun anno rispetto all’anno precedente”. Per intenderci, stiamo parlando di una somma pari a circa 430 milioni di euro l’anno. Di nuovi tagli.

Se la Regione non rispetterà queste indicazioni, saranno guai: “In caso di sforamento dell’obiettivo di riduzione degli impegni di parte corrente – si legge poi nell’accordo – il Ministero dell’Economia e delle finanze, anche tramite l’Agenzia delle entrate, è autorizzato a trattenere il corrispettivo importo dello sforamento a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla Regione”. Solo per fare un esempio: se tra il 2017 e il 2020, il nuovo governo regionale riuscirà, nonostante le difficoltà di un bilancio sempre più all’osso, a ridurre la spesa, ma – mettiamo caso – “solo” dell’1,5 per cento, in due anni lo Stato si sarà già ripreso i 500 milioni. Eccolo l’affare epocale, l’accordo storico che Crocetta lascerà alle prossime generazioni.


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