Banca Nuova, l'inchiesta fa flop |Influì anche sulla Trattativa - Live Sicilia

Banca Nuova, l’inchiesta fa flop |Influì anche sulla Trattativa

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Assolti il presidente Martino Breganze e il direttore dell'area commerciale Rodolfo Pezzotti.

PALERMO – “Il fatto non costituisce reato”. Tre anni dopo l’avvio dell’inchiesta il Tribunale di Palermo assolve il presidente di Banca Nuova, Martino Breganze, e il direttore dell’area commerciale Rodolfo Pezzotti. Erano imputati di usura bancaria.

Una sentenza che va nella direzione opposta di quella che stabilì la condanna dell’ex direttore generale dell’istituto di credito, Francesco Maiolini, condannato a otto mesi, pena sospesa. Aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato e fu processato a parte. L’appello è già stato presentato. Le motivazioni dell’assoluzione di oggi si conosceranno fra novanta giorni, ma è lecito attendersi che la sentenza possa influire nel processo di secondo grado a Maiolini.

Breganze e Pezzotti avevano scelto l’ordinario. Per loro il pm aveva chiesto una condanna a tre anni e tre mesi di carcere. Davanti al collegio presieduto da Mario Falcone è passata, però, la linea difensiva degli avvocati Claudio Gallina Montana, Giovanni Rizzuti ed Enrico Ambrosetti. Secondo l’accusa, gli indagati “non impedivano, pur avendo l’obbligo giuridico di evitarlo, che fossero pretesi e applicati interessi usurari”. I difensori, invece, sostenevano che i due imputati non avessero alcuna competenza sul caso specifico e in ogni caso si sarebbe trattato di un mero errore di calcolo imputabile ad una società esterna.

È stata una storia giudiziaria tormentata quella arrivata oggi a sentenza. A febbraio 2013 le prove non furono ritenute evidenti, fu negata la richiesta di giudizio immediato e affidata una perizia per verificare se l’istituto di credito avesse applicato tassi usurari nei confronti di due clienti. Piccole cifre per la verità: 5 mila euro (di cui 4 mila compensati) e 3.495 sui conti di due società. A Palermo arrivò il via libera al processo in controtendenza con altre decisione prese in giro per l’Italia. Anche a Marsala si è indagato su un analogo caso, ma i giudici un mese e mezzo fa hanno optato per l’archiviazione.

La vicenda divenne, però, un caso giudiziario costati un procedimento disciplinare davanti al Csm e un’inchiesta penale a Caltanissetta per l’ex procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Entrambi i procedimenti furono archiviati. Dalle indagini erano emersi contatti fra Maiolini e Messineo che avevano discusso dell’indagine per usura bancaria. L’allora direttore generale disse di avere avuto soltanto contatti “istituzionali” con il capo dei pm palermitani per fargli presente che altri procedimenti, aperti in altre Procure, si erano chiusi con un nulla di fatto. Messineo, dal canto suo, sostenne di avere fornito informazioni note, visto che ai dirigenti della banca era già stato notificato l’avviso di garanzia.

L’inchiesta sull’usura bancaria era coordinata da Antonio Ingroia. Fu sul tavolo dell’allora procuratore aggiunto che finirono le intercettazioni “compromettenti” fra Maiolioni e Messineo. Risalivano all’11 giugno del 2012. E cioè ad un momento di forti fibrillazioni in Procura. A cominciare dalla iniziale scelta di Messineo di non firmare l’avviso di conclusione dell’inchiesta sulla Trattativa. Cinque mesi dopo avere ricevuto le intercettazioni, pochi giorni prima di volare in Guatemala per mettersi al servizio dell’Onu e prima di scendere in politica candidandosi come premier, Ingroia trasmise il fascicolo a Caltanissetta. Nel frattempo Messineo, che prima non aveva voluto firmare gli atti della Trattativa, avrebbe finito per modificare il proprio atteggiamento.

L’assoluzione di Breganza e Pezzotti arriva a distanza di poco più di un mese dall’archiviazione, decisa dal gip di Marsala Francesco Parrinello, di un’inchiesta, sempre per usura bancaria, nei confronti di Maiolini e di altri tre funzionari di Banca Nuova. A contestare l’applicazione di tassi sopra la soglia stabilita dalla legge era stata un’impresa agricola. Inizialmente un consulente del pubblico ministero aveva puntato il dito contro l’istituto bancario, salvo poi accorgersi di avere fatto male i conti.

 


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