Alfanino e i precari delle Poste | Quelli senza un fratello ministro - Live Sicilia

Alfanino e i precari delle Poste | Quelli senza un fratello ministro

Quelli che hanno un futuro. Quelli che non ce l'hanno. Ma quanto conta il cognome?

Poi ci sono quelli che non si chiamano Alfano. Quelli che non sono fratelli di ministri. Quelli che non vengono citati nelle intercettazioni in cui si chiacchiera di presunti curriculum per le Poste, di carriere con un presunto ‘aiutino’, in un presunto macramé di piaceri da fare e da rendere. Rilievi penali esclusi, manco a dirlo.

Poi ci sono quelli che non scrivono di sé in terza persona – come Alessandro Alfano, quarantenne di ottime prospettive, inteso ‘Alfanino’ – : “Cresce in una famiglia dai valori cristiani e moderati, con un padre e un fratello da sempre impegnati in politica e a contatto con la gente (…) sviluppa una personalità eclettica, che tende a bruciare le tappe grazie a un’intelligenza vivace e una forte capacità relazionale”. Quelli che non hanno remunerativi incarichi, ottenuti, ovviamente, per meriti personali. Quelli che non sono eclettici, che non ‘bruciano le tappe’, perché affettano il salame in un supermercato, nonostante laurea e master. Quelli che hanno altri cognomi, altre storie, altri fratelli. Quelli che – nella meravigliosa e italiana ‘way of life’ di Angelino e Matteo (Renzi) – sono la tappezzeria dei salotti altrui, che non hanno sulla rubrica del telefonino i numeri che valgono, ma solo il recapito della farmacia di turno.

Per esempio, ci sono questi ragazzi siciliani, radunati in una stanza di via Mariano Stabile, presso la sede della Cisl-Poste di Palermo, per rispondere a qualche domanda, in una sorta di rito consolatorio da terapia di gruppo. Sono Cittidì, contrattisti a tempo determinato delle Poste, scaduti o in scadenza, come le mozzarelle.

Hanno letto e riletto le cronache di Alfanino, i resoconti stenografici delle intercettazioni, le ricostruzioni della stampa. Anche se le vicende personali sono differenti, tutto finisce nel grande calderone dei destini paralleli e nell’identico – chissà fino a quanto peregrino – retropensiero, più spesso dichiarato che sottaciuto: perché qualcuno dal cognome celebre sistemato e noi, invece, no? C’entrano solo capacità e ingegno? Perché il potente, o parente di potente, ha sempre ragione? Solo virtù e fortuna? Antico e sempre rinnovabile dilemma… Quanto conta chiamarsi Alfano?

“Ho trentasei anni – dice Anna Sala, del gruppo dei Cittiddì -. Dopo un precariato di diciassette mesi sono disoccupata. Guadagnavo milleduecento euro al mese. Uno mi ha mandato un sms: da quando la posta non la consegni tu, non è più la stessa cosa”. I Cittidì si sfogano, nella saletta della Cisl, sotto l’occhio paterno di Maurizio Affatigato, sindacalista di lungo corso. “Sono laureata al Dams con il massimo e la lode – prosegue Anna -. Ho fatto la cassiera, la commessa, la cameriera. Sono stata aggredita dai cani, ho preso pioggia e sole. Purtroppo, se non sei vicina a chi ha gli argomenti giusti, non arrivi. Sono arrabbiata e voto per i grillini, sperando che le cose cambino”.

Francesco Sciarrino, ventiquattro anni, ha quasi imparato a memoria le vicende che riguardano certi personaggi illustri e le famiglie di riferimento: “Mi sento quasi preso in giro – commenta – non accuso nessuno in particolare, ma è chiaro che le conoscenze importanti e i rapporti aiutano. Ho coperto come portalettere la zona di Capaci, interi quartieri senza numeri civici, né indicazioni. Mi sono guadagnato la fiducia della comunità. E mi hanno mandato via. Questo è un Paese che non va bene, perché non valorizza i giovani. Li spreme”.

Il trentunenne Dario Abruzzo sospira: “Funziona così, purtroppo. Difficile spuntarla se non sei un segnalato, parlo in generale, eh…”. “L’Italia di Renzi è una patacca – incalza un baffuto e anziano sindacalista – se non appartieni a un cerchio magico, non ce la fai. Basta sfogliare i giornali per rendersene conto”.

Per esempio, sfogliando i giornali, nei giorni scorsi, si leggeva il seguente brano: “Angelino lo considero una persona perbene un amico…se gli posso dare una mano…mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri…tu devi sapere che lui come massimo poteva avere 170 mila euro…no…io gli ho fatto avere 160 mila”. Chi era al telefono? Sempre dai quotidiani: “Il 9 gennaio 2015 parlano Raffaele Pizza e Davide Tedesco. ‘Pizza — annotano le Fiamme Gialle — sostiene di aver facilitato, grazie ad i suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste'”. Angelino il Grande, nel senso del fratello maggiore, ha replicato con durezza: “Siamo di fronte al ri-uso politico degli scarti di un’inchiesta giudiziaria. Ciò che i magistrati hanno studiato, ritenendolo non idoneo a coinvolgermi in alcun modo, viene usato per fini esclusivamente politici”. 

“Io ho lavorato praticamente nella savana”, sorride ora Dario Abruzzo, Cittidì scaduto, a mille e duecento euro mensili, per circa sette ore al giorno; ben altri appannaggi presenta Alfanino che ha percorso un discusso cursus honorum, come ha ricostruito Riccardo Lo Verso, per LiveSicilia. “Non c’era niente, nessun numero civico per orientarsi. A un certo punto mi hanno detto: arrivederci e grazie”, conclude Dario. Parla pure un portalettere-a-scadenza che non vuole che sia scritto il suo nome, perché è in ballo con il rinnovo. “Ho una laurea in Ingegneria ambientale – spiega –. Il dirigente con cui ho affrontato il colloquio sicuramente aveva meno titoli di me. Noi scendiamo in strada con ogni tempo, ogni giorno, per scherzo i colleghi ci chiamano ‘i gladiatori”.

Anche lui sorride, amaro, ripensando alle sue scarpe impolverate che non compongono sfolgorio di curriculum, alla sua laurea inutile nella corte dei miracoli e dei miracolati. Rilievi penali esclusi, manco a dirlo.

E ci sarebbe da scattare una gigantografia listata a nero, un selfie di rabbia – ché sarebbe più chiaro di centomila discorsi sulle presunte opportunità – con questi ragazzi siciliani, laureati, competenti, appassionati, che imbucavano lettere da iper-qualificati postini e poi hanno smesso, perché nemmeno quella spremitura di fatica era più disponibile, quasi che fosse una prelibatezza. Sono i figli e i fratelli delle persone sbagliate. Quelli che, se hanno bisogno di qualcuno, al massimo gli risponde la farmacia di turno.

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI