"Scafisti per necessita": assolti | Nessun colpevole per 11 morti - Live Sicilia

“Scafisti per necessita”: assolti | Nessun colpevole per 11 morti

Foto d'archivio

Nell'estate del 2015 morirono 11 persone. I pubblici ministeri di Palermo avevano chiesto due condanne all'ergastolo.

L'avvocato Cinzia Pecoraro

PALERMO – Non ci sono colpevoli per uno dei tanti drammatici sbarchi di profughi sulle coste siciliane. Nell’estate del 2015 morirono 11 persone. I pubblici ministeri di Palermo avevano chiesto la condanna all’ergastolo per i due presunti scafisti, ma è arrivata l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. La sentenza del giudice per l’udienza preliminare Gigi Omar Modica non solo non accoglie la ricostruzione dell’accusa, ma invita a valutare con “estrema prudenza” le dichiarazioni degli immigrati che rappresentano uno dei pilastri su cui si basano le inchieste prima e i processi poi.

Jammeh Sulieman, senegalese di 21 anni, e Dampha Bakary, gambiano di 24 anni, erano accusati di sfruttamento dell’immigrazione clandestina e omicidio. In 106 furono salvati in mare, stipati su un gommone. Provvidenziale fu l’intervento della nave “Dattilo” della Guardia costiera che li scortò in porto a Palermo. Furono i sopravvissuti a raccontare che undici compagni di viaggio non ce l’avevano fatta. Alcuni di loro puntarono il dito contro i due imputati, accusandoli di essere il timoniere e colui che tracciava la rotta con la bussola. Dichiarazioni che sembravano granitiche.

Ed invece il giudice li mette in dubbio nella motivazione dell’assoluzione. Il gup, infatti, si è ritirato in camera di consiglio e un paio d’ore dopo ha letto il verdetto, accompagnato dalla contestuale motivazione. Innanzitutto ha creduto al racconto degli imputati sulla base delle testimonianze di altri migranti. È vero che sono stati gli scafisti della traversata, ma hanno agito perché costretti dalla necessità di salvare se stessi. Un gruppo di libici armati, dopo avere fatto salire i migranti a bordo del gommone, avrebbero obbligato i due imputati a prendere il timone. Migranti come gli altri, dunque, divenuti scafisti per necessità e paura. Anzi, una volta preso il largo, come hanno sostenuto gli avvocati Cinzia Pecoraro e Chiara Bonafede, avrebbero cercato di fare il possibile per portare in salvo tutti. Non ci sarebbero riusciti perché una falla apertasi sull’imbarcazione avrebbe creato il panico a bordo. Il tragico epilogo sarebbe stato l’annegamento di undici persone.

Il gip Modica va oltre, gettando ombre sull’attendibilità dei testimoni, tutti magrebini. Definisce “sospette” le loro dichiarazioni e ritiene che non fossero “meri passeggeri”, ma avessero “rapporti privilegiati” con i libici che hanno organizzato la traversata. Rapporti testimoniati, ad esempio, dal fatto che fossero gli unici ad avere il giubbotto di salvataggio: “Se di accordi tra i libici e alcuni passeggeri del gommone si può parlare – scrive il giudice – essi molto verosimilmente sono intercorsi con i marocchini anzidetti e giammai con i due imputati. È certamente più verosimile che i due imputati siano stati scelti casualmente tra i passeggeri”.

Infine, il passaggio più delicato della motivazione: “È utile rivelare inoltre come vi sia un ulteriore dato che induce ad estrema prudenza nella valutazione di tali deposizioni. È noto come gli extracomunitari che si offrono di fornire dichiarazioni accusatorie in circostanze simili di sbarchi illegittimi ricevono il beneficio non secondario di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di giustizia. È quello che successo con i testimoni marocchini”.

Quindi una critica al lavoro della Procura: “L’ascolto di un numero maggiore di passeggeri, soprattutto sui temi delle minacce e della costrizione sollevati dal racconto degli imputati avrebbe senz’altro contribuito a fare chiarezza su circostanze decisive”. Infine un passaggio anche sulle contraddizioni e l’incompletezza delle ricostruzioni dei due imputati che vengono giustificati dallo shock e dallo stress per essere scampati, loro stessi insieme agli altri, al naufragio. La sentenza e le motivazioni sono state oggetto di discussione fra il procuratore Francesco Lo Voi, l’aggiunto Maurizio Scalia e i sostituti del pool che si occupa di immigrazione. L’unica dichiarazioni pubblica è affidata alla scarne, quanto scontate, parole di Scalia: “Faremo appello”. Per il resto, silenzio. Un silenzio che cela malumori. Nel frattempo i due imputati, detenuti da più di un anno, sono stati scarcerati.

 


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