"Sono i killer di Mazzè"| Condannati a trent'anni - Live Sicilia

“Sono i killer di Mazzè”| Condannati a trent’anni

La rissa al bar dello Zen da cui scaturì la furia omicida che portò all'assassinio di Franco Mazzè

Condanne anche per due presunti favoreggiatori. Un testimone avrebbe reso falsa testimonianza.

PALERMO-OMICIDIO ALLO ZEN
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PALERMO – Trent’anni per Fabio Chianchiano. Trent’anni per Stefano Biondo. Regge in pieno la ricostruzione del pubblico ministero Calogero Ferrara e arrivano due condanne pesanti per l’omicidio di Franco Mazzè, il pregiudicato ucciso allo Zen nel marzo del 2015. La sentenza in abbreviato è del giudice per l’udienza preliminare Guglielmo Nicastro.

Per favoreggiamento sono stati condannati Rosario Sgarlata (2 anni) e Claudio Viviano (un anno e 4 mesi). La moglie e i due figli minorenni della vittima si erano costituti parte civile al processo. Trasmessi gli atti alla Procura per valutare l’ipotesi di falsa testimonianza da contestare al venditore ambulante Pasquale Romito. Lo avevano convocato per fare chiarezza e invece offrì una versione opposta a quella che lui stesso aveva reso ai poliziotti del commissariato San Lorenzo e della Squadra mobile, che hanno risolto il caso. . 

Chianchiano è reo confesso del delitto della domenica delle Palme 2015. Il movente dell’omicidio, secondo il pm Ferrara, sarebbe frutto di vecchi dissapori. Mazzè ha rischiato di morire dieci anni fa per mano dello stesso Chianchiano. Una storia di fidanzamenti incrociati degenerò in violenza. Prima Mazzè spezzò il braccio a Chianchiano che l’aveva appellato “cornuto e sbirro”. Poi, Chianchiano reagì sparando dei colpi di pistola contro il rivale mentre era in sella ad una moto guidata da un complice. Vecchi dissapori divennero nel tempo scontro aperto per la gestione degli affari sporchi nel rione quando entrambi i contendenti furono assoldati da Cosa nostra. Per un po’ sono rimasti sopiti grazie alla mediazione di altri pezzi grossi. Fino al marzo 2015, alla lite in un bar fra Chianchiano e uno dei fratelli Mazzè e poi all’agguato.

Il bilancio poteva essere più pesante. Biondo e Chianchiano, infatti, oltre ad essere accusati di omicidio e detenzione illegale di armi, erano imputati anche per avere sparato contro l’abitazione di Michele Moceo, un amico di Mazzè, che sarebbe stato il secondo obiettivo del commando.

Romito, sentito nella fase delle indagini preliminari, disse di avere visto i killer fare fuoco prima di cercare riparo. In aula ha cambiato versione, sostenendo di avere visto Mazzè esplodere per primo dei colpi di pistola contro coloro che lo uccisero. Le analisi sulla mano e sugli abiti della vittima, però, hanno escluso la presenza di tracce di povere da sparo. Mazzè, dunque, non ha sparato. E le prime dichiarazioni di Romito? Il testimone si sarebbe spinto a sostenere che gli sarebbero state suggerite dai poliziotti.

 


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