Dai forestali al nipote di Binu| Corleone, blitz contro i nuovi boss - Live Sicilia

Dai forestali al nipote di Binu| Corleone, blitz contro i nuovi boss

DI RICCARDO LO VERSO Gli imprenditori denunciano il pizzo: 12 arresti. Libertà vigilata per due indagati. Svelato un piano di morte per l'eredità.

PALERMO – Ci sono i nipoti dei vecchi padrini e insospettabili operai stagionali della Forestale negli organigrammi della nuova mafia che si muove fra Corloene, Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano. Gli arrestati sono dodici. A cominciare da Carmelo Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano che, scarcerato nel marzo del 2014, avrebbe cercato di rimettersi nel giro. L’inchiesta è coordinata dal p procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis, Caterina Malagoli e Gaspare Spedale. Il gip che ha firmato gli arresti è Fabrizio Anfuso.

Il nome di Gariffo fa parte dell’elenco delle dieci persone arrestate nel blitz dei carabinieri del Comando provinciale e del Gruppo Monreale. Un elenco che si completa con la libertà vigilata – e si tratta di un profilo giuridico nuovo – imposta a due uomini avrebbero chiesto ai mafiosi di ammazzare l’uomo che gli contendeva l’eredità di uno zio. Il piano di morte non è stato messo a segno per l’intervento dei carabinieri. “Il compare del tabacchino” temeva di perdere l’eredità. A mali estremi, rimedi estremi: avrebbero deciso di assoldare dei killer per sbarazzarsi del terzo incomodo. Con “tremila euro”, tanto valeva la vita di un uomo, avrebbero messo le cose a posto. I carabinieri hanno documentato tutte le fasi preparatorie dell’omicidio. I protagonisti sarebbero stati Vincenzo Pellitteri e Paolo Masaracchia. Per i due presunti mandanti è scattata la libertà vigilata.

Fra gli arrestati anche Leoluca Lo Bue, figlio di Rosario, l’anziano boss che nei mesi scorsi è finito pure lui in cella con l’accusa di avere preso le redini di un mandamento di cui restano le ceneri. Un’accusa “certificata” anche da questa indagine. Forse è l’ondata di arresti – siamo giunti al quarto capitolo dell’inchiesta Grande Passo – che ha dato coraggio a due imprenditori che hanno deciso di denunciare spontaneamente le estorsioni subite. I mafiosi si erano presentati nei cantieri per la costruzione di un campetto sportivo polivalente e per la ristrutturazione degli antichi abbeveratoi a Corleone. Sono una dozzina gli imprenditori estorti. C’è chi ha negato l’evidenza, ma quello che conta è che qualcuno ha collaborato in zone dove finora aveva regnato il silenzio. Si tratta della quarta tranches dell’indagine che ha portato allo scioglimento del Comune di Corleone per sospette infiltrazioni mafiose.

Tra gli arrestati anche alcuni insospettabili come Vito Biagio Filippello e Vito Coscino, entrambi operai della forestale. Il primo avrebbe preso in mano il potere a Palazzo Adriano dopo l’arresto di Paolo Masaracchia, mentre il secondo avrebbe fatto parte del clan di Corleone. Accanto a loro avrebbero agito alcuni allevatori e un cantoniere, simbolo di una mafia rurale.

Gariffo era già stato arrestato nel 2006. Faceva da postino allo zio, smistava i pizzini e convocava appuntamenti del latitante che si rifugiava a Montagna dei Cavalli. Il suo nome era saltato fuori dalle intercettazioni del blitz dello scorso dicembre. Sarebbe l’ultimo garante della strategia “morbida” voluta dallo zio Provenzano e che avrebbe provocato malumori nell’ala oltranzista, quella che ideologicamente fa capo a Toto Riina. Non tutti a Corleone negli ultimi tempi gradivano la gestione di Lo Bue. Ecco perché c’era chi, come Antonino Di Marco, considerato un mafioso di Palazzo Adriano, attendeva con ansia l’uscita dal carcere di Giovanni Grizzaffi, nipote di Totò u curtu, che nel 2018 finirà di scontare una lunghissima condanna. “Se ci fosse Totò…”, ripetevano spesso.

 


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