Il sangue, la fuga e l'arresto| Il figlio fermato in aeroporto - Live Sicilia

Il sangue, la fuga e l’arresto| Il figlio fermato in aeroporto

Il rione Zen di Palermo

La squadra Mobile ricostruisce i fatti dello Zen. Facevano parte di bande in rotta per lo spaccio.

IL TENTATO OMICIDIO DELLO ZEN
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PALERMO – È stata la sua assenza a insospettire i poliziotti. Avevano sparato al padre, Benedetto Moceo, ma il figlio Calogero non si era fatto vivo. Né con una chiamata ai familiari, né con una visita all’ospedale Villa Sofia dove nel frattempo il genitore era stato ricoverato.

Poi, gli agenti della Mobile hanno scoperto che Calogero Moceo, 20 anni, la sera stessa del tentato omicidio era salito su un treno con destinazione Bologna dopo avere fatto tappa a Napoli. Stamani lo hanno fermato in aeroporto a Palermo. Era appena rientrato in città. Non è da escludere che avesse intuito di essere braccato e stava per consegnarsi. Oppure la trasferta in treno doveva servirgli per costruirsi un alibi.

Ecco i fatti come sono stati ricostruiti dagli investigatori coordinati dal capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti. Poco dopo le 14 di domenica scorsa giunge una telefonata al 118. “Hanno sparato a una persona”, dice la voce al telefono. I poliziotti trovano Benedetto Moceo sul marciapiede. Seduto su una sedia Perde sangue dal petto, dalla gamba e dalla caviglia. Alcuni testimoni raccontano di averlo visto barcollare.

Qualche minuto dopo un’altra segnalazione, stavolta alla sala operativa della polizia. Un uomo sta nascondendo un fucile all’interno di uno dei padiglioni di via Costante Girardengo. Gli agenti arrivano mentre sta scappando.

Sono alcune fonti confidenziali a raccontare che ci sono dei dissidi fra padre e figlio nell’ambito dello spaccio di stupefacenti. Dissidi sfociati in una faida. Calogero sarebbe vicino a Khemais Lausgi, ferito la scorsa settimana in un agguato. Nel frattempo di Calogero Moceo non c’è alcuna traccia.

La svolta arriva dalle intercettazioni dei parenti convocati negli uffici della Squadra mobile. Dalle loro conversazioni sarebbe emerso il coinvolgimento del figlio nel tentato omicidio. Gli investigatori parlano di farsi dal significato inequivocabile e contestano a Calogero Moceo il tentato omicidio con l’aggravante della premeditazione.


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