Da Loris Stival a Enzo Fragalà | Telecamere, delitti e misteri - Live Sicilia

Da Loris Stival a Enzo Fragalà | Telecamere, delitti e misteri

Sono tanti i casi di cronaca in cui diventano decisive le immagini. Ma a volte i misteri restano.

PALERMO – “Dice di essere innocente, ma le immagini delle telecamere dicono un’altra cosa…“, spiegava, durante un drammatico faccia a faccia, Davide Stival alla moglie Veronica Panarello che ieri è stata condannata a trent’anni per l’omicidio del loro bambino, Loris.

È il segno dei tempi. Le immagini entrano in moltissime inchieste o processi su delitti efferati. Immagini catturate dalle telecamere di case private o negozi, da quelle che gli investigatori piazzano in gran segreto per le indagini sui clan mafiosi, oppure dagli obiettivi dislocati nelle città dal ministero dell’Interno per garantire la sicurezza dei cittadini.

Fare una mappatura è impossibile. Di sicuro c’è che laddove si consuma un delitto c’è spesso una telecamera a raccogliere frammenti di verità. Non sempre le immagini sono risolutive per le indagini. A volte, però, diventano decisive. Come nel caso di Veronica Panarello. Una telecamera smentì la sua tesi che aveva accompagnato il figlio a scuola. Altri due obiettivi immortalarono il passaggio della macchina della donna lungo la strada che conduceva al canalone dove fu ritrovato il cadavere del bambino.

Fu sempre una macchina ad essere ripresa per le strade del rione Santa Maria del Gesù a Palermo. Vi viaggiavano Carlo Gregoli e Adele Velardo, arrestati per il duplice omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela. Era il 3 marzo 2016, il giorno del delitto. Gregoli si è suicidato in carcere, dove la moglie è ancora rinchiusa. Erano le 9.38 quando i coniugi, appena usciti di casa, si allontanavano a bordo di una Toyota Land Cruiser e imboccavano la via Falsomiele. Alle 9.41 la Fiat 500 L con a bordo Bontà e Vela transitava nella stessa strada, ma nel senso opposto di marcia. Una manciata di secondi dopo, ecco spuntare di nuovo la Toyota. Stavolta seguita a ruota la Fiat. Poi, entrambe le auto uscirono dall’inquadratura. Un minuto e 43 secondi dopo riapparve la Toyota. Si muoveva in retromarcia, fino a imboccare la stradina che li conduceva alla loro abitazione. È in quel minuto e 23 secondi rimasti fuori dall’inquadratura che le vittime furono crivellati di colpi.

Sono sempre le immagini di una telecamera la prova principe del processo, appena iniziato, che vede imputato Mamadou Kamara, il diciottenne ivoriano accusato di avere ucciso il 30 agosto del 2015, nella loro villa di Palagonia Vincenzo Solano, di 68 anni, e sua moglie Mercedes Ibanez, di 70. Una rapina finita in tragedia. Dai fotogrammi si vedeva Kamara uscire dal Cara di Mineo in sella a una bici e transitare davanti alla casa dei coniugi.

Si partì dal fotogramma che riprendeva alcuni numeri della targa di una macchina per risolvere il giallo del delitto di Nicola Lombardo, impiegato in un distributore di benzina di piazza Lolli, a Palermo. Al volante di una Punto grigia c’era Mario Di Fiore, 63 anni, piccolo imprenditore edile. Aveva appena fatto rifornimento e sparato a Lombardo perché il prezzo del carburante gli era sembrato caro.

Sono tutti casi sfociati in un processo. A nulla, invece, sono servite le immagini riprese poco distante dallo studio dell’avvocato palermitano Enzo Fragalà. Lo uccisero a colpi di bastone una sera di sei anni fa. Alcune persone finirono sotto inchiesta anche sulla base dei filmati che li ritraevano mentre transitavano lungo strada del delitto. Poco, troppo poco mandarli sotto processo. E sono stati tutti scagionati.

 


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