A processo gli "usurai" di Acireale |Tra le vittime 12 imprenditori - Live Sicilia

A processo gli “usurai” di Acireale |Tra le vittime 12 imprenditori

In aula imprenditori e artigiani strozzati dai debiti. Tutti i particolari.

PROCESSO "AFFARI DI FAMIGLIA"
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CATANIA. E’ stato il titolare di un bar di Acireale, vittima, secondo la Procura di Catania, di usura, l’unico testimone dell’accusa nell’ultima udienza del processo che vede alla sbarra un’intera famiglia acese. I quattro membri, Camillo e Rosario Fichera, padre e figlio, e Caterina Cavallaro e Maria Concetta Torrisi, le rispettive mogli, tutti difesi dal legale Ernesto Pino, sono finiti in manette con l’accusa di associazione a delinquere dedita all’usura, nell’ambito dell’operazione denominata, non a caso, “Affari di famiglia”. Sarebbero una dozzina le vittime del sodalizio, la maggior parte delle quali commercianti e artigiani in difficoltà. Imputato per usura anche Orazio Selmi, titolare di un’azienda di Aci Sant’Antonio.

Il teste, incalzato prima dal pubblico ministero Angelo Brugaletta e poi dal presidente della terza sezione penale del tribunale di Catania, Maria Pia Urso, non convinta da alcune risposte fornite, ha ribadito quanto già dichiarato, nel corso delle indagini preliminari, ai carabinieri della Compagnia di Acireale. L’uomo ha ammesso di aver ricevuto somme di denaro in prestito da Camillo Fichera, pari a 4000 euro, ma ha negato di aver corrisposto interessi. Si sarebbe trattato di un gesto spontaneo di cortesia. Quella somma, inoltre, ha detto l’uomo in aula, sarebbe stata restituita poco dopo. Quando poi la famiglia Fichera si sarebbe trovata in difficoltà economiche, dopo l’arresto di Rosario, il commerciante, in segno di gratitudine, avrebbe regalato alla famiglia prima 250 e poi 150 euro, senza chiedere nulla in cambio.

L’unico testimone, finora, ad aver raccontato di essere stato vittima dei presunti strozzini è stato il titolare di un’officina di Acireale. L’uomo ha riferito in aula di aver ottenuto il primo prestito oltre 15 anni fa quando, dopo aver speso il proprio denaro per avviare l’attività, rimase senza soldi. Camillo Fichera, suo cliente, gli avrebbe proposto un prestito di 10 milioni di lire. Fino alla restituzione dell’intera somma, avrebbe dovuto pagare solo di interessi un milione di lire al mese, poi divenuti 500 euro con l’ingresso della nuova moneta. La vittima, ormai strozzata dai debiti, si sarebbe rivolta per la seconda volta ai suoi aguzzini per un nuovo prestito, fino a quando la somma da restituite sarebbe arrivata addirittura a 64mila euro. In un’occasione l’uomo, ha detto ancora in aula, sarebbe stato costretto a consegnare a Camillo Fichera e a Maria Concetta Torrisi collane e altri oggetti in oro custoditi in casa.

Nella prossima udienza saranno sentite altre tre presunte vittime.

L’INCHIESTA. E’ grazie ad un’indagine per rapina che i carabinieri della Compagnia di Acireale scoprono un giro di usura ai danni di imprenditori e piccoli artigiani di Acireale ed Aci Sant’Antonio. A dare impulso all’attività è un’agenda, che i militari dell’Arma scovano nell’abitazione di Rosario Fichera, indagato per rapina, nella quale sono annotati nomi, date e importi. I carabinieri fotocopiano quelle pagine e restituiscono l’agenda per non destare sospetti. Sono poi le intercettazioni in carcere tra l’indagato, la moglie, la madre ed il padre a far emergere un pesante quadro indiziario a carico di tutta la famiglia. Sono solo una dozzina le vittime identificate, molti altri nomi annotati nell’agenda restano senza una precisa identità. Per la Procura di Catania gli imprenditori, tutti di Acireale ed Aci Sant’Antonio, sarebbero stati costretti a pagare tassi di interesse compresi tra il 10 ed il 20% al mese.

 


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