Saguto 'remunerata' da Cappellano| Nel conto solo diciotto euro - Live Sicilia

Saguto ‘remunerata’ da Cappellano| Nel conto solo diciotto euro

Silvana Saguto

Che i conti della famiglia Saguto andassero spesso in rosso era emerso dalle indagini.

IL PROVVEDIMENTO
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PALERMO – “Asservimento della funzione ad interessi privati”, così il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta Maria Carmela Giannazzo descrive il comportamento di Silvana Saguto.

Dei capitoli della convalida del sequestro che ha colpito l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e gli altri indagati, il più corposo riguarda il rapporto con l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara al quale è stata sequestrata quasi la metà dei complessivi 900mila bloccati dai finanzieri. Si tratta di soldi e di un immobile in via Cavour. Sotto sequestro anche la casa dell’ex presidente. Nel suo conto corrente personale sono stati trovati solo 18 euro. In altri due cointestati con il marito Lorenzo Caramma c’erano poco più di 2.700 euro. Quindicimila quelli tolti ai genitori. D’altra parte che i conti della famiglia Saguto andassero spesso in rosso era emerso dalle indagini. In più di un’occasione hanno rischiato che neppure venisse rimborsata la carta di credito, tanto che gli investigatori si chiedono come facesse a mantenere un così elevato tenore di vita. E così, per coprire il prezzo della presunta corruzione, i finanzieri hanno dovuto bloccare l’immobile del magistrato che di euro ne vale 330 mila. Prezzo che potrebbe anche crescere visto che le indagini sono ancora in corso. Non a caso il sequestro è stato disposto dai pm in via d’urgenza perché c’era il sospetto che gli indagati potessero schermare il loro patrimonio.

Cappellano Seminara è stato il primo a specializzarsi nelle amministrazioni giudiziarie. La sua esperienza parte da lontano, quando era ancora difficile trovare qualcuno disposto a gestire i patrimoni sottratti ai boss. Poi, però, secondo i pm di Caltanissetta, alle sue capacità si sarebbe aggiunta la decisiva spinta del giudice Saguto in nome di quello che viene definito un “patto corruttivo”.

Saguto avrebbe commesso “atti contrari ai doveri d’ufficio” che prevedono “imparzialità, correttezza e riservatezza”. Una serie di attività che il gip ritiene siano state “remunerate dall’avvocato Cappellano Seminara, sia con il versamento di somme di denaro per fronteggiare le difficoltà economiche in cui versava la famiglia Caramma-Saguto, sia con il conferimento di incarichi di consulenza all’ingegnere Lorenzo Caramma, marito della Saguto, nell’ambito di un rapporto corruttivo di durata che il pm ha plasticamente assimilato al contratto di somministrazione e che si caratterizza per essere un reato a consumazione permanente”.

Cappellano è diventato nel tempo il recordman di incarichi. Tra il 2011 e il 2013 il collegio Saguto lo ha nominato nelle procedure Salvatore Sbeglia, Francesco Paolo Sbeglia, Bordonaro, Spadaro, Abbate e Ponte.

“L’antidoverosità di tali provvedimenti – scrive ancora il gip – si correla al fatto che la nomina di Cappellano prescinde da ogni valutazione circa la convenienza e l’opportunità per la realizzazione dei fini propri della procedura, ma piuttosto si inserisce nell’ambito del rapporto di scambio di utilità fra il magistrato e il medesimo professionista”.

Cappellano Seminara veniva nominato e Saguto riceveva in cambio le cosiddette “utilità”. Ecco come il gip Giannazzo valuta la ricostruzione dei finanzieri della Polizia Tributaria di Palermo secondo cui, l’amministratore giudiziario, una sera di giugno del 2015, portò venti mila euro dentro un trolley a casa del magistrato. Al telefono parlavano della necessità di incontrarsi per la consegna di documenti, “la cui natura appare anch’essa indubbia non potendo che trattarsi del denaro per fronteggiare nell’immediato le difficoltà economiche della famiglia Saguto-Caramma”.

Saguto avrebbe anche dato il via libera alla liquidazione delle pesanti parcelle incassate da Cappellano Seminara. E qui si apre un altro fronte investigativo per capire se siano state o meno congrue. Dubbi ci sono ad esempio sui 900 mila euro ottenuti nell’ambito della gestione della clinica Villa Santa Teresa di Bagheria sequestrata all’imprenditore della sanità privata Michele Aiello, poi condannato per mafia. Secondo l’amministratore giudiziario Andrea Dara, all’inizio braccio destro e amico di Cappellano Seminara con cui sarebbe poi entrato in rotta di collisione, il suo lavoro valeva la metà di quanto avesse incassato. Così come sarà valutato anche l’operato dell’ingegnere Lorenzo Caramma che ha ottenuto una serie di incarichi nelle amministrazioni giudiziarie giudiziarie in cui l’avvocato Cappellano Seminara è stato nominato da diversi Tribunali siciliani.

 


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