Con Alfano vince la malapolitica | Zero voti, quasi tutto il potere - Live Sicilia

Con Alfano vince la malapolitica | Zero voti, quasi tutto il potere

Sicily game della crisi. Altro che popolo sovrano. Tra noi sconfitti c'è uno che vince sempre. Angelino e l'arte del tradimento.

Caro Angelino,

Tu sei la quintessenza del potere, formalmente impeccabile, ma politicamente indigeribile. Tutto passa, tu resti. A dispetto di tutti. E resti per non fare, per non cambiare, per non migliorare niente. Resti per restare. La poltrona è il tuo crisma. La colla è il tuo stratagemma. La democrazia diretta, per te, è uno sgradevole incidente di percorso.

Anche stavolta resterai (agli Esteri, ndr), nella truppa del colonnello Gentiloni, chiamato alla temporanea sostituzione del generalissimo toscano in disgrazia; in un modo o nell’altro sei stato accontentato. I Renzi (forse) e i Berlusconi passano. Gli Alfano, invece, no. Intendiamoci, la Costituzione più bella del mondo è fatta così. I governi possono succedersi senza transitare dal voto. Il Presidente della Repubblica ha un perimetro limitato d’azione. In questo percorso costituzionalmente garantito, tu, Angelino, hai scavato la tua personalissima nicchia di garanzia, il tuo buco nel cacio, la tua ridotta dorata. Le elezioni sarebbero il tuo diluvio universale, dal pronostico scontato. Quando si voterà, la tua poltrona sarà spazzata via. E tu con lei, perché il popolo sovrano ti considera alla stregua di uno schiaffone in pieno viso, con l’addobbo di un partitino dello zero virgola. E non ti vuole più.

La tua è stata una navigazione da nominato. Fu Berlusconi a sceglierti nel girone regionale in cui militavi allora, per condurti nell’empireo, nel Grande Fratello, nel campionato nazionale. Lo ripagasti con un noto e memorabile voltafaccia, un tradimento politico.Tu, che sfilavi nei corridoi di Arcore con l’umiltà di chi attende il suo turno, hai scoperto presto il brivido dello sfregio postumo al benefattore, reiterato in mille occasioni. Eppure eri proprio e sempre tu a suggerire paragoni perlomeno azzardati. Le cronache annotano un tuo mirabile intervento, quando i guai giudiziari del Cavaliere finirono sulla stessa bilancia del processo a Gesù. Accostamento suggestivo e un po’ malaccorto: tra i convitati alla tavola apparecchiata dell’ultima cena, il primo a squagliarsela fu un certo Giuda Iscariota. Tu navighi, nella rotta perenne di un cumulo di prebende che non teme onde alte, né marosi.

Quei birbaccioni de ‘Il Fatto’ hanno realizzato qualche conteggio, con un titolo eloquente: “Angelino sempre in piedi: 2500 giorni da ministro”. Segue sommario indicativo: “Entrerà nel suo quarto esecutivo, dal 2008 è stato al governo per l’ottanta per cento del tempo”. Sono – sull’unghia – più di tremila giorni. Quel venti per cento mancante è la parentesi del governo Monti. Nessuno è perfetto.

Certo, non è che siano stati solo rose e fiori. Memorizzando alla buona: il ‘pasticcio kazako’, detto pure ‘caso Shalabayeva’, la signora rimpatriata senza tante smancerie nel Paese di un reuccio di cui il marito era acerrimo avversario. Tu, ovviamente, non c’entravi. E pagarono altri.

Lo  ‘scandalo Alfanino’, la vicenda di tuo fratello assunto alle Poste, con uno stipendio da papavero e il bagno in ufficio, che tanto clamore di intercettazioni e trasmissioni ha sollevato. Malvagità. Alfanino ha meritato l’incarico dall’alto dei suoi titoli. E comunque tu che c’entri? E l’immigrazione clandestina che è diventata strage quotidiana di esseri umani e dignità. E la sicurezza che è un colabrodo. Sei il ministro dell’Interno, no? E chi se ne frega…. pare quasi di sentirti.

Dunque, ritornerai con Paolo, come tornasti in campo con Matteo, assistendo impassibile al ‘tradimento’ di Enrico Letta, che pure era stato tuo premier. Roba che Amintore Fanfani – il ‘rieccolo’ – e Flaminio Piccoli, di ceppo scudocrociato come il tuo, al confronto, erano umili apprendisti del sotterfugio.

Ritornerai, Angelino, con la tua poltrona, con la tua corte, con le tue trame, con i tuoi voltafaccia, con le furbizie della casta. Ci sarà un voto, un giorno: perché preoccuparsene adesso? Un Alfano è per sempre. Almeno finché dura.

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