Avvocati, notai e bancari| "Colletti bianchi al soldo dei boss" - Live Sicilia

Avvocati, notai e bancari| “Colletti bianchi al soldo dei boss”

Blitz della polizia valutaria e dei pm di Palermo. Così i clan Galatolo, Graziano e Madonia riciclavano il denaro sporco.

PALERMO – Si alza il livello delle indagini. Fino a coinvolgere professionisti e colletti bianchi che avrebbero aiutato potenti clan a riciclare il denaro sporco. Sotto inchiesta, assieme a Vincenzo e Francesco Graziano, finiscono un noto avvocato penalista, Nicolò Riccobene, che subisce l’interdizione dall’esercizio della professione, un notaio e l’ex direttore di un’importante banca.

Mentre alcuni finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria notificano misure cautelari e avvisi di garanzia, altri colleghi perquisiscono gli studi professionali. Si tratta di una coda dell’inchiesta che riguarda i patrimoni delle famiglie Graziano e Madonia e che è partita dai documenti sequestrati all’avvocato civilista Marcello Marcatajo, 69 anni, deceduto dopo essere finito sotto accusa per riciclaggio, con l’aggravante di aver favorito l’organizzazione mafiosa.

Secondo i pm Francesco Del Bene, Siro De Flammineis, Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Roberto Tartaglia, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Vittorio Teresi, l’avvocato Marcatajo ha riciclato i soldi della famiglia Graziano, alleata coi Galatolo e i Madonia, cognomi storici della mafia che detta legge nei rioni Acquasanta e Resuttana. Ora finisce nei guai il penalista Nico Riccobene, difensore di Vincenzo Graziano. Quest’ultimo era stato arrestato nel blitz Apocallise del giugno 2014, scarcerato dopo un mese per mancanza di indizi e di nuovo arrestato dopo che sul suo capo sono piovute le accuse del pentito Vito Galatolo che lo piazza addirittura al centro del progetto di attentato ai danni al pubblico ministero Antonino Di Matteo.

L’avvocato Riccobene sarebbe andato oltre i confini del mandato professionale nei rapporti con il suo cliente. Averebbe fatto da messaggero fra i Graziano, anche quando alcuni di essi erano finiti in cella, facendo circolare le direttive sulle somme di denaro da destinare al sostentamento della famiglia mafiosa. I pm avrebbero voluto emettere una misura cautelare anche nei confronti del notaio e dell’ex direttore di banca. Il gip, però, pur ravvisando i gravi indizi di colpevolezza, ha ritenuto che le condotte che vengono loro contestate difettino del criterio dell’attualità.

In particolare, il bancario Massimo Sarzana della Banca di Roma (per lui l’accusa è di concorso in associazione mafiosa) avrebbe favorito i clan attraverso una serie di operazioni. Per lo più stipule di mutui per la compravendita di immobili, violando l’obbligo che avrebbe avuto di segnalare le operazioni sospette. Grazie al suo aiuto sarebbero state ripulite grosse somme di denaro. La non attualità deriva dal fatto che nei mesi scorsi il direttore è stato licenziato. Da luglio 2007 a marzo 2008 il direttore ha deliberato l’erogazione 14 finanziamenti da 250.000 euro ciascuno, consentendo alla famiglia mafiosa di accedere al credito per 3.310.000 euro sulla base di redditi inesistenti. 

Diverso è il caso del notaio Tommaso Drago, a cui viene contestato il reato di falso. Secondo i pm, avrebbe consentito in una sola occasione un passaggio di proprietà immobiliare ad una persona non solo assente al momento della stipula dell’atto, ma addirittura inesistente. Eppure, dicono i finanzieri, gli sarebbe bastato una facile verifica per capire come stavano realmente le cose.

“La famiglia Graziano ha sempre mantenuto la mia famiglia, mensilmente quando chiedevo a chiunque di loro mi davano circa dai 5.000 ai 7.500 al mese; qualunque fosse la richiesta, loro non mi facevano problemi”, ha messo a verbale Vito Galatolo. E non potevano fare altrimenti, ha raccontato sempre il pentito, “fino agli anni Novanta mio padre gestiva tutto ed era socio (con mio zio Pino) dei Graziano al 50% e l’altro 50% veniva suddiviso fra i Graziano e i Madonia. I Graziano perciò non hanno mai pagato il pizzo nei loro cantieri perché mio padre era socio loro”. Fu una una stagione di speculazioni edilizie. I mafiosi divennero palazzinari e costruirono abitazioni in mezza città.

Il giudice per le indagini preliminari Fabrizio La Cascia ha imposto il divieto di dimora nella provincia di Palermo per Vincenzo e Francesco Graziano. Obbligo di dimora, invece, per Gaetano Giampino, accusato di riciclaggio con l’aggravante mafiosa. Disposto il sequestro di beni per due milioni di euro.

 


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