Il latitante tradito dall'amore| Una donna, l'incontro e l'arresto - Live Sicilia

Il latitante tradito dall’amore| Una donna, l’incontro e l’arresto

I retroscena dell'arresto di Giovanni Vitale. Il VIDEO dell'arresto.

PALERMO – Lo ha tradito l’amore per la moglie, la voglia di riabbracciare la compagna. Solo che all’appuntamento fissato in una palazzina a Montelepre Giovanni Vitale ha trovato i carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo ad aspettarlo. È finita dopo quattro mesi la fuga di Vitale, 47 anni, uomo del pizzo a Resuttana.

È stata un’indagine all’antica quella dei militari guidati dal comandante provinciale Antonio Di Stasio. Si sono mesi alle calcagna dei parenti, in particolare della moglie. La donna è stata pedinata nel tragitto che la conduceva a bordo di una macchina verso la palazzina di proprietà del nonno. Dopo di lei sul posto è giunto un furgoncino. A bordo c’erano Vitale e Salvatore Billeci, un operaio incensurato ora finito in carcere con l’accusa di favoreggiamento.

Quando i carabinieri hanno fatto irruzione in casa marito e moglie non hanno opposto alcuna resistenza. Billeci, invece, ha tentato di scappare attraverso la finestra sul retro dell’abitazione. Lì’ha aperta e ha visto che l’edificio circondato dai militari. A quel punto ha capito di non avere via di scampo. Quello di contrada Bonagrazia era il luogo dell’incontro fra marito e moglie. Vitale, infatti, si nascondeva altrove. Le indagini adesso cercheranno di capire se qualcun altro, oltre a Billeci, gli ha offerto protezione.

Lo status di latitante era stato ufficializzato un paio di mesi fa dalla Corte d’appello di Palermo. A metà ottobre i militari erano andati a notificargli il ripristino di una misura cautelare decisa dalla Cassazione e non lo avevano trovato in casa. Nel contesto criminale di Resuttana, un mandamento colpito da una serie di blitz, secondo i pm Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia, Vitale non aveva un ruolo di secondo piano. E lo dimostrerebbe il fatto che quando si decise di esautorare l’allora reggente Giuseppe Fricano, Vitale, che ne era stato il braccio operativo, sarebbe stato lasciato al suon posto. “Il Panda che ha fatto è salito di nuovo sopra il cavallo?…”, si chiedevano i picciotti di Resuttana. La risposta era “sì”. Vitale, soprannominato il Panda per la sua stazza, era tornato ad occuparsi soprattutto di pizzo.

Per la quinta volta Vitale finisce in cella. Era stato sempre scarcerato. Avrebbe dovuto tornarci nell’ambito della vicenda per la quale ha rimediato una condanna in secondo grado a quattro anni. La “tranquillità” per i titolari di due locali notturni costava 5 mila euro una tantum e 500 euro al mese. Che presto diventarono 20 mila euro. Gli imprenditori non pagarono e lo denunciarono.

Non è stata la condanna, di certo non pesante, a fargli prendere la decisione di darsi alla macchia. Più pesante quella a otto anni e quattro mesi che gli è stata inflitta lo scorso aprile. Il processo era quello denominato Apocalisse che vedeva alla sbarra l’intero clan di San Lorenzo. L’accusa era molto più pesante. Forse è un’inchiesta per droga, da cui potrebbe scaturire una stangata giudiziaria, che lo ha spaventato di più. L’arresto blocca la sua scesa criminale che avrebbe potuto essere alimentata dal mito della latitanza.


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