Parrucchiere, abito e cenone | Spese 'pazze', condannato Fiorenza - Live Sicilia

Parrucchiere, abito e cenone | Spese ‘pazze’, condannato Fiorenza

L'onorevole Cataldo Fiorenza

L'onorevole deve rimborsare più di quarantamila euro.

CORTE DEI CONTI
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PALERMO – Abbigliamento, carburante, giocattoli, gioielli, pranzi al Mc Donald’s, trattamenti estetici, acquisti su I Tunes di musica, applicazioni varie, libri e persino il cenone di Capodanno per una collaboratrice in un albergo a Linguaglossa.

Sono tante le cosiddette “spese pazze” che l’onorevole Cataldo Fiorenza dovrà risarcire all’Ars. È stato, infatti, condannato in appello, e dunque in via definitiva, a rimborsare poco più di quaranta mila euro. Secondo la sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti, Fiorenza, oggi parlamentare del Mpa, non ha gestito bene le risorse pubbliche destinate all’attività del Gruppo Misto che guidava nel corso della precedente legislatura.

L’onorevole si è sempre difeso richiamando “l’incertezza normativa” che regolamentava la spesa. Fino al 2014, infatti, non c’era obbligo di rendicontazione. E poi molte uscite avrebbero fatto parte delle “spese di rappresentanza”. Secondo i pm contabili, però, era davvero difficile trovare un’esigenza di rappresentanza nell’acquisto di carne in macelleria oppure nel pagamento dell’assicurazione della sua macchina privata. Neppure le donazioni di beneficenza hanno valore di rappresentanza. Così come non rientrava nelle esigenze di funzionamento del Gruppo l’acquisto di un abito elegante quando l’onorevole si accorse di esserne sprovvisto, poco prima di partecipare a un evento istituzionale.

In appello Fiorenza ha sostenuto che in ogni caso il totale dei soldi da non superava il dieci per cento del contributo unificato previsto “per le esigenze del presidente”. Poi, ha ricordato come esempio virtuoso il fatto che avesse restituire 60 mila euro non spesi sotto la sua gestione. Ed ancora, altri, ad esempio i dirigenti regionali, e non lui avrebbero dovuto orientare e controllare la spesa. Secondo i giudici del collegio d’appello, presieduto da Giovanni Coppola, bisognava sempre e comunque giustificare la spesa dei soldi che doveva servire, solo ed esclusivamente, per attività istituzionale e funzionamento del gruppo parlamentare.


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