Castello di Maredolce FOTO | Il ricordo del "duplice lago" - Live Sicilia

Castello di Maredolce FOTO | Il ricordo del “duplice lago”

Il Castello della Favara a Maredolce è un sito dipendente dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Palermo. LE FOTO.

Tesori da riscoprire
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“O Favara dal duplice lago, ogni desiderio in te assommi”, scriveva il poeta arabo-trapanese Abd al-Rahman, membro della corte normanna di Ruggero II, celebrando il luogo di delizie o “sollazzo” reale nello stile tipico dei poeti arabi del medioevo. Il Palazzo della Fawarah, conosciuto anche come Castello di Maredolce, deriva il suo nome dal termine arabo “sorgente d’acqua”, in riferimento alla fonte di San Ciro che sgorgava dalle falde del monte Grifone. Fu costruito in un luogo, a quel tempo di particolare fascino, perché immerso in un rigoglioso giardino ricco di percorsi d’acqua ideati da sapienti architetti islamici. Abd al-Rahman fa riferimento al “duplice lago”, perché dal palazzo si godeva sia la vista dell’orizzonte del Mare Tirreno che quella del “piccolo mare”, la peschiera creata intorno al palazzo grazie alle acque dolci della Fawarah. Da ciò la denominazione alternativa di Maredolce.

Oggi questa bellezza, raccontata nei testi dei poeti arabi, è difficile da immaginare perché il bacino d’acqua intorno al palazzo è asciutto e l’edificio è soffocato da una caotica speculazione edilizia che ha invaso le periferie di Palermo. L’armonico complesso è attualmente inglobato all’interno del quartiere di Brancaccio, un’area urbana alquanto deteriorata. La Soprintendenza, negli ultimi vent’anni, è riuscita a recuperare 25 ettari di giardino, dove crescono i famosi mandarini tardivi di Ciaculli che vanno a maturazione proprio in questo periodo. È sicuramente un intervento di notevole rilevanza anche se il recupero totale richiede ulteriori energie nel prossimo futuro. Durante gli anni dell’abbandono, il Castello, divenuto bene privato, fu preda dell’abusivismo e parti di esso trasformate in abitazioni. Dopo gli espropri iniziati negli anni Novanta e due fasi di restauro, nel 2015 la Soprintendenza riceve il prestigioso Premio internazionale dalla Fondazione Benetton “Carlo Scarpa per il Giardino”. Tale riconoscimento viene assegnato per l’impegno profuso con la motivazione che il luogo “conserva la memoria e le testimonianze tangibili di ciò che è stato il paesaggio nella civiltà araba e normanna in Sicilia”, nel quadro di un territorio che nella storia ha preso il nome di “Conca d’Oro”.

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La datazione del palazzo è incerta: gli archeologi della Soprintendenza hanno dimostrato che per l’edificio normanno sono state utilizzate, come fondazioni, preesistenti strutture fortificate. Non è tuttora provato che il palazzo possa essere ricondotto al Qasr Ja’far dell’omonimo emiro kalbita del X secolo, citato nelle fonti coeve. Fu sicuramente Ruggero II a trasformare l’edificio in una sontuosa dimora reale, un “palazzo di piacere” dove trasferirsi per suo diletto, in quella mirabile sintesi di culture diverse – bizantina, araba, normanna – espresse nell’architettura, nella filosofia del giardino e negli stili di vita. La tipologia del parco può essere ricondotta all’agdal di origine persiana, che prevedeva uno spazio verde suburbano privato, recintato e dotato di un bacino d’acqua, di cui oggi rimangono pochi esempi al mondo: i giardini di Marrakech, i giardini iraniani di Kashan, Isfahan, Shiraz e quelli dell’Alhambra di Granada. Al centro del lago era stata realizzata una piccola isola di circa due ettari, che il re raggiungeva con la sua corte, remando su piccole imbarcazioni, la cui forma ricordava il profilo triangolare dell’Isola grande.

Il palazzo ha una forma quadrangolare con un grande cortile al centro che evoca i ribat, conventi-fortezze islamiche, tipiche del Nord Africa. L’attuale porta d’ingresso del monumento si apre in una sala rettangolare caratterizzata da un’alcova decorata, con una particolare nicchia a conchiglia, che richiama decorazioni simili, di derivazione persiana, presenti nel Palazzo dello Scibene. Da qui si accede alla cappella del palazzo, dedicata ai SS. Filippo e Giacomo, dove si uniscono le culture latina e greco-bizantina. Nei secoli il palazzo subì diverse trasformazioni e, da dimora regia, divenne fortezza e ospedale per i cavalieri Teutonici della Magione. Nel XV secolo fu trasformata dalla famiglia Bologna in azienda agricola e, grazie all’abbondanza di acqua, in un centro per la produzione di canna da zucchero.

Il recupero della storia e della bellezza di questo luogo è un impegno lungo e difficile, ampiamente giustificato dall’ottica di ritrovare un legame forte tra il monumento e la comunità, oggi non più indifferente, che abita la città.

Il Castello della Favara a Maredolce è un sito dipendente dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Palermo. Indirizzo: Vicolo del Castellaccio, 21/23. Orari: dal lunedì al sabato e ogni prima domenica del mese, con i seguenti orari: lunedì, mercoledì, venerdì e prima domenica dalle 9 alle 13, martedì e sabato dalle 9 alle 18.30. Ingresso gratuito. Per le visite guidate contattare Domenico Ortolano, Presidente dell’Associazione Culturale Castello di Maredolce: 3331531785

 

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