Palermo capitale |e l'eredità dei Borboni - Live Sicilia

Palermo capitale |e l’eredità dei Borboni

L'Orto botanico
Dal Sole 24 Ore
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1 min di lettura

Palermo sembra Napoli, e viceversa, perché sono le uniche due città pensate per specchiarsi in una stessa idea: contenere il mondo.

Sponde opposte di un unico mare, il Tirreno – una di fronte all’altra, due di Due Sicilie –guardavano alla Francia più che alla ghignante Inghilterra per onorare il bianco giglio di chi seppe amarle e, malgrado tutto – avendo il popolo violato il patto di bellezza – ancora le ama, pur nel frale lucore di un’illusione. Ed è la Real Casa di Borbone.

Furono quei Re dalla parlata propria dei quartieri a volerle unite nel destino di corte, cortile e cosmo. E oggi che Palermo è chiamata al ruolo di Capitale della Cultura sdoppia se stessa – come fa Napoli quando squaderna l’orgoglio del San Carlo e la festa delle librerie – nell’accogliere, come fa la propria consorella, il mondo.

E furono i borboni, a dispetto del provincialissimo Risorgimento, a fabbricarne l’aspirazione universale, quel blasone che fa di Palermo un approdo ben più importante di qualunque narrazione di sociologismo “meridionale”.

Basti pensare all’Urpflanze di Goethe, la pianta originaria, ben più che un mito, un innesto di Germania nell’intreccio di radici volanti e foglie di gocce e spade, all’Orto Botanico. E ancora una vena, viva e attenta al mondo, è quella che trova pace in un angolo della Cattedrale: la tomba di Federico di Svevia, il tedesco che volle farsi saraceno per vivere in Sicilia, nella “citttà dalle duecento moschee”. Più che una metafora dell’accoglienza, un regale teorema del meticciato quel sepolcro come solo un imperatore può architettare sulle proprie ossa.

Se lo meritava proprio, Palermo – col suo sindaco, Leoluca Orlando, pur sempre un professore di Heidelberg – di diventare Capitale della Cultura per il 2018. Casa Borbone ha lavorato da lungo tempo per arrivare a ciò. Per contenere il mondo.

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