Ricapitalizzazione di Unicredit | Il "no" della Fondazione Sicilia - Live Sicilia

Ricapitalizzazione di Unicredit | Il “no” della Fondazione Sicilia

Diluita a partecipazione del soggetto siciliano. Novità sugli alberghi che furono del Banco.

PALERMO – Ci sarà un po’ meno Sicilia dentro Unicredit. Questo l’esito della decisione della Fondazione Sicilia, di fronte alle ipotesi di ricapitalizzazione-record nell’istituto bancario. Alcuni giorni fa l’idea dei vertici di quella che fu la Fondazione Banco di Sicilia erano già stati chiari: nessuna partecipazione alla ricapitalizzazione da 13 miliardi. E l’effetto della decisione sarà immediato: una ulteriore diluizione della partecipazione sicula che oggi si attesta già allo 0,08 per cento.

”Ne siamo consapevoli – ha detto pochi giorni da all’Adnkronos il presidente della Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – ma è comunque una partecipazione importante rispetto al nostro patrimonio e quindi non possiamo intervenire. Seguiamo le indicazioni del ministero di diversificare e di non concentrare le partecipazioni”.

La speranza è che “con questo piano industriale il titolo possa risalire e noi rifarci in qualche modo delle perdite subite’‘. Nessuna divergenza strategica con l’attuale numero uno Jean Pierre Mustier, precisa sempre Bonsignore all’Agenzia. Il piano per la Fondazione “appare ben calibrato. Se l’aumento andrà il porto – sottolinea – e noi ci crediamo, il titolo risalirà. Non recupereremo il nostro asset di partecipazione, ma almeno ridurremo le perdite di valore”.

A proposito di Banco di Sicilia, uno degli alberghi che faceva parte della «Sgas» (Società grandi alberghi siciliani) la cui proprietà era detenuta dal Banco fino a quando Francesco Caltagirone Bellavista non acquistò tutto per 100 miliardi, l’Hotel San Domenico di Taormina potrebbe finire sotto il controllo di un fondo di investimenti inglese assieme ad altri hotel di lusso come il Danieli di Venezia, il Four Seasons e il Mandarin Oriental di Milano.

Il loro destino, scrive il Corriere della Sera, è appeso a un bond e alla capacità del gruppo Statuto, proprietario dei quattro gioielli, di rimborsarlo. Il fondo che ha prestato 59,5 milioni a Statuto sottoscrivendo obbligazioni al tasso dell’ 11,478%, si chiama The Children’s Investment Fund. Il casertano Statuto ha vinto a un prezzo che potrebbe risultare troppo caro la sfida contro lo sceicco del Qatar Hamad Al-Thani per l’acquisto, dai liquidatori, del San Domenico, perla dell’hotellerie siciliana, ex monastero domenicano del 1400, centro di gravità del prossimo G7 a Taormina. Statuto ha comprato 52,5 milioni contro 52,3 però doveva pagare entro ottobre 2016. Chiusi i rubinetti delle banche italiane, i soldi sono arrivati da un bond quinquennale da 59 milioni piazzato al fondo londinese che però, oltre a ottenere un tasso di interesse elevatissimo (contropartita del rischio) e garanzie ipotecarie, ha messo il timbro del pegno sul 100% della società che controlla tutti gli alberghi.

In vendita erano anche altri gioielli che furono del Banco di Sicilia, come il Grand Hotel Excelsior di Catania, l’Excelsior di Palermo, il Grand Hotel et Des Palmes di Palermo e il Grand Hotel Villa Igiea sempre di Palermo. Il valore complessivo stimato in vista della vendita è di circa 150 milioni di euro.


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