"Agganciava le ditte per il pizzo"| Sigilli a un patrimonio milionario - Live Sicilia

“Agganciava le ditte per il pizzo”| Sigilli a un patrimonio milionario

Francesco Franconfonti

Appartiene al costruttore Francesco Francofonti (nella foto) accusato di essere in affari con i boss

PALERMO – Prima i pentiti, poi le intercettazioni e infine la sproporzione fra le entrate ufficiali e gli investimenti. Sono le tre chiavi investigative che hanno portato alla confisca del patrimonio dell’imprenditore Francesco Franconfonti. Imprenditore e mafioso, come ha stabilito una condanna definitiva della Cassazione.

La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo (il collegio è composto dal presidente Giacomo Montalbano e dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini) ha accolto la ricostruzione del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Sergio Demontis. A Francofonti, ritenuto socialmente pericoloso, è stata applicata la sorveglianza speciale per quattro anni con l’obbligo di non allontanarsi da Palermo. Il valore dei beni confiscati, comprese quattro aziende, è stimato in dodici milioni di euro.

I collaboratori descrivono Francofonti come un imprenditore legato ai boss, anche se non formalmente affiliato al clan di Brancaccio. A lui veniva demandato il compito di ”agganciare” gli imprenditori del settore edile per costringerli a pagare il pizzo. In principio fu Fedele Battaglia di Brancaccio, era il 2001, a sostenere che “Franco Fonte (nei suoi verbali storpiava il nome, ndr), poi arrivarono le dichiarazioni di Francesco Fomoso, Francesco Franzese e l’accuse degli imprenditori che dissero di avere consegnato nelle sue mani i soldi della messa a posto. Per ultimo Andrea Bonaccorso raccontava che “era una persona vicina alla famiglia di corso dei Mille… lui faceva che appena c’era qualche lavoro di cose edili… essendo in questo campo si conoscono tutti, allora diciamo lui agganciava queste ditte…”.

Il nome dell’imprenditore veniva fuori anche nelle conversazioni del padrino di Pagliarelli, Nino Rotolo, oggi all’ergastolo. Il capomafia si chiedeva, e non lo faceva con parole tenere, chi avesse autorizzato Francofonti a scegliere chi dovesse lavorare e chi non all’interno del cimitero di Santo Spirito e cioè lontano dal suo mandamento di riferimento. Il via libera sarebbe arrivato dai Lo Piccolo di San Lorenzo.

Infine i poliziotti della squadra mobile hanno fatto le pulci ai conti di famiglia. Fra redditi dichiarati e investimenti è stata riscontrata una sperequazione che supera i 400 mila euro. Inutile il tentativo della difesa di dimostrare con una perizia di parte che gli investimenti erano leciti e giustificati dal punto di vista contabile. Il Tribunale ha deciso di confiscare le imprese “Francofonti Francesco”, Medil (entrambe con sede in via Messina Marine), Frasav (via generale Albricci), “Centro Recuperi srl”. Ed ancora, terreni e appartamenti in via Albricci, corso Pisani, via Marinella Bragaglia, via Rocco Jemma e via Pecori Giraldi.

 


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