Il caso Saguto non finisce più | In ballo un'altra toga antimafia - Live Sicilia

Il caso Saguto non finisce più | In ballo un’altra toga antimafia

Due informative chiamano in causa il giudice Giovanbattista Tona.

Beni confiscati
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PALERMO– Il caso Saguto non è chiuso. Ci sono due informative che tirano in ballo un altro giudice che lavora a Caltanissetta. Con tutta probabilità il nuovo filone investigativo dovrebbe essere già approdato, per competenza, a Catania.

Nelle intercettazioni dei finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo sono finiti i dialoghi fra Giovanbattista Tona, Silvana Saguto e Carmelo Provenzano. Tona oggi è consigliere della Corte d’appello nissena, in passato da gip si è occupato anche delle stragi del ’92, ed è uno dei magistrati più impegnati sul fronte antimafia. Saguto è l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo travolta dall’inchiesta nissena, il perno di un sistema che, secondo l’accusa, aveva trasformato la gestione dei beni confiscati alla mafia in un affare di famiglia. Provenzano è uno degli amministratori giudiziari che di quel sistema avrebbe fatto parte. Secondo i pm di Caltanissetta, Provenzano era stato scelto da Saguto per prendere il posto di Gaetano Cappellano Seminara, quando quest’ultimo iniziò ad essere troppo chiacchierato. Passaggi delicati di cui Tona sarebbe stato a conoscenza.

L’ingresso di Provenzano nel sistema sarebbe coinciso con l’incarico nella gestione degli impianti di calcestruzzo degli imprenditori Virga di Marineo. Una procedura inizialmente assegnata a Giuseppe Rizzo che, secondo i pm, poteva contare su un big sponsor, il colonnello della Dia Rosolino Nasca. Saguto considerava Rizzo “un ragazzetto che non so come farà, adesso io devo nominare un coadiutore giusto perché sennò”. E gli venne affiancato Provenzano perché “è un docente e non può dire niente nessuno”. Professore alla Kore di Enna, Provenzano è finito sotto inchiesta assieme alla Saguto. Si sarebbe speso, tra le altre cose, per agevolare la carriera universitaria, laurea inclusa, del figlio del giudice.

Ad un certo punto, però, la coabitazione Rizzo-Provenzano divenne impossibile. Provenzano aveva un piano per sbarazzarsi del concorrente e ne parlò con Tona. L’esautorazione di Rizzo, per essere indolore, doveva apparire come la conseguenza della sua inefficienza. Dovevano “trovare un modo per dire che lui, la minchiata l’aveva fatta così grossa che lui scatti in piedi”. Bisognava fare emergere “tutto quello che ha fatto male. Il problema non è prendere incarichi, ma uscire con onore dagli incarichi”. Lo stesso Rizzo, sentito dal pm Cristina Lucchini, ha dichiarato di avere capito che tra Saguto e Provenzano c’era un rapporto confidenziale. Era Provenzano ad avere influenza sul giudice e non viceversa, tanto che Rizzo fu costretto a mandare a casa tutti i collaboratori che aveva scelto per fare spazio a quelli del professore.

Ed è nel contesto di questo rapporto di forza sbilanciato a favore di Provenzano che si inserisce la figura di Tona e le due informative consegnate dai finanzieri ai pm di Caltanissetta alla fine del settembre sorso. Vi sono annotate le registrazioni dei dialoghi fra Provenzano e Tona di cui si fa cenno nell’avviso di conclusione delle indagini notificato nei giorni scorsi a Saguto e agli altri indagati. È ipotizzabile che sia avvenuta la trasmissione di questa parte dell’inchiesta a Catania, competente quando in ballo ci sono magistrati i servizio a Caltanissetta.

Tona e Provenzano erano “amici”. Sarebbe stato il giudice a indicare al professore la strategia per scalzare la concorrenza di Rizzo. E il professore lo aggiornava passo dopo passo. Dalle conversazioni trasmesse a Catania sembrerebbe emergere che il magistrato nisseno era bene informato del modus operandi dei colleghi palermitani e anche dell’operato di Cappellano Seminara.


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