Un Crocetta vestito da grillino | sputacchia in TV sulla Sicilia - Live Sicilia

Un Crocetta vestito da grillino | sputacchia in TV sulla Sicilia

Il solito Saro. Il solito Giletti. Il solito trucco da rifare, per una verginità perduta.

Saro all'Arena
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Artista dello sputacchiamento politico facile e del diversivo. Tale è ormai Saro da Gela, nel mesto viale del suo improcrastinabile tramonto. Non più, non soltanto, reuccio della sua antimafia tascabile, ma grillino della sesta giornata, prima del riposo, pronto a salire sul palco della demagogia e della protesta a costo zero, nel disperato tentativo di rifarsi il trucco. La sesta giornata, per capirci, era quella che seguì le famose cinque di Milano: indica la prosopopea ingannevole di chi aggioga se stesso al carro dei vincitori, non avendo mai sparato un colpo.

Vilipeso, non sopportato, mal digerito, tale è Rosario Crocetta, governatore della Sicilia, nello stomaco dei suoi conterranei che più non lo tollerano. Eppure, lui, da perfetto, teatrante deve comunque esserci, a dispetto del rossore. Pif l’ha sbertucciato e devastato nell’ormai nota presa di Palazzo d’Orleans, mostrando un uomo afasico, balbettante e sulla graticola? C’era la necessità di un altro palco per rimediare all’irrimediabile.

E così Saro è andato all’Arena‘ dai suoi comparucci mediatici – sia detto senza offesa, per prossimità di teleschermo – Massimo Giletti e Klaus Davì, bravissimi e metaforici Dulcamara, adatti per rifare maschera e gusto a una pozione agra, assimilandola a un elisir d’amore. E i siciliani l’hanno visto – il presidentissimo – chiacchierare a casaccio della terra che governa – ormai ridotta a sputacchiera dei rigurgiti e dei pruriti di chi passa – senza averla mai governata, senza esserne stato mai amato. Il grillino del sesto giorno, più qualche ora.

Grida, Rosario. Grida, impettito, e si agita, quando ha davanti un muro basso e compiacente. Quasi muto e trafelato con Pif che gli urlava a un centimetro dal naso, loquace con Massimo & Klaus che lo stanno ad ascoltare. Presentato alla stregua dell’eroe, di un San Giorgio antimafioso scatenato contro il drago. E, nelle mani della sua retorica, della sua novella ‘grillizzazione’, anche la sottolineatura giusta dell’ingiustizia morale di certe prebende diventa il piombo di tutte le rivendicazioni. Quando mai sono stati credibili il potere e il privilegio, conditi dalla mala amministrazione, che si puliscono il coltello sulla schiena di un altro privilegio e un altro potere?

E poi – si sa, c’è sempre una tintura di grottesco sulle guance scavate dalla tragedia – Saro confonde “le giornate con le mesate, i milioni con i miliardi”, come stampato in ‘Buttanissima Sicilia’. Però quella è un’agrodolce commedia del duo Sottile-Buttafuoco, mai gli autori avrebbero immaginato di incontrare un personaggio più tristemente letterario di ogni loro più ardita letteratura.

Dimenticare Pif, dunque, nell’impostura di una narrazione al rovescio che vorrebbe rendere rivoluzionaria la Bastiglia stessa, ancora prima della presa. Ecco la remissione impossibile. Nella bugia di una sanità che adesso – miracolo, miracolo! – funziona, in seguito all’intervento crocettiano, tanto da essere giunta “al settimo posto” da ultima che era: chiedere, per informazioni, negli orrendi pronto soccorso isolani. E va talmente bene e con una tale trasparenza da avere espulso Lucia Borsellino, carne e sangue di martire, inizialmente usata a mo’ di paravento.

Scordare l’affronto di Palazzo d’Orleans con la solita conta dei ‘mafiosi o parenti di’ – cento, seicento, mille, seimila, un milione, sei milioni? – cacciati, omettendo il nome dei suddetti che avrebbero pure diritto a saperlo. E l’unica persona – innocentissima, peraltro – che si ricordi a filo di cronaca, con un cognome pesante, è Marilena Bontate, licenziata da Sicilia -e Servizi e reintegrata con un risarcimento. Un flop.

Uno sfavillio di imposture, di mascara della legalità, di sopracciglia finte del cambiamento allo specchio. Un espettorare di concetti e giudizi che non riverberano sostanza, cose orecchiate al bar dello sport che è il pensatoio di ogni grillino che si rispetti. Un pigolare, a casaccio, di luoghi comuni: ” I vitalizi dei deputati regionali in Sicilia vanno aboliti, ma io non ho una maggioranza e non posso agire (…) la riforma sui vitalizi va fatta. Ma se la Sicilia è ritenuta una regione canaglia, anche il Parlamento nazionale è canaglia e pure quello europeo, anche lì ci sono i vitalizi”. Intanto, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, minaccia fuoco e fiamme al cospetto dei mattoncini confusi di un eroismo posticcio.

Mischino, lui, Saruzzo, niente può fare mai, tutto può denunciare. E di denuncia in denuncia, di declamazione in declamazione, senza nulla poter fare, la Sicilia è diventata ciò che è: non concreta maceria, magari lo fosse, ombra di rovine e sfacelo.

Ma tale è ormai Saro, grillino della sesta giornata e degli ultimi giorni di un regno che tutto ha messo sottosopra. Il settimo – che venga, che venga presto – finalmente riposò.

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