Figli uccisi per punire i boss| Mafia, l'orrore di Roccamena - Live Sicilia

Figli uccisi per punire i boss| Mafia, l’orrore di Roccamena

La caverna di Roccamena

Le indagini sulla caverna-cimitero vicine alla svolta?

PALERMO – Sono lupare bianche sepolte dal tempo. E forse anche dalla terra e dai detriti della caverna di Roccamena. Morti ammazzati dalla mafia. Figli di boss uccisi per punire i padri, fra gli anni Settanta e Ottanta, di cui esistono scarse notizie negli annali di cronaca. E così ai carabinieri è toccato recuperare vecchi fascicoli impolverati.

Le indagini passano dai prelievi dei campioni di Dna. Ne sono stati eseguiti decine in queste settimane. Compresi quelli che hanno interessato i familiari di Salvatore Colletta e Mariano Farina. Avevano 12 e 15 anni quando nel 1992 scomparvero da Casteldaccia, paesino in provincia di Palermo. Qualche hanno fa un pentito raccontò che Binu Provenzano convocava i suoi uomini un villetta non lontano dai luoghi dove giocavano i due ragazzini. Furono uccisi per avere visto qualcosa di troppo? Vittime innocenti della crudeltà mafiosa? Il caso è stato riaperto. Nulla, le ricerche non hanno dato esito. Qualche giorno fa gli esperti del Ris dei carabinieri hanno bussato alla porta di casa dei parenti.

Nella caverna di contrada Casalotto ci sono i resti umani di almeno dieci adulti e due ragazzini. Potrebbero essere molti di più. Teschi, ossa e indumenti. Ci sono anche scarpe di modello diverso e dei bossoli di fucile. Un ritrovamento, quest’ultimo, che spinge gli investigatori a ritenere che in fondo al pozzo ci siano cadaveri di morti ammazzati.

Chi sono i due ragazzini? Le indagini dei militari, coordinati dai pubblici ministeri Leonardo Agueci, Siro De Flammineis e Sergio Demontis, si sono concentrate su tre vittime. Per alcune è stato necessario fare uno sforzo di memoria, oltre che investigativo, per strapparle all’oblio. Non è detto che non ci tornino. Tutto dipende dall’esito degli accertamenti scientifici. Comunque vada sul campo resteranno nuove macerie di dolore.

C’è chi vive queste ore di attesa stretto nella morsa. Da una parte la ricerca di quella rassegnazione che, se non consolatoria, potrebbe almeno essere lenitiva di una ferita per sempre aperta; dall’altra c’è la speranza di potere continuare a illudersi che un figlio abbia preso l’illogica, ma non impossibile, scelta di vivere lontano da tutto e tutti nel silenzio assoluto.

Se l’intuizione investigativa risulterà corretta allora ci si troverebbe di fronte ad un cimitero di mafia. Una foiba di Cosa nostra dove venivano sepolti cadaveri uccisi anche lontano da Roccamena. Come se si fosse sparsa la macabra voce che da quelle parti esisteva un luogo sicuro dove disfarsi dei cadaveri. Un luogo che ricadeva sotto l’egida di Bartolomeo Cascio, patriarca di Roccamena, fedelissimo dei corleonesi, morto la scorsa estate. Non è casuale che la fonte confidenziale che ha condotto i carabinieri nella caverna abbia deciso di rompere il silenzio subito dopo la morte del capomafia.


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