Fiori e preghiere per Marcello | "Qui c'era un uomo che dormiva..." - Live Sicilia

Fiori e preghiere per Marcello | “Qui c’era un uomo che dormiva…”

Palermo, via Cipressi. Lì dove Marcello Cimino è stato atrocemente assassinato.

PALERMO- Il fioraio di piazza Cappuccini ha ormai fatto il callo alla domanda. Risponde con un gesto meccanico del braccio, indicando un punto nel buio: “Lì, il ragazzo dormiva lì”.

Lì c’era un uomo che dormiva e forse sognava una vita diversa, prima di morire. Lo abbiamo visto, senza vederlo, senza riconoscerlo, in un video orribile. Un’ombra che scivola tra altre ombre, accanto al muro, prima di versare la benzina che precede la fiammata. Marcello Cimino che fa appena in tempo ad alzare la testa, forse coperta da un berretto per il freddo. Non ne scorgiamo il profilo, né il viso; si nota appena quel gesto breve negli ultimi istanti di una persona che, per noi, resterà ignota anche dopo la sua morte, non avendo mai incrociato il suo sguardo da vivo.

Le radiocronache della nera, intanto, rimbalzano nella piazza, a pochi metri dal luogo dell’efferatezza. Dicono che l’assassino abbia confessato, che sia stata la gelosia, ecco il probabile movente di un odio talmente pazzo e cieco. E la storia metropolitana di questo sabato fagocita nuovi particolari. Il posteggiatore che si occupa con collaudata professionalità della gestione del traffico scuote la testa: “Non si fanno queste cose. Sono cose di grandissimi fanghi”. E mentre si indigna, l’omone col cappellino da cui debordano ciocche unte di capelli, compie con la mano, tra palmi e dita, gesti irripetibili.

Frotte di fedeli sciamano dalla chiesa, la Messa è appena finita. Hanno sciarpe e cappelli che li riparano dalle asperità climatiche della sera. Il viso compunto, colpito da tanta violenza, impossibile non commentare. Mormorano. Borbottano: “Il clochard, il chochard…”. Si chiamava Marcello e aveva quarantacinque anni.

L’altare del suo martirio è qualche metro più in là, nel buio. Si arriva a un cancello, all’ingresso della Missione dei Cappuccini. Qui, diverse sere a settimana, i frati riscaldano la miseria di chi non può permettersi una scodella di minestra; offrono asilo e riparo. Leggendaria, tra le altre, è la figura di padre Domenico Spatola che c’è sempre, per tutti, e trova anche il tempo di scrivere poesie.

Oltre il cancello, brillano cinque mazzi di fiori. Il fumo ha annerito e un po’ diroccato la parete. Per terra c’è una chiazza. Un mazzolino è della sorella di Marcello: Patrizia Cimino, è stata qui, stamattina. Una frase in mezzo a tante lacrime: “Spero che chi ha fatto questo, patisca quanto mio fratello”. C’erano le due figlie e l’ex moglie dell’uomo che dormiva e si era separato da tre anni. Una signora dignitosa nel lutto, come chi seppellisce un pezzo del suo cuore; due ragazze devastate dal pianto.

Marcello Cimino era l’uomo che incrociamo ogni mattina, mentre rovista nei cassonetti, in cerca di mezzi di sopravvivenza. Era il sorriso di cui non ci siamo mai accorti. Era la distanza di chi – e chissà perché – ha messo una lastra di ghiaccio fra sé e il prossimo, eppure, di tanto in tanto, si concede la rivoluzione di un sorriso. Era la bocca della mensa dei poveri. Era il cucchiaio che solca la minestra della carità. Era la testa che si alza in quel video orrendo, il movimento rapido sotto la coperta, la faccia che non abbiamo riconosciuto e che non incontreremo più.

Adesso ci sono una donna e due bambine che passano davanti al cancelletto di via Cipressi per un rapido segno della croce. Una benedizione. Un padre nostro. Un fiore. Tutto quello che resta. Ma qui c’era un uomo che sognava.

 

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