Vietato svelare la nomina col trucco | Il senso di Ingroia per la legalità - Live Sicilia

Vietato svelare la nomina col trucco | Il senso di Ingroia per la legalità

Intimidazioni e mascariamenti per chiunque osi contestare l'allegra gestione di Sicilia e-servizi.

PALERMO – Sono arrivati puntuali l’intimidazione e il mascariamento. La delegittimazione. È successo a noi, semplici cronisti, ma prima ancora la stessa sorte era toccata alla Procura di Palermo e ai magistrati della Corte dei conti. Siamo, insomma, in buona compagnia. Il dottor Antonio Ingroia è refrattario alla critica. E agli articoli in cui si dava conto di ciò che stava accadendo, in silenzio, a capo di Sicilia e-servizi, ha replicato con una nota difensiva piena di imbarazzo e di arroganza. Ha scelto di gettare qualche schizzetto di fango, ma si è guardato bene dal fare nomi e cognomi. Magari, chi lo sa, per non aggiungere altre noie giudiziarie alle recenti inchieste di cui è stato oggetto. E non ad opera di questo giornale, ma della Procura di Palermo. La “sua” Procura.

Delegittimazione e mascariamento

“Qualche organo di stampa – scrive Ingroia – abituato a essere il braccio armato di ben individuate parti politiche, a loro volta strumento di affaristi e speculatori che per anni hanno saccheggiato la Sicilia, inventa ricostruzioni faziose e distorce la realtà per nascondere la verità”.

Eccolo, il mascariamento fin dall’inizio. Chi scrive, sarebbe, stando alla sbirresca definizione di Ingroia, il “braccio armato” di politici, affaristi e speculatori. Che non hanno nomi, ovviamente. E non si sa nemmeno a cosa puntino. Del resto, dicevamo, ci troviamo in ottima compagnia. Era stato, in passato, il turno del procuratore della Corte dei conti Gianluca Albo, raggiunto da prevedibili insinuazioni solo per aver osato verificare l’ipotesi di danno all’erario in Sicilia e-servizi. È stata poi la volta della Procura di Palermo, prima in occasione del “caso Maniaci”, poi riguardo all’ultima inchiesta che vede indagato proprio Ingroia con l’accusa di peculato: in quest’ultimo caso l’amministratore della società regionale ha reagito definendo, nella sostanza, poco più che un ignorante il pm che sta indagando. “Restano lo stupore e l’amarezza – aveva infatti commentato Ingroia – per questa contestazione fondata su leggi non più in vigore già al tempo dei fatti e, in più, nel constatare che qualcuno ha dato in pasto alla stampa la notizia di questa indagine”. Un pm che ignora che una legge non c’è più. Ignorante, appunto. O in malafede. Tertium non datur.

Qualche passo indietro ed ecco le ombre allungate su un dirigente generale, oggi tra i più vicini a Crocetta: la colpa del burocrate Maurizio Pirillo, in quei giorni a capo dell’Ufficio informatica della Regione? Quella di essersi spinto ad affermare che “Sicilia e-servizi costa troppo”. E così, eccolo, il puntale mascariamento anche in quel caso: “Era proprio nel periodo in cui Pirillo commissionava e “controllava” le attività di Sicilia e-Servizi (dalla sua postazione di “Sicilia e-Innovazione”) – ricordava Ingroia – che i costi per le attività rese da Sicilia e-Servizi alla Regione sono lievitati a cifre oscillanti fra i 25 milioni ed i 55 milioni di euro l’anno (vedasi i bilanci della Società che sono documenti pubblici): parlo dei tempi dei ‘bagordi’ quando la Regione siciliana veniva saccheggiata e a quel tempo c’era già Pirillo a ‘controllare’ il settore, mentre io stavo in Procura a cacciare i latitanti mafiosi e i loro complici”. Persino le parole ricorrono, nella reazione-tipo di Ingroia. Oggi quel dirigente finito al centro di quelle allusioni è a capo del dipartimento acque e rifiuti ed è, come abbiamo detto, tra i più vicini al presidente Crocetta.

Il trucco c’è e si vede

“In genere, mi dico: guarda e passa. Ma quando – ha proseguito Ingroia nella sua requisitoria – la mia conferma ad amministratore di Sicilia e-Servizi, oggi Sicilia Digitale, viene presentata come un trucco non posso tacere contro chi cerca di truccare fatti e informazioni per nasconderli”. Intanto, ecco una contraddizione evidente: a nascondere quella conferma è stato proprio il governo regionale e lo stesso Ingroia. Ed è, in un certo senso, una sorpresa: come mai in questa legislatura in cui abbiamo assistito a diluvi comunicativi, nessuno, né il dottore Ingroia, né il vulcanico Crocetta, ha comunicato la lieta novella del rinnovo? I soliti maliziosi finirebbero per intravedere, magari, un sottile imbarazzo. E perché Ingroia non ha atteso la scadenza del suo mandato, che sarebbe giunta – anche in questo caso ci soccorrono i documenti ufficiali dell’azienda – con l’approvazione del prossimo bilancio, ossia solo tra qualche mese? Le dimissioni e l’immediato re-incarico hanno avuto come effetto quello di evitare di finire dentro il “semestre bianco” in cui la nuova nomina sarebbe stata, per legge, impossibile. Questi sono i fatti.

I risparmi fantasma

Ingroia, dal canto suo, legittimamente fa riferimento a una straordinaria operazione di pulizia: “Ho messo alla porta affaristi e speculatori, salvando la società e i servizi informatici per i siciliani, facendo risparmiare alla Sicilia e all’Europa più di 50 milioni di euro e rimettendo nelle mani dei siciliani quello che era nelle mani di gruppi privati che ne hanno profittato ingrassando e dilapidando i 200 milioni di euro, scandalo che ho denunciato solo io due anni fa e che da allora è rimasto nei cassetti giornalistici e giudiziari”.

Sembra quasi, insomma, che Ingroia sia più scocciato per il “disinteresse” dei media e dei suoi ex colleghi magistrati. Che evidentemente, però, non avranno considerato sufficientemente supportate le sue denunce. La stessa considerazione ottenuta dalla Corte dei conti, che ad esempio nel suo ultimo giudizio di parifica non ha minimamente accennato ai mirabolanti risultati ottenuti in Sicilia e-servizi, al contrario di quanto fatto con altre società (pensiamo a Riscossione Sicilia).

Ingroia in questo racconto, però, stranamente dimentica una cosa. Che lui, a capo di Sicilia e-servizi era giunto per liquidare l’azienda. E che quelle funzioni, al termine della liquidazione, dovevano essere svolte dagli stessi dipendenti regionali, senza costi aggiuntivi per i cittadini. “Una scelta di legalità”, spiegò la Procura della Corte dei conti. Non ha “salvato dal fallimento” l’azienda, quindi, visto che quella società, dopo una decisione dello stesso governo regionale, doveva essere semplicemente chiusa. E nessuna voce, da questo giornale, si era mai alzata contro la liquidazione di Sicilia e-servizi, i cui sprechi, da queste colonne, sono stati più volte denunciati. Poi Crocetta e Ingroia hanno scelto di resuscitarla, questa azienda. Così, il “saldo” per i siciliani è un po’ diverso da quello che descrive l’ex pm: i milioni spesi ogni anno per Sicilia e-servizi, compresi quelli per i comodi soggiorni e i lauti pasti di Ingroia, potevano essere risparmiati e indirizzati ad altre ben più brucianti esigenze.

Il bluff dei “soci”

Ingroia, poi, parla di dimissioni offerte “alla Regione”. Spiega che “la Regione” avrebbe potuto anche non confermare l’ex pm. Una dichiarazione che fa sorridere e non può che non partire dal presupposto che, per l’ex pm, i siciliani siano tutti degli sprovveduti. La “Regione”, come la chiama Ingroia, ossia il socio unico dell’azienda, è rappresentata da Rosario Crocetta e – in occasione di quella specifica assemblea dei soci – dalla vicepresidente Mariella Lo Bello. E allora, ricorda Ingroia che appena tre giorni prima della nomina, il 25 febbraio scorso, lui, il governatore e la sua vice erano allegramente insieme in occasione della kermesse palermitana di “Riparte Sicilia”, il movimento politico di Crocetta? Tre giorni prima Ingroia festeggiava il Movimento del presidente. Tre giorni dopo, il presidente confermava Ingroia. A conferma, probabilmente, della scarsa serenità e obiettività del governatore nella scelta degli amministratori pubblici, già sottolineata persino dai suoi alleati, nonché della inesistente eleganza istituzionale dell’uno e dell’altro. Del resto, tutto era iniziato quando Ingroia era ancora un magistrato: già in quei giorni, erano partiti i contatti con Crocetta che sarebbero sfociati in un patto di ferro ancora da chiarire e magari da rivelare. Un magistrato a dialogare con la politica, in vista di un incarico di sottogoverno. All’inizio fu Riscossione Sicilia, ma il Csm alzò la “paletta rossa”. Ce l’hanno tutti con lui.

Insomma, il quadro è chiaro: secondo Ingroia solo lui, il governatore Crocetta, i sempre meno numerosi accoliti che applaudono, sono i soli “puri”, scampati alle lordure di questa Sicilia. Gli altri, sono espressione di interessi loschi, protagonisti di trame inquietanti, in una parola: nemici. Compresi magistrati, pubblici ministeri, dirigenti incensurati. Tutti insieme nel torbido mondo che ha preso di mira Ingroia. Da anni, però, simbolo vero di quella casta della quale ha assunto stilemi e atteggiamenti. L’ex pm, ad esempio, rivendica la “trasparenza” di Sicilia e-servizi. E si dice pronto a fornire dati nomi e prove del suo operato. Ne approfittiamo, allora, chiedendo se il dottore Ingroia ha conferito, durante il suo mandato, incarichi legali. In quel caso chiediamo a chi sono andati quegli incarichi, con quale parcella, quale è stato l’iter seguito per garantire i princìpi di concorrenza, economicità e trasparenza previsti dalle norme. E, se questi incarichi ci sono, chiediamo come mai non se ne trovi traccia (abbiamo cercato a lungo) sul sito ufficiale della trasparentissima società che lui amministra. Attendiamo, per una volta, una risposta.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI