Emiliano fa l’outsider |“Basta capi e capetti” - Live Sicilia

Emiliano fa l’outsider |“Basta capi e capetti”

Per il candidato si sono dati appuntamento a Catania vari alfieri del movimento “Riparte Sicilia”, nato dalle ceneri del Megafono. 

VERSO IL CONGRESSO
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CATANIA- “Il Pd in Sicilia, nel tempo, si è limitato a raccogliere consensi e a suscitare speranze che non si sono mai tramutate in sostanza”. A parlare non è uno scissionista della “ditta”, ma il candidato alla segreteria del Pd Michele Emiliano. Per lui si sono dati appuntamento a Catania vari alfieri del movimento Riparte Sicilia, nato dalle ceneri del Megafono. Diciamo pure: una mozione di lotta e di governo (a livello locale). Supporter di primo piano sono i due dioscuri del crocettismo in salsa rosso-azzurra: il coordinatore provinciale della mozione, Giuseppe Caudo, e l’assessore comunale Luigi Bosco. Il comitato di benvenuto per il governatore Michele Emiliano e per il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, lo curano l’immancabile regista Giuseppe Lumia e il consigliere comunale Giovanni D’Avola. In sala ci sono diversi simpatizzati e volti noti come il numero uno di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo che precisa di indossare i panni del “curioso”.

Emiliano lancia il guanto di sfida ai candidati alla segreteria giocando nel ruolo dell’outsider.  “Ho colto una stanchezza matura dei siciliani, intelligente e critica, il nostro compito è di utilizzare meglio questo grande patrimonio italiano per il successo del Paese”, dice Emiliano. Emiliano vuole essere della partita e punta le sue fiches sulle masse meridionali che hanno dato la spallata referendaria a Renzi. La situazione del partito in Sicilia diventa la classica ciliegina sulla torta. “Il Pd anche qui è impegnato in piccole lotte di potere per garantire a capi e capetti la prosecuzione della loro attività politica, e questo non è di per sé un male, ma non è non questo che i siciliani cercano: io spero che la nostra mozione possa riportare al voto tante persone che vanno verso altri partiti o verso il non voto”, attacca l’ex magistrato.

 

Il presidente della Puglia, insomma, si gioca tutto: l’imperativo è superare il 5% e tentare l’assalto finale ai gazebo. “Abbiamo raggiunto un numero di voti che ci consente ragionevolmente di superare la soglia”, argomenta. Poi si concentra sul problema della scarsa partecipazione alla vita democratica dei dem. “I voti espressi fino ad ora sono pochissimi, c’è stato un calo verticale di affluenza in tutta Italia, circa la metà rispetto all’ultima volta”, dice sottolineando il deficit di partecipazione dei militanti. “E’ stato un momento non sentito dalla popolazione perché è stato il momento della conta delle tessere, in cui la gran parte degli italiani non si riconosce”, rimarca il candidato. Il governatore preme sull’acceleratore e non le manda a dire: “Sanno bene come si fa il tesseramento e sanno bene che è un esercizio tra l’economico e il clientelare”. “Spesso i veri militanti sono stati travolti da facce sconosciute che hanno avuto accesso ai seggi, ma è una fase ininfluente rispetto al 30 aprile”, attacca il candidato. Il morale della truppa è alto, i risultati in provincia si attesterebbero oltre la soglia di sbarramento. Un risultato che farebbe ben sperare i crocettiani. A livello carsico, inutile nasconderlo, si gioca anche un’altra partita: la sfida per Palazzo d’Orléan. E un buon risultato del capopopolo pugliese tirerebbe la volata di Rosario Crocetta alle primarie per le regionali.  

 

 

 

 

 


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