La mafia e i morti che camminano| Così doveva scorrere il sangue - Live Sicilia

La mafia e i morti che camminano| Così doveva scorrere il sangue

Vincenzo D'Aguanno

Le microspie svelano gli omicidi pianificati dal clan di Marsala.

MARSALA (TRAPANI) – Quella del clan di Marsala è una storia di agguati falliti. Di morti che camminano, scampati al piombo per casi fortuiti o per il provvidenziale intervento delle forze dell’ordine. L’indagine dei militari del Ros e del Comando provinciale, sfociata nei 14 fermi eseguiti ieri, descrive l’immagine di un clan pronto a tutto.

Vito Rallo, accusato di essere il reggente della famiglia, sarebbe stato il mandante di un delitto fallito di un soffio. Domenico Centonze e Gioacchino Lupo gli esecutori materiali. La vittima designata era Vincenzo Danilo Pellegrino, un imprenditore in affari con Vincenzo e Alessandro D’Aguanno, padre e figlio. Comprava meloni dai D’Aguanno e li rivendeva. Un imprenditore che di se stesso diceva: “… io sono ovunque, te ne accorgi? Tipo Dio… non appena ti alzi gli occhi…vedi a Gesù Cristo… io sono come Dio… e allora, qua non esce un melone giallo se non lo decido io, ti dico solo questo…”. Commerciante furbo e pure amico, anzi ex amico di Giovanni Della Chiave, condannato a 26 anni di reclusione per l’omicidio di Antonino Via, commesso in un supermercato ucciso dai rapinatori nel 2007. Un profilo criminale di cui lo stesso Vincenzo D’Aguanno era a conoscenza, tanto che lo piazzava tra gli uomini fidati di Vito Rallo. Evidente alla fine lo stesso Pellegrino doveva avere commesso degli errori se D’Aguanno jr era al corrente del progetto di eliminarlo. Così lo raccontava al padre: “Gli volevano fare la pelliccia a Pellegrino… per Pasqua… nel frattempo non si ubriaca questo, il figlio dello zio Pietro al night? Ed ha parlato con un mazarese, e sono venuti mazaresi qua per avvertire al Pellegrino”. “Ordine di chi?”, chiedeva il padre. Risposta: “… di quello là sopra… sono i killer loro”. Era tutto pronto, ma la soffiata salvò la vita a Pellegrino.

Sempre nel magazzino di ortofrutta dei D’Aguanno, a Petrosino, si parlò di un altro delitto. Stavolta, però, la vittima è rimasta ignota. “Da dietro e da davanti… contemporaneamente… via… fuori… bum”, spiegava D’Aguanno padre che per il delitto contava sull’appoggio di alcuni palermitani: “… noi tutti a dormire dentro, compà ti raccomando, questo un omicidio è, compà, ah?”. Del killer si sa solo il nome, Giovanni. Un supporto logistico doveva essere garantito dal palermitano Salvatore D’Amico. Gli esecutori materiali, compiuto l’omicidio, avrebbero dovuto nascondersi nella stalla di un altro indagato, Andrea Alagna. Quando i carabinieri sentirono, attraverso le microspie, che si parlava di un’arma perquisirono il magazzino di D’Amico, in via Libero Grassi a Palermo. E il piano di morte saltò.

Ancora più misterioso è un episodio del 2014. Il cognato di Vincenzo D’Aguanno, che amava allenarsi sparando con pistole calibro 38 e 7.65, era finito nel mirino di qualcuno. Se non avesse sborsato 300 mila euro gli avrebbero ammazzato i figli. Il cognato avrebbe dovuto fare finta di accettare un incontro per il pagamento. Ad attenderli i misteriosi uomini c’era una pioggia di fuoco. Michele Lombardo si sarebbe fatto prestare una potente Bmw per inseguire e bloccare un uomo all’uscita dall’autostrada: “Noi iddu subito ci dobbiamo tirare”. Alle 23. 20 del giorno X i carabinieri piombarono a casa di D’Aguanno. Vi trovarono Lombardo. Ancora una volta il piano di morte fallì.

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