La gioia e il tragico incidente | L'ultima estate di Fabrizio - Live Sicilia

La gioia e il tragico incidente | L’ultima estate di Fabrizio

Dolore e incredulità per Fabrizio Ruffino, morto, ieri, a sedici anni, dopo uno schianto a Mondello.

PALERMO- Fabrizio è morto a sedici anni, mentre l’estate imminente gli esplodeva nel petto. Adesso, chi gli ha voluto bene lascia cadere parole come foglie secche, nella sua pagina di Facebook, in mezzo ai sorrisi di un tempo. “Non me lo aspettavo completamente e non ci posso neanche credere. Mi manca il respiro. Il tuo vuoto rimarrà incolmabile e ti ricorderò per la fantastica persona che eri. Perché proprio a te non lo capisco, ma la morte spesso sceglie di portare via le persone migliori al momento peggiore”. Così scrivono.

Fabrizio Ruffino è stato rapito a coloro che amava e che lo amavano sulla strada di Mondello: ieri mattina l’incidente, poi l’epilogo, a Villa Sofia, nonostante i disperati tentativi dei medici. Secondo una prima ricostruzione, da verificare, il ragazzo è caduto con la sua moto, una Yamaha, finendo contro una pensilina. Uno scontro che ha provocato ferite fatali. E’ l’ennesima tragedia che attraversa le vie di Palermo, con i numeri di una strage che non conosce sosta. Sono già quindici le vittime del 2017. Volti e persone impressi, brevemente, negli occhi di chi legge un articolo di giornale, magari si rattrista e poi pensa: dovrà finire, prima o poi, questa assurda mattanza. Eppure, non finisce mai.

E’ il diario social a raccontare quanto fosse piena l’esistenza di Fabrizio, studente del liceo scientifico ‘Cannizzaro’, circondato dall’affetto e dal calore di tutti. C’è un video che lo ritrae, verosimilmente, mentre riceve in regalo la moto. Lui che si asciuga, forse, una mezza lacrima e dice: “Non può essere, non può essere”. Una voce fuoricampo lo accarezza. C’è chi ricorda: ‘appena ieri, ti ho tagliato i capelli’. C’è chi depone un fiore virtuale. Un altro scrive: ‘Dovevamo vederci al mare’. Altri ancora attraversano a fatica l’istante che rende troppo lontano qualcuno che prima potevi abbracciare. L’attimo che mozza il fiato. L’ultima carezza si mescola a uno stupore muto: “Un messaggio è troppo riduttivo per descriverci, non riesco ancora a credere a tutto ciò, fino a ieri stavamo parlando al telefono di minchiate, e oggi mi ritrovo a scrivere questo messaggio che nemmeno io so perché sto scrivendo”. Non sai mai perché.

Pure ci sono i luoghi fisici dello strazio. Una tenera processione di lacrime affolla, in queste ore, Villa Sofia. Decine di adolescenti sostano, seduti per terra, come un cordone che vorrebbe proteggere, rammendando lo squarcio dell’irreparabile. Giuseppe, il papà, singhiozza. afferra braccia che stringe alla maniera in cui ci si appoggia alle ciambelle di salvataggio. Vorrebbero tutti salutarlo, il ragazzo scomparso sulla via della felicità, ora che non possono più. Vorremmo che fosse ancora qui.

Era la sua estate, il tempo di Fabrizio e dei suoi sedici anni. Sulla bacheca del figlio, qualche giorno fa, il padre aveva incastonato la bellezza di Mondello in foto, ma non sapeva che sarebbe stato l’abbraccio che non si dimentica. “Saluti dalle Maldive”, era stato il commento ironico. E lo scatto di un azzurro inimitabile e confuso, sulla linea dell’orizzonte. Così lieve, così sfumato, che non si vede bene dove finisce il mare e dove comincia il cielo.

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