La movida e il regolamento | Il Tar respinge il ricorso - Live Sicilia

La movida e il regolamento | Il Tar respinge il ricorso

No alle obiezioni dei titolari dei locali.

PALERMO – I giudici della terza sezione del Tar di Palermo hanno respinto il ricorso presentato dai titolari di diversi locali sparsi nelle zone luogo di ritrovo dei giovani con cui si chiedeva l’annullamento del regolamento del Consiglio Comunale di Palermo sulla movida. A chiedere l’annullamento del provvedimento erano stati i titolari del Al Siciliano, del Jackass, del QVIVI , del Miri, dell’Ombelico del mondo, dell’Anfiteatro, Basquiat Cafè, Cantavespri e dell’Old School da Anto, tutti assistiti dall’avvocato Giovanni Puntarello. Il Comune di Palermo nel ricorso era assistito dagli avvocati Ezio Tomasello, Vincenzo Criscuoli.

Per i titolari dei locali il regolamento impugnato sarebbe illegittimo in quanto non verrebbero specificati i limiti sonori esterni vietati. Per i giudici della Terza Sezione presieduta da Solveig Cogliani, (Nicola Maisano, Consigliere, Estensore e Maria Cappellano, Consigliere) “l’articolata disciplina dettata dal regolamento impugnato – si legge nella sentenza – nasce proprio dall’esigenza di trovare un punto di equilibrio tra i vari interessi coinvolti, comunque di rilievo costituzionale, fermo restando che il concreto modo di contemperare tali diversi interessi rientra nella discrezionalità dell’amministrazione”.

“Risultano quindi infondate le censure mosse dai ricorrenti – scrivono i giudici – secondo i quali il regolamento adottato sarebbe illegittimo per non avere dettagliatamente indicato gli strumenti idonei al rilevamento delle emissioni sonore, prevista la loro periodica taratura, nonchè precisati quali siano gli specifici corpi della polizia municipale ai quali è demandato il compito di verificare eventuali infrazioni. Sostengono poi i ricorrenti che il regolamento impugnato sarebbe illegittimo in quanto non verrebbe specificato il concetto stesso ed i limiti delle proiezioni acustiche esterne vietate”. Il collegio non condivide ”tale censura, benchè sul punto il C.G.A., in sede cautelare, abbia mostrato aperture alle tesi dei ricorrenti. Invero i limiti all’inquinamento acustico consentito sono dettati da disposizioni nazionali (vedi DPCM del 14 novembre 1997) che non possono non ritenersi vincolanti sia per gli enti locali che per i privati; conseguentemente, mentre è demandata agli enti locali la disciplina delle fasce orarie e delle zone territoriali ai quali applicarli, la definizione dei loro parametri quantitativi è demandata alla disciplina nazionale, alla quale deve ritenersi che l’impugnato regolamento non può non fare implicito rinvio”. ”Sul punto il regolamento impugnato – aggiunge il Tar – sarebbe potuto essere più esplicito, ma non avrebbe potuto individuare limiti sonori diversi da quelli stabiliti con norme nazionali, come inevitabilmente si perverrebbe seguendo la tesi dei ricorrenti”. (ANSA)

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