Protagonisti, potenti e figuranti | È il teatro nero della corruzione - Live Sicilia

Protagonisti, potenti e figuranti | È il teatro nero della corruzione

Politici e giudici, consulenti e carabinieri: i nomi dell'inchiesta. Il nostro viaggio tra le carte

L’ordinanza ai raggi x
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PALERMO – “Qua i conti non tornano” disse a un certo punto la dirigente. La storia, in fondo, è iniziata così. E a rileggerle più volte, le 309 pagine dell’ordinanza somigliano a un canovaccio, a una sceneggiatura. L’inchiesta sulla corruzione alla Regione, sui rapporti torbidi tra pubblica amministrazione e i “comandanti” delle compagnie di navigazione, mette infatti insieme protagonisti e figuranti, comparse e personaggi essenziali. Anche quando non rientrano nell’elenco, al momento contenuto entro le quindici unità, degli indagati. Utile però, anche chi non è indagato, per raccontare una Regione delle lobby e dei palazzi troppo permeabili alle esigenze dei privati. La Sicilia dei favori e degli amici.

In questi giorni, entreremo nelle pieghe dell’inchiesta. Facendo tutti i nomi. Tutti. Differenziando, ovviamente, le figure di chi oggi è accusato di reati specifici, da quelle di chi, invece, è solo un pezzo di scenografia. Lo faremo immagine per immagine. Pezzo per pezzo.

Ad ogni rigo di questa inchiesta, del resto, ecco che salta fuori una suggestione. In ogni pagina, entra in scena un “idealtipo”. Il politico interessato a racimolare consenso. L’imprenditore che “spinge” sulla politica. Il consulente che stoppa consulenti, “piazza” amici, irriga buonuscite.

E poi, a buttare sale sulle ferite aperte di una Sicilia che non ha mai risolto davvero il suo rapporto con “la legge”, ecco i rappresentanti, con diversi ruoli, della giustizia. Impegnati a piegare quella giustizia stessa alle relazioni del momento. Giudici e rappresentanti delle forze dell’ordine, finiti nel registro degli indagati, come l’ex magistrato Raffaele De Lipsis e il carabiniere Orazio Grisabella. Accusati di reati tutti da dimostrare, ma che hanno spinto i pubblici ministeri a definire proprio quelle, le pagine maggiormente inquietanti.

E poi c’è ovviamente la politica, che appare debole debole nel suo tentativo di esercitare briciole di potere, in cambio di altre briciole. Di un’adulazione o di un posto in “tribuna autorità” per le partite del Trapani calcio. E così, il rolex al sottosegretario Vicari e le “sovvenzioni” al movimento politico di Crocetta, sembrano il segno di qualcosa che si fa fatica a chiamare corruzione. E che somiglia a una simbolica elemosina, della serie : “Oggi offro io” al termine di una cena con commensali meno abbienti.

Ma attorno a questi personaggi, finiti ai domiciliari o nel registro degli indagati, dicevamo, ecco ruotare una umanità varia. Verrà descritta anche questa, nei prossimi giorni. Raccontata, poiché inserita in questa ordinanza. Dove molti nomi sono presenti pur senza, al momento, essere “gravati” da indagini o provvedimenti di alcun tipo. Ma spesso proprio quei nomi tratteggiano appunto i contorni di questo dramma grottesco della corruzione, di quello che oggi appare lo scandalo di un impero al tramonto, lo stanco e scoordinato colpo di coda di un potere che ha sempre meno potere. Che crolla, del resto, facendo emergere la scarna intelaiatura di rapporti, dietro la facciata di una Regione che doveva essere rivoluzionata, moralizzata, rivoltata come un calzino dal presidente finito tra gli indagati e dai suoi governi.

Nelle 309 pagine dell’inchiesta c’è tutto questo. Ci sono tante storie in una storia. Le ambizioni del candidato sindaco di Trapani Girolamo Fazio, che poggiano anche sui rapporti con l’imprenditore Ettore Morace, e persino sul “fidanzamento” politico con un altro esponente di spicco nel Trapanese, Mimmo Turano, una alleanza incomprensibile anche per i più vicini a Fazio, ma che trovava una risposta plausibile proprio nelle tratte per le piccole isole. E dall’altra parte, ecco le manovre dell’imprenditore che prova a creare una rete di amicizie e appoggi politici, ai più alti, ma anche bassi livelli, c’è, insomma, la piccola storia di una imprenditoria che in Sicilia si fa lobby e oligopolio. C’è persino la manifestazione di un potere forse fino a se stesso, nella storia del segretario particolare dell’assessore Pistorio, Giuseppe Montalto, un presunto corruttore dalla spiccata filantropia: nessun euro nelle sue tasche, ma solo interventi in favore degli amici.

E c’è soprattutto il teatro di una Sicilia in cui i soldi non girano più. Dove la Regione, l’enorme, improduttivo “settore pubblico” non assume più. E dove l’unico giacimento non ancora esaurito resta quello delle ditte private, ancora in grado di assicurare un posto di lavoro: la figlia della dirigente Salvatrice Severino (quella che scrisse il bando per i trasporti, poi revocato), così come il fratellastro di Simona Vicari, assunti nelle società marittime tirate dentro l’inchiesta. E il nipote di Mimmo Fazio, addirittura imbarazzato tra il posto di lavoro nella Ustica Lines e quello all’Airgest, altra società che spesso fa capolino nelle Finanziarie regionali. E poi consulenti, collaboratori, buonuscite. La lobby, appunto, che si sostituisce alla Regione, si sovrappone a essa, come nelle illusioni ottiche del teatro nero.

E poi ci sono poi i potenti. Che sono tali a prescindere dal fatto che facciano qualcosa. Basta infatti in questi casi il profumo del potere. La “mossa”. E così, ecco sfilare sul palcoscenico di questa commedia, senza essere indagati, l’assessore Baldo Gucciardi il “potentissimo”, l’assessore Anthony Barbagallo con cui sedersi a cena “per fare programmazione”, l’assessore Giovanni Pistorio attorno al cui assessorato ruota tutto. C’è persino il ministro Claudio De Vincenti che, stando alle parole rivolte al padre da Ettore Morace, “segue” da Roma le sorti della Ustica Lines. E ci sono i “big” del Nuovo centrodestra di Alfano. Non solo la Simona Vicari del rolex, le sì indagata, ma anche Dore Misuraca, da “scomodare” addirittura per stoppare la nomina di un “pericolosissimo” consulente a titolo gratuito di una commissione legislativa. A questo si è ridotta la politica in Sicilia.

Tutto attorno, figuranti e comprimari. Che si agitano un po’ come i personaggi grigi dei corridoi kafkiani, un po’ come piccoli Marchesi del grillo. A muovere, anche se non muovono. A decidere, anche quando non decidono. A spargere l’essenza di una potenza che non c’è. Un profumo che svanisce presto, di fronte a una burocrate (il suo nome è Dora Piazza) che si limita ad affermare: “Qua i conti non tornano”. La battuta che dà inizio allo spettacolo.


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