"Piagnisteo e pigrizia vanno insieme| Il successo qui non si perdona" - Live Sicilia

“Piagnisteo e pigrizia vanno insieme| Il successo qui non si perdona”

Intervista a Roberto Alajmo. "Siciliani prigionieri della lagnusia".

L'intervista
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4 min di lettura

Piagnisteo, ovvero lagna, in Sicilia è lemma strettamente imparentato con “lagnusia”. Parte da questo Roberto Alajmo, scrittore e giornalista nonché direttore del Teatro Biondo di Palermo, quando avviamo con lui la nostra conversazione sulla “cultura del piagnisteo”.

“La parola siciliana lagnusia normalmente si è portati a tradurla come pigrizia ma già nell’etimo prevale la componente della lagna. Per il peccato del fare. La lagnusia è pigrizia impastata con la lamentela. È la tendenza al mugugno. E parliamo di mugugno non di protesta, che già rappresenterebbe una forma di ribellione. Qui invece basta non fare e lamentarsi. Se quasi ogni forma di volontariato è stata azzerata è perché anche il lavorio degli altri risulta fastidioso”.

L’hai sperimentato nella tua esperienza?

“Sì. E specialmente in questo ruolo (siamo nel suo ufficio al Tetaro Biondo, ndr) ho verificato che quelli che fanno meno sono quelli che si lamentano di fare di più. Acchiana pi un cariri, si dice a Palermo. Di modo che nessuno possa dire: guarda che è esattamente il contrario. C’è un potere di autosuggestione. Le persone che si lamentano sono convinte di avere motivi di farlo. Sarebbe divertente poter fare qualche esempio ma poiché mezza città in questo momento è candidata, qualsiasi nome facessi rischierei di fare una gaffe”.

Il piagnisteo è anche un comodo alibi. Tutto è marcio e chi fa è nel marcio. E dunque se io non ho quello che mi spetta non è perché non faccio ma perché non sono marcio. No?

“C’è sempre qualcuno dietro il successo, già. Un’altra frase chiave delle nostre parti è “allatta e piangi”. È un carattere che noi riscontriamo nei siciliani. Fermo restando il flusso abbondante che negli anni è stato versato in termini di risorse, i siciliani si lamentano sempre additando un nemico esterno, senza pensare che forse i soldi qui arrivano ma poi si disperdono. Il concetto di lagnusia è strettamente connesso al sottosviluppo. Che non è un destino ma un risultato autoportante, si nutre di se stesso. C’era Diego Planeta che qualche anno fa aveva proposto di compilare un atlante siciliano del sottosviluppo, mettendo in relazione ogni area con un uomo politico che in quell’area ha fatto arrivare flussi di finanziamenti, per scoprire che proprio lì meno si è sviluppata l’imprenditorialità. Viceversa in aree come il Ragusano dove è mancato un collettore di finanziamenti pubblici lì si è sviluppata una borghesia imprenditoriale”.

Prigionieri del sottosviluppo, insomma…

“Sì, perché normalmente se pure avanzassero cento lire per lo sviluppo si altererebbe il sistema. Il sottosviluppo e necessario al sottosviluppo. E tutte le motivazioni che noi ci diamo per questo stato di cose, il caldo, la dominazione araba, vengono smentite dal fatto che nel Sud della Spagna le cose non vanno così. Andate a Siviglia, dove davanti alla cattedrale bellissima passa il tram e non credo che nessuno ci abbia perso anni a discuterne”.

Noi invece discutiamo tanto…

“Ci sfianchiamo in mille discorsi e alla fine non approdiamo a niente. Prendete il Ponte sullo Stretto, tutto lo sforzo delle chiacchiere, un ponte di parole. In Francia discutono dei progetti e poi li realizzano. Qui c’è una specie di anchilosi”.

E chi fa qualcosa ha il mitra puntato addosso. Perché?

“Nel momento in cui sei troppo visibile rovini la legge del sottosviluppo. È un aspetto che puoi riscontrare in qualsiasi ufficio pubblico”.

Non si perdona a nessuno il successo.

“C’è una parola tedesca, Schadenfreude, che significa piacere per la disgrazia altrui. Mi meraviglia che nel dialetto siciliano non ci sia questa parola. Dovrebbe avere la cittadinanza onoraria in Sicilia. Il piacere di vedere cadere gli altri è talmente forte qui. Perché non si trova un presidente per il Palermo? Qui appena tiri fuori la testa subito c’è qualcuno che te la stacca. Nella migliore delle ipotesi è un accertamento fiscale nella peggiore una richiesta di pizzo”.

E poi scatta sempre la dietrologia…

“Una delle domande più tossiche della parlata siciliana è ‘a te chi te l’ha fatto fare?’”.

A proposito, a te chi te l’ha fatto fare di venire qui al Biondo?

“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere per non essere troppo retorico. Diciamo che sono cose che devono essere fatte a tempo determinato per non cadere nell’errore del parlare e non fare”.

Palermo soprattutto nella cultura ha dato segnali di vivacità?

“C’è sempre stata questa caratteristica dei siciliani di essere i migliori e i peggiori del mondo. Se vai a Milano non li trovi due estremi come Falcone e Totò Rina. Quando vedi le statistiche di lettura con la Sicilia agli ultimi posti, devi considerate che ci sono lettori molto forti e una massa di persone che non legge”.

E in teatro?

“Forse siamo la città più stimolante ed eccitante. Basta pensare a Emma Dante. O a Davide Enia, Pirrotta, Cuticchio. Tu dimmi se c’è un’altra città che ha tutti questi talenti. Anche Napoli che è la capitale italiana del teatro non offre oggi questa stessa varietà. Per quanto poi Emma Dante trovi qui un fuoco di fila di critiche…”.

E torniamo all’inizio: qui è imperdonabile il successo.

“Imperdonabile”.

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