"Non favorirono Provenzano" | Mori e Obinu: assoluzione definitiva - Live Sicilia

“Non favorirono Provenzano” | Mori e Obinu: assoluzione definitiva

Il generale Mario Mori

Inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo. (Nella foto il generale Mario Mori).

IN CASSAZIONE
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PALERMO – Ricorso inammissibile. L’assoluzione del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu diventa definitiva. Lo ha deciso la Cassazione. I due ufficiali non favorirono la latitanza di Bernardo Provenzano. Non è passata la linea della Procura generale di Palermo secondo cui, la sentenza di assoluzione era “viziata da illogicità, contraddittorietà e da travisamento della prova”.

“La Suprema Corte con questa sentenza ha suggellato quelle che sono state le valutazioni espresse dai giudici di merito su queste vicende – spiegano gli avvocati Basilio Milio ed Enzo Musco – condensate in due monumenti del diritto di circa 1800 pagine, le sentenze di primo e di secondo grado. Oggi si è realizzata in primo luogo una vittoria delle Istituzioni e, poi, anche quella degli imputati, i quali hanno sempre servito fedelmente questo Paese ed hanno dato, con il loro comportamento processuale e con la rinuncia alla prescrizione, la ennesima prova di tale loro correttezza, attaccamento allo Stato e fiducia nella Giustizia. Questa sentenza – concludono – rappresenta anche la sconfitta di teorie e teoremi che necessariamente soccombono davanti ai fatti.” 

Regge la sentenza d’appello che aveva confermato l’assoluzione di primo grado per gli imputati. Nelle motivazioni il collegio presieduto da Salvatore Di Vitale scriveva che l’accusa non ha portato nel processo “prove univocamente idonee” per dimostrare che Mori e Obinu fossero in combutta con il padrino corleonese. Il loro operato, seppure criticabile, era giustificabile dal punto di vista investigativo.

La Cassazione chiude, dunque, un lungo capitolo giudiziario. Nelle trecento pagine delle motivazioni di appello si leggeva che “le condotte contestate agli imputati rendono evidente come il Tribunale correttamente abbia affermato che queste sono idonee a configurare l’elemento materiale del delitto di favoreggiamento”. I giudici parlavano di “scelte attendiste” in occasione del mancato blitz che, secondo l’accusa, avrebbe potuto portare alla cattura del padrino corleonese già nell’ottobre del 1995 a Mezzojuso grazie alle confidenze del pentito Luigi Ilardo. Gli stessi giudici, però, sottolineavano che il comportamento di Mori e Obinu poteva trovare una giustificazione diversa da quella sostenuta dall’accusa: “La scelta investigativa di privilegiare unicamente l’attesa di un nuovo incontro tra il Provenzano e l’Ilardo non era meramente pretestuosa o palesemente erronea, ed era stata condivisa, se non alimentata, dallo stesso Riccio (il colonnello Michele Riccio, ndr)… l’atteggiamento burocratico e poco solerte nell’avviare e condurre le indagini per l’identificazione dei due favoreggiatori del Provenzano indicati dall’Ilardo, pur sicuramente negligente e imperito, non è univocamente riconducibile alla consapevole volontà di favorire il latitante, potendo essere parimenti riconducibile alla scelta attendista volta a privilegiare in via esclusiva la prospettiva di un secondo incontro e di non compromettere la stessa attraverso attività investigative dirette che avrebbero potuto allarmare i destinatari ove scoperte, come per altro effettivamente accaduto nei confronti di uno dei suddetti favoreggiatori (Nicolò La Barbera) appena pochi mesi dopo la presentazione del rapporto ‘Grande Oriente’”.

Nella stessa sentenza d’appello, resa ora definitiva dalla Cassazione, i giudici si erano soffermati sul movente della Trattativa, a cui la stessa Procura generale aveva scelto di rinunciare, dimostrando di non avere raggiunto “la prova rigorosa” necessaria per sostenere che la mancata cattura di Provenzano rientrasse nel patto fra i boss e rappresentanti dello Stato: “Se, come detto, le risultanze processuali sono inidonee – secondo lo stesso Procuratore generale – a ritenere dimostrata la contestata aggravante del nesso teleologico, le stesse sono parimenti inidonee a provare la sussistenza del movente della Trattativa”. Un tema che, ottenuto il bollo della definitività da parte dei Supremi giudici, Mori porterà nel processo sulla Trattativa ancora in corso davanti alla Corte d’assise e che lo vede imputato.


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