"Spengo gli incendi come papà | Questi miei anni tra le fiamme" - Live Sicilia

“Spengo gli incendi come papà | Questi miei anni tra le fiamme”

Estate, stagione di incendi. E la storia di chi vigila da sempre sulle vita di tutti. Il caposquadra Francesco.

PALERMO – Con quegli stivali suo padre si era fatto largo tra le fiamme, aveva salvato delle vite, spento roghi che divoravano tutto ciò che incontravano. Al termine di una lunga giornata di lavoro erano ancora sporchi, ma a lui non importava: infilava i suoi piedi piccoli negli scarponi e sapeva già, che da grande, sarebbe diventato un vigile del fuoco. “I racconti di mio padre mi affascinavano, mi facevano man mano innamorare di questo lavoro. Ed oggi, a 53 anni, posso dire di essere felice di aver fatto questa scelta”.

Francesco, caposquadra al comando provinciale di via Scarlatti, in pieno centro a Palermo, ha già ventotto anni di servizio alle spalle ed è il punto di riferimento di molti colleghi. In oltre due decenni ne ha viste di tutti di colori. E ancora col dolore negli occhi racconta di essersi pure ritrovato a scavare tra le macerie per cercare il corpo senza vita di un collega. Sul cellulare mostra le foto dell’ultimo terribile incendio che ha reso necessario un intervento massiccio a Baucina, in un deposito di pneumatici. È l’ennesima nube nera, un nuovo inferno di fiamme, polvere e sudore che sfida ancora una volta il terrore: “Noi vigili del fuoco agiamo sempre in sicurezza, ma non ci fermiamo di fronte a nulla. Negli anni abbiamo imparato a gestire la paura- dice con fermezza – è ciò ci permette di non renderla un ostacolo, perché il nostro obiettivo è sempre quello di intervenire nel più breve tempo possibile per evitare il peggio. Allo stesso tempo, dobbiamo essere in grado di tornare sempre sani e salvi dalle nostre famiglie. Io, come caposquadra, devo pensare alla mia incolumità e a quella di altre cinque persone, nonostante il pericolo sia sempre dietro l’angolo”.

Eroi di tutti i giorni spesso schiacciati da una quotidianità dormiente, che si sveglia, quasi di soprassalto, soltanto di fronte alla catastrofe. “Quando si verificano calamità naturali o tragedie che sconvolgono profondamente la cittadinanza, ci si accorge della presenza dei vigili del fuoco. Ma noi in realtà ci siamo sempre e siamo spesso i primi ad intervenire. Basti pensare che gli eventi che più hanno segnato la mia vita sono quelli che riguardano terremoti, crolli, incidenti stradali. A novembre, ad esempio, sono stato nelle zone colpite dal sisma nelle Marche: incrociare lo sguardo di chi ha perso tutto e parlare con chi ha visto la propria casa crollare insieme ad ogni speranza, mi ha dato un motivo in più per dare sempre il meglio ed essere al servizio del prossimo”.

Ma la buona volontà spesso non basta. Per “dare il meglio” servono mezzi e uomini. “Qui mancano circa venticinque sottufficiali è una cinquantina di vigili – spiega -. Carenze del personale che avvertiamo tutto l’anno se consideriamo che Palermo in inverno si allaga e in estate è avvolta dalle fiamme”. E, in effetti, basta fare un salto indietro di un anno per ricordare la giornata infernale di metà giugno del 2016: furono più di cinquanta i roghi divampati da un capo all’altro della città e della provincia e, approfittando del vento di scirocco, i piromani fecero la loro parte. “Avevamo bisogno di decine di autobotti, di mezzi aerei, di tanti uomini. I nostri interventi furono immediati ed efficaci in molte zone, ma eseguiti con estrema difficoltà, al punto da dover utilizzare mezzi obsoleti, vecchi di vent’anni. Il centralino continuava a squillare, i cittadini protestavano. La verità è che siamo diventati il capro espiatorio”.

Il risultato è quello di una città e di un’intera regione che vengono prese puntualmente alla sprovvista dall’emergenza incendi, la cui origine è per lo più dolosa. Una situazione che diventa più grave nelle zone boschive perché mancano elicotteri e alcune flotte regionali che negli anni scorsi erano costituite da mezzi aerei del corpo forestale dello Stato: quest’anno, con la riforma ed il passaggio di competenze e risorse ai vigili del fuoco e ai carabinieri, non sono tutti disponibili.

Francesco ha l’amaro in bocca. Sa che l’impegno individuale non basta se le cose non cambiano. “In Sicilia abbiamo a disposizione soltanto due elicotteri, non possono essere sufficienti. Ci sono poi delle zone ripetutamente bersagliate a Palermo, anche difficilmente raggiungibili via terra, parlo di San Martino delle Scale, di aree impervie vicino a Giacalone, Monreale, Trabia, Bolognetta. Un’altra zona critica è contrada Inserra, alle spalle dell’ospedale Cervello, dove sulla dolosità degli incendi non c’è quasi mai dubbio”.

Ma non solo incendi. I ventotto anni di esperienza permettono a Francesco di ricordare interventi durante i quali farsi forza è stato più difficile che mai. Ma non c’era spazio per la paura, né per le lacrime. “Mi sembra ieri e invece sono passati diciotto anni – racconta -. Il crollo di via Pagano costò la vita al nostro collega Giuseppe Siciliano, che aveva tentato di mettere in salvo i suoceri che abitavano al terzo piano del palazzo. Trovammo il suo corpo senza vita, scavando con le mani tra le macerie, dopo tre giorni. Ancora oggi, quando al comando ricordiamo quei giorni, ci si spezza il cuore”.

E ancora l’incendio in via Montepellegrino che nel 1999 ebbe origine da un negozio di giocattoli. Anche lì morì un pompiere, Nicola Pillitteri, aveva 41 anni. “Fu terribile – racconta Francesco – ed ho i brividi ancora oggi se ci penso. La morte di un collega ti segna profondamente, ti costringe a riflettere. E pensi sempre che al posto suo potevi esserci tu. Rischiamo la vita ogni giorno per uno stipendio medio di 1200 euro al mese e a volte ci chiediamo se ne vale la pena. Poi ci rendiamo conto di essere nati per fare questo lavoro e continuiamo: d’altronde, essere vigili del fuoco, è per noi una missione”.


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