PALERMO – La stroncatura è netta. E forse, almeno stavolta, sarà fragorosa poiché proviene da Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, il giudice trucidato dalla mafia. Un martire che non ha avuto giustizia. Peggio, si è sgretolata la pseudo giustizia che per decenni una foltissima schiera di magistrati ha spacciato per verità.
Come abbiamo onorato i nostri morti? “Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo – ha dichiarato Fiammetta al Corriere della Sera, riferendosi a Vincenzo Scarantino – e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri…”.
La figlia del giudice mette i pubblici ministeri di fronte a alle loro responsabilità. E lo fa dimostrando coraggio nel citare nomi di peso nel panorama della magistratura italiana. Nomi finora appena sfiorati dalle critiche. A cominciare da quello di Di Matteo (qui la sua risposta), pm della Trattativa, oggi alla Direzione nazionale antimafia, che incarna nell’immaginario collettivo la figura del magistrato duro e puro che conduce una battaglia quasi solitaria per la verità, contro tutto e tutti. Le parole della figlia di Borsellino giungono a pochi giorni di distanza dal picco più alto toccato dalla popolarità di Di Matteo. Beppe Grillo lo ha designato ministro dell’Interno qualora i 5 Stelle andassero al governo. Il magistrato e i cinquestelle si sono sempre piaciuti. Un gradimento divenuto patto elettorale che avrà anche una sorta di cerimonia ufficiale. Il prossimo 25 luglio Di Matteo diventerà, infatti, cittadino onorario della città di Roma governata da Virginia Raggi.
Un linguaggio semplice e schietto quello di Fiammetta Borsellino che sintetizza anni di indagini e processi divenuti carta straccia. Poche parole che dovrebbero servire a chiudere definitivamente una stagione giudiziaria, dentro e fuori le aule dei Tribunali. Laddove non è stata sufficiente l’evidenza degli ergastoli annullati pochi giorni fa dalla Corte d’assise d’appello di Catania, su input dei pm di Caltanissetta, forse basteranno le dichiarazioni di Fiammetta, la più piccola dei figli del giudice. Il forse è dovuto al colpo di reni a cui si assiste in queste ore. Un rigurgito di chi non si rassegna al fallimento di un modus operandi.
“Sono stati buttati via 25 anni, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture”, ha aggiunto Fiammetta alla Commissione antimafia. A fallire è stata la magistratura. Si è perso troppo tempo dando retta a Scarantino e soci. Un ritardo ultra decennale che pesa sulle future possibilità di raggiungere la verità nient’altro che la verità. Se davvero c’è stato un complotto, se davvero le bugie dei pentiti non sono state una storiaccia da sottoscala di questura, se davvero menti raffinatissime hanno orchestrato il depistaggio allora bisogna ammettere che le stesse menti erano state brave a prevedere il fallimento della magistratura.
E cioè anche dei pm (Di Matteo, Petralia e Palma chiamati in causa ora da Fiammetta Borsellino) e dei giudici delle varie Corti che probabilmente spinti dalla voglia di consegnare un colpevole all’opinione pubblica subirono un abbaglio collettivo. C’erano tutti i presupposti per smascherare i finti pentiti, ma non fu ascoltato il grido degli avvocati, tacciati troppo in fretta di avere siglato un patto con il diavolo, e di alcuni giudici fuori dal coro.
Fiammetta Borsellino non vuole sentir parlare di sottovalutazione generale. “Chiamarla così è un complimento”, dice oggi. La giovane età dei magistrati di allora, il suo riferimento è a Di Matteo, non rappresenta un’attenuante: “So che dal 1994 c’è stato pure lui, insieme a quell’efficientissimo team di magistrati. Io non so se era alle prime armi. E comunque mio padre non si meritava giudici alle prime armi, che sia chiaro”. La figlia del magistrato elenca tutto ciò che si poteva fare e che non fu fatto. In questi anni nessun mea culpa è arrivato dalla magistratura, ma labili ammissioni. “Nei primi interrogatori abbiamo ritenuto che le dichiarazioni di Scarantino fossero genuine. Solo dopo abbiamo intuito che fossero inquinate”, disse in aula Di Matteo, citato come testimone al Borsellino quater. Eppure nella sentenza del processo Ter, la Corte d’assise allora presieduta da Carmelo Zuccaro, oggi procuratore di Catania, era stata lapidaria nel giudizio. Nelle motivazioni si parlava di di “parto della fantasia” dei pentiti. Un giudizio che non scalfì le convinzioni di Di Matteo e Palma che proposero appello contro alcune assoluzioni.
Nessuno è mai venuto a chiedere scusa, indaffarati com’erano e come sono a dispensare verità nei pubblici convegni e ad attaccare misteriose canaglie di Stato che ostacolano il loro lavoro. Si è persa l’occasione per un dibattito critico e costruttivo senza alzare steccati. Si è scatenata una bagarre da tifoseria. Movimenti, agende rosse e scorte civiche hanno costruito simboli e icone antimafia. Il risultato è un contrasto evidente e insanabile. Nella galleria dove finora giganteggiava l’immagine dell’abbraccio fra Salvatore Borsellino e Massimo Ciancimino si fanno largo le parole di Fiammetta Borsellino che chiama in causa i pubblici ministeri. Dunque anche Di Matteo, sempre difeso dai supporter dell’antimafia. Nulla a che vedere con l’attacco frontale di Salvatore Borsellino nei confronti di chi è andato oltre la stagione giudiziaria firmata Tinebra, Palma e Di Matteo e cioè dei pubblici ministeri di Caltanissetta. Proprio loro che hanno contribuito a smascherare le bugie dei pentiti si sono “meritati” le parole durissime del fratello del giudice che arrivò a “condannare” uno dei pm, Stefano Luciani, “colpevole” di non avere incrociato il suo sguardo per un saluto durante un’udienza.
Quella dei Borsellino è una storia di un dolore comune, ma anche di una militanza giudiziaria urlata che contrassegna solo alcuni che portano il cognome del magistrato. I figli di Paolo – Manfredi, Lucia e Fiammetta – hanno scelto la strada di un lungo e rispettoso silenzio, tracciando un solco fra loro e gli altri. Un solco scandito dalla scelta di non presentarsi come parte civile sotto un’unica insegna. Salvatore Borsellino, con l’avvocato Fabio Repici, da una parte; dall’altra i figli del magistrato che solo di recente hanno sentito l’esigenza di gridare “giù le mani” dal cognome Borsellino. Quando cioè hanno capito che per troppo tempo sono stai attorniati da “amici” e addirittura “eredi di Paolo”. Eppure, dice ora Fiammetta, “nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno. Né un magistrato, né un poliziotto”.
Sono parole che potrebbero servire, una volta e per tutte, per lasciarsi alle spalle una lunga stagione giudiziaria in cui tutto è stato concesso e perdonato. In nome della verità da raggiungere le maglie processuali si sono allargate a dismisura, prestando il fianco a pentiti bugiardi o smemorati. E così si è dato spazio alle prove che si volevano vedere piuttosto che a quelle c’erano.
Ecco allora spuntare per ultimi, in ordine di apparizione, i ricordi di Armando Palmeri, autista del capoamfia di Mazara del Vallo Vincenzo Milazzo, ammazzato cinque giorni prima di Borsellino. Palmeri pentito lo è da anni, ma di recente è stato riascoltato dai pm di Caltanissetta ai quali ha raccontato di incontri, a cavallo delle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui uomini dei servizi segreti chiesero a Milazzo di attivarsi per “la destabilizzazione dello Stato”. Assieme a Palmeri di fronte ai pm c’era anche il suo legale. E cioè quell’Antonio Ingroia che da avvocato continua ad occuparsi delle stesse cose di cui si occupava da magistrato e coordinatore dell’accusa nel processo sulla Trattativa. Sono le porte scorrevoli del fortino della giustizia. Come se alcuni magistrati, in carica ed ex, godessero di una privativa, un monopolio su certi fatti e indagini. E soprattutto fossero immuni da critiche. Nel frattempo è Fiammetta Borsellino a doversi scusare per gli anni di carcere inflitti a tanti innocenti.
Le parole di Fiammetta sono storiche e contengono molte verità, come quelle di Leonardo Sciascia. Però non cadiamo nell’eccesso opposto. Di Matteo avrà anche sbagliato, ma è sempre dalla nostra parte. Buoni contro cattivi.
“La classe politica e’ lo specchio della società civile”. PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MARSALA, ALESSANDRA CAMASSA
Anche la fantasia giornalistica ha le sue dinamiche ,ma l’equiparazione Di Matteo a Tinebra, ad esempio,è veramente parabolica!
Quale è la spiegazione per cui Di Matteo e’ il magistrato più minacciato dalla mala pianta con tutte le sue “appendici”?
Credo che le storie personali di ogni magistrato di cui parla Fiammetta Borsellino parlino ampiamente da sole!
“il regime de mistero” cinquant’annid’intrecci tra poteri criminali, finanza internazionale, interessi commerciali, traffici e contrabbandi tutti dentro un pentolone rimestato dai cabotaggi piccoli e grandi della politica. Posizione geografica disgraziata che ha generato “tra lusinghe e torture” in Sicilia il “regime del mistero”. C’è chi ne fa partire l’origine all’omicidio di Joe Petrosino, chi alla grande alleanza che consentì lo sbarco delle truppe alleate nel 1943 ed affermò con la prima strage della Repubblica (Portella) che i poteri istituzionali e criminali hanno dialogato segretamente per Reciproca convenienza. Sicilia teatro internazionale delle convivenze:Americhe, Paesi ACP, SudEst asiatico, Europa Orientale e la enorme riviera mediterranea. “Cerchiamo i soldi” dispone il dr. Falcone, e il dr. Borsellino rileva che tanti forzieri venivano indicati dagli osservatori dell’economia in Sicilia ed in particolare a Trapani. Già allora le cronache attenzionavano crac bancari e finanza deviata al centro di traffici dubbi. Un modesto lettore di cronaca come me veniva confuso dalle miriadi di informazioni su poteri occulti e complicità governative, e tale rimango ancora oggi. Modesto lettore che spera tanto che la domanda dei figli del dr. Borsellino possa trovare quella risposta autentica che consegni ai martiri dello Stato nella lotta alla mafia il risultato delle verità per i quali sono morti. Da cristiano professante mi unisco in preghiera alle famiglie delle vittime di tutte le stragi, e da cittadino rispettoso dei simboli dello Stato mi emoziono sulle note del silenzio intonato da un picchettò d’onore. So che questa emozione unisce il popolo siciliano alla famiglia Borsellino e loro tramite simbolicamente a tutte le altre famiglie orfane dei nostri eroi. Questo, senza alcuna ipocrisia d.ssa Fiammetta. Coraggio, e vada avanti nella sua vita da erede del grande Paolo.
Carissima Fiammetta Borsellino il Suo dolore, quello che riesce ad emergere nella rabbia di queste dichiarazioni e quello sterminato , sommerso, con cui è cresciuta e con cui ha diviso la sua “solitudine “, mi avvince. Ho ammirato sempre la Sua posizione defilata dalle vomitevoli lusinghe dei tanti, troppi tenori della legalità che fuori dal palcoscenico…dai cortei , sussurrano e… stringono le mani. Oggi ammiro anche il suo traboccare nel disgusto franco verso gli “amici” , “gli allievi” ed i pifferai dalla lacrima facile che hanno reso insopportabile la loro alitosi “nel nome di Paolo”. Io, persona qualunque, mi commuovo ancora, come allora, al ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino…..ed allora ero poco più che adolescente…come me tanti altri. La solitudine di cui parla rivela soltanto la impostura…dei contigui , disonesti o scemi….Le persone semplici, normali , “gli impotenti” sono al vostro fianco e non hanno facce o voci per irrompere nella vostra solitudine ma hanno gli occhi lucidi e schiumano di rabbia nel sentire martellare questo dolore.
che ha fatto?
Di Matteo è il magistrato in vita più a rischio in questo momento. L’aspetto curioso è che rischia più di altri magistrati seri ed impegnati sul fronte della ‘Ndrangheta e della camorra, che come è noto, oggi contano e sono molto più pericolose di cosa nostra. La spiegazione sta nel fatto che Di Matteo sta portando avanti un processo che porta alla sbarra i veri mandanti delle stragi, che a differenza dei processi del passato, non farebbero parte di cosa nostra. Fiammetta Borsellino, cui va tutta la mia vicinanza umana, non può non tenere conto di questi aspetti, quando mette nello stesso calderone Tinebra e l’allora trentenne Di Matteo. Così facendo fa involontariamente il gioco di chi, da dentro le istituzioni deviate, da dentro cosa nostra, ma sopratutto di tutti coloro che a vario titolo parteggiano per questo cancro, cercano in ogni modo di delegittimare il processo Trattativa e la persona stessa di Di Matteo.
Il gioco si è fatto a suo tempo cercando la verità nelle persone sbagliate…con chi deve prendersela Fiammetta?
Poteva essere fatto tanto, tantissimo, sino a salvare due vite umane: quella di Giovanni Falcone e quella di Paolo Borsellino. Tutti sapevamo che dovevano morire e infatti, morirono e lo Stato Italiano non riuscì a salvarli. Non fu un assassinio a tradimento. Furono due morti annunciate. Che Stato Fu?
@ Remo
Mi chiarisce perché Di Matteo è il magistrato più a rischio?
Perché lo ha detto un collaboratore? (senza riscontri)
Perché è il pm della così detta trattativa? (Quindi obiettivo omicidiario di Mori, Subranni e qualche altro loro collega).
Perché è il più scortato…?
Me lo dica, la prego.
Sono più disponibile ad accettare qualunque fondata e intelligente considerazione.
i nomi eccellenti devono venire fuori come i nostri politici ….i servizi segreti ……..non e’ stata solo la mafia ad uccidere falcone borsellino
Se il processo Trattativa è costruito come quello a Scarantino siamo messi male
E anche quest’anno l’imbroglio è servito. Molto più raffinata degli anni passati, l’azione di depistaggio trova la sua apoteosi alla fine del docu-film andato in onda ieri, là dove, nei titoli di coda si ringrazia Manfredi Bordellino per la sua preziosa collaborazione. E come contraddire quanto asserito se poi, in più, si parla (e per la prima volta) di dossier mafia-appalti, come auspicato da Fiammetta? Eppure il puzzo dell’imbroglio è fortissimo e per molti di noi palermitani è assolutamente insopportabile. Questo puzzo lo si può visualizzare facendo tre nomi:
– Carmelo Canale, colui che Borsellino chiamava “mio fratello”, colui che era l’ombra del Magistrato, che sa molto, ma che proprio per questo viene puntualmente “dimenticato”.
– – Rita e Salvatore Borsellino, lontani dal fratello quando questi era in vita, ma sempre pronti a rispolverare ricordi di eventi mai vissuti.
E così, come si fa a spiegare agli amici di Bordighera o di Varese che siamo ancora ben lontani dalla Verità se poi a tutto ciò si aggiunge il vanesio Attilio Bolzoni che con aria contrita sospira “La Magistratura ha fatto tutto quel che poteva fare…”?
La farsa continua. Non ho speranze.
La mia gratitudine, la mia stima ed ammirazione per Fiammetta, Manfredi e Lucia oggi raggiunge quella massima nei confronti di persone coraggiose, determinate, razionali e giuste. Non è piaggeria di certo per chi mi conosce, ma solo il giusto riconoscimento e la dovuta solidarietà e sostegno a dei figli che hanno saputo onorare la memoria, l’esempio e la rettitudine di Paolo Borsellino.
Oggi, ne sono certo, dal Trono dell’Altissimo sarà orgoglioso e fiero di avere avuto questi suoi 3 figli. veri ed unici eredi della sua storia terrena.
@ Remo
Lei sostiene che il PM Di Matteo è il più a rischio perché sta “portando avanti un processo che porta alla sbarra i veri mandanti delle stragi”.
Benissimo.
E se, come prevedibile, questo processo arriverà ad un binario morto, Lei non crede che avrà lo stesso effetto del processo Andreotti?
Quale è stato questo effetto? Ci rifletta bene…
La VERITA’ rimarrà ben nascosta, anche, questa volta?
Perchè??? Incompetenza? Ego? Al resto non voglio pensare….
Resta il fatto che tutta sta protezione, sembra che sia più propedeutica alla salvaguardia dello status quo più ché per il reale rischio.
La Signora Fiammetta Borsellino deve e vuole tenere conto solo dei fatti veri, non delle fantasie e dei teoremi che tanto nutrono le ideologie personali e/o di gruppo.
Sig. @Anello (al naso) La prego, aggiunga rimonti o smonti il mio pensiero
Palmeri pentito lo è da anni, ma di recente è stato riascoltato dai pm di Caltanissetta ai quali ha raccontato di incontri, a cavallo delle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui uomini dei servizi segreti chiesero a Milazzo di attivarsi per “la destabilizzazione dello Stato”
servizi segreti spuntano sia per l’assassinio di Falcone sia per quello di Borsellino.Si deve fare subito giustizia non si possono aspettare i prossimi venticinque anni. Mattarella e Grasso si facciano sentire per quanto possibile per scoperchiare il verminaio di apparati dello stato coinvolti negli assassini di gente che faceva solo il proprio dovere da servitore dello stato e lasciata spesso sola.Come si può altrimenti continuare a chiedere a tutti gli altri servitori dello stato di fare il proprio dovere?vogliamo lo sfacelo totale della società?
@ Beato Paolo
Il suo commento è lucido e intelligente. Ineccepibile.
Aggiungo: un giorno si capirà perché si è voluto questo processo sulla “trattativa”? Allo stato delle cose sembra una cortina di protezione di scenari da archiviare.
Cordialità
Io sto con Di Matteo!
Io sto con Rita e Salvatore Borsellino!
Indignazione più che giusta, quella di Fiammetta Borsellino …
E fa benissimo a dire chiaro e tondo ciò che in molti sanno, ma nessuno dice …
da cosa lo deduce ?
brava Fiammetta, è la più giovane dei figli di Borsaellino ma parla bene, direi a nome di tutti gli italiani che credono nella giustizia
Anello, capisco che quando le toccano Cuffaro o Contrada lei vede rosso, figuriamoci se difendo Di Matteo, ma se vuole una spiegazione gliela do, non so se la riterrà “intelligente” ma non mi sottrarrò. Di Matteo è l’uinico in Italia (fonte ministero dell’interno) ad avere lo strumento che neutralizza i sistemi radio di innesco degli esplosivi. Esplosivi che più mafiosi hanno ammesso che sono stati approvvigionati e stoccati per Di Matteo. Riina in persona ne ha parlato più volte in carcere come persona da eliminare facendogli fare la fine del tonno. È il magistrato più a rischio secondo gli ultimi tre ministri degli interni.
Io tendo a fidarmi delle notizie note, logiche ed ufficiali, lei la pensi come più le piace.
Saluti
Beato Paolo, mi spiega con esattezza come è finito il processo Andreotti?
@Alessandro
Mi perdonerà se non risponderò pedissequamente alle questioni da Lei poste. Però sintetizzo prendendo spunto dal Consiglio d’Egitto, il primo romanzo storico di Leonardo Sciascia. Ecco, su che cosa sia “verità” e che cosa “impostura” ho un pensiero coincidente con quello di Sciascia. Mi sembra, ma potrei sbagliarmi, che Lei su questi temi sia più prossimo a Camilleri. Mi perdoni, ma la mando giù dura: Sciascia è un campione riconosciuto di analisi e di letteratura; Camilleri lo è di efficacia comunicativa e di narrativa commerciale.
Saluti,
Come era prevedibile, Anello al naso chiede di entrare nel merito agli altri, ma risulta inadatto a fare altrettanto.
Ancora non ci ha spiegato come è finita la sentenza di Andreotti, così come non ha ribattuto alle risposte semplici circostanziate, prese da fonti ufficiali conosciute da tutti lui compreso, in merito ai rischi a cui è sottoposto Di Matteo.
Ma era tutto previsto.
Una sola cosa mi preme dirle: non citi Sciascia. Era un intellettuale che se solo avesse immaginato i danni e le strumentalizzazioni, che la sottocultura sicula avrebbe fatto sulla sua affermazione sull’antimafia di professione, si sarebbe guardato bene dal farla.
@Alessandro.
Ha ragione. Lei prevede tutto. Io, invece, non avevo previsti il suo tono sprezzante. E’ un mio vecchio debole. Pensavo di interloquire con una persona soltanto un po’ condizionata, coma la massa, dalla impostura della comunicazione efficace, ma disponibile anche a spostarsi su un campo più ampio e più profondo. Lei, invece, prevede. Ed io non ho interesse a parlare con i maghi della storia. Adieu. Mi scuso per i refusi.
PER TUTTI
A proposito di fonti ufficiali: la sentenza che si basò sulle rivelazioni di Scarantino era una fonte ufficiale, ufficialissima.
Così, tanto per non dimenticare.