Berlusconi dice no ad Alfano | E Micciché si adegua al capo - Live Sicilia

Berlusconi dice no ad Alfano | E Micciché si adegua al capo

Il Cavaliere: "Non torneranno transfughi e traditori". In Sicilia Ap sospesa tra destra e sinistra

Tra Politiche e Regionali
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PALERMO – “Non accoglieremo nessuno di coloro che hanno lasciato Forza Italia tradendo gli elettori e sono andati addirittura a sostenere il governo della sinistra”. Il Cavaliere chiude ad Alfano le porte del partito. E socchiude quella della coalizione. Al programma televisivo “In Onda” e poi anche sulle pagine de Il Giornale, Silvio Berlusconi ribadisce sostanzialmente il suo “no” al ritorno “a casa”, tra gli altri, del Ministro degli Esteri. Con il quale è ripartito comunque un dialogo. Soprattutto in Sicilia, dove il leader di Alternativa popolare sta trovando la disponibilità del coordinatore azzurro Gianfranco Micciché che però si allinea al Cav e in una intervista al Mattino precisa: “Il partito di Alfano può essere una delle gambe della nostra coalizione per le Regionali”.

Ma i “traditori” non torneranno in Forza Italia. Altra cosa è, spiega Berlusconi, un riavvicinamento all’interno di una coalizione che punti a vincere le prossime elezioni: “Se questi transfughi – ha proseguito, ribadendo quell’appellativo – decidono di tornare nel centrodestra formando un loro nuovo movimento o aggregandosi a movimenti che già esistono, bene”, anche perché prosegue Berlusconi, un centrodestra “più vasto” è “una cosa positiva che ci consentirà verosimilmente di vincere le prossime elezioni”.

Intanto, però, il partito di Alfano negli ultimi giorni è tornato sui giornali soprattutto per le dimissioni degli uomini presenti nel governo Gentiloni. L’ultima, in ordine di tempo, quella del sottosegretario al Lavoro, il pugliese Massimo Cassano, che sembra pronto, al di là del diktat del Cavaliere, al rientro in Forza Italia: “Cassano? Non fa perdere ad Alternativa popolare la Puglia” ha commentato gelido Alfano. Ma i cancelli di Ap sono ormai aperti. Di tre giorni fa sono le dimissioni del Ministro degli Affari regionali Enrico Costa. Dove andrà lui? Una indiscrezione viene fornita dallo stesso Berlusconi in diretta televisiva: “Costa? Io non l’ho sentito. Ma credo abbia parlato con altri protagonisti di Forza Italia”. Riprende il dialogo anche con lui. Un altro “pezzo” di Ap che se ne va?

A questo punto, cosa resta al partito di Alfano? Lo stesso politico agrigentino ha sgombrato il campo dalla possibilità di un accordo con Denis Verdini, utile magari per puntellare un movimento che rischia di stare sotto la soglia del tre per cento alle prossime politiche “Non abbiamo nessun programma di lavoro con Verdini – ha sottolineato il ministro degli Esteri – non abbiamo alcuna storia in comune, ciascuno si tiene orgogliosamente la propria e dunque non abbiamo nessun programma in comune per il futuro: zero, zero, zero”.

E allora? Cosa resta ad Alfano? Resta, ed è un po’ una sorpresa, Gianfranco Micciché. Nell’Isola che andrà al voto pochi mesi prima delle politiche e che influenzerà, col suo risultato, anche l’esito delle elezioni per Montecitorio e Palazzo Madama. Un dialogo che è stato in qualche modo suggellato dall’idea del coordinatore di Forza Italia di lanciare nella corsa per la presidenza della Regione l’imprenditrice Barbara Cittadini, moglie del coordinatore di Alternativa popolare in Sicilia, Dore Misuraca. Tentativo fallito. Oggi al quotidiano “Il Mattino”, Micciché ha di fatto ribadito lo schema del Cavaliere: “Nessuno entrerà in Forza Italia, ma gli uomini di Alfano potrebbero essere la ‘quarta gamba’ della nostra coalizione”.

Con quale candidato? La presenza di Alfano rischia infatti di compromettere l’ipotesi Musumeci, sgradita ai moderati. E gli alfaniani, nonostante tutto, fanno la voce grossa: “Riteniamo di avere energie e forze per esprimere una nostra candidatura a presidente della Regione. Non faccio il nome per non bruciarlo. Durante le consultazioni, che faremo con le altre forze politiche, vedremo se emergerà su una rosa di nostri nomi una possibile convergenza”. I candidati, appena 48 ore dopo diventeranno addirittura tre. Ma sulle alleanze, ancora una dichiarazione vaga, che non specifica, ad esempio, se “le altre forze politiche” sono quelle del centrodestra o le stesse che hanno atteso Grasso fino all’altro ieri e che, con Alfano, hanno concorso alla rielezione a Palermo di Leoluca Orlando. E così, Alfano finisce in mezzo tra chi lo definisce un “traditore” (è il caso di Berlusconi) e chi lo ha pubblicamente sbeffeggiato. Renzi, in quest’ultimo caso, col suo: “Se non prende il cinque per cento dopo essere stato ministro di tutto…”. Adesso il problema non è più il cinque, ma il tre. Che Alfano dovrà impegnarsi a centrare da solo. Forza Italia, per lui, resta un discorso chiuso.


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