Le "giovani leve" di Cosa nostra |Ricambio generazionale nei clan - Live Sicilia

Le “giovani leve” di Cosa nostra |Ricambio generazionale nei clan

La fotografia scattata dalla Direzione Investigativa Antimafia.

La relazione della Dia
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CATANIA – “Le “giovani leve” di Cosa nostra tendono ad affiancarsi, se non addirittura a sostituirsi, alla generazione criminale precedente”. La Direzione Investigativa Antimafia nell’ultimo capitolo della relazione, dove si analizza l’evoluzione del fenomeno delle mafie nell’ultimo semestre dello scorso anno, svela il profilo dei giovanissimi che stanno cercando di ricoprire i vuoti di potere lasciati dai boss che sono finiti in carcere. Giovani che avrebbero dimostrato, in alcuni casi, forte carisma criminale a livello militare e non solo. La Dia infatti pone l’accento anche sulle doti manageriali di questa nuova generazione di potenziali boss che “stanno investendo capitali verso aree d’impresa innovative e ad alto contenuto tecnologico; settori sino ad oggi apparentemente esclusi dalla sfera d’interesse delle mafie”.

Ma la Dia non porta solo risultati investigativi, l’analisi sul profilo delle giovani leve di Cosa nostra si fonda anche su informazioni statistiche che si rifanno ai numeri degli arrestati e denunciati per reati legali alla criminalità organizzata. Cifre che hanno portato a un rilevante abbassamento della fascia d’eta dei soggetti coinvolti nelle inchieste di mafia. “Se infatti si ripartiscono per fasce d’età i soggetti arrestati o denunciati, nell’ultimo quinquenni – scrive la Dia – per i reati propri di mafia si nota come la fascia ricompresa tra i 18-40 anni abbia assunto una dimensione considerevole e tale, in alcuni casi (2015), da superare quella dei 40-65”.

La fotografia scattata dalla Dia è molto attuale con quanto è accaduto e sta accadendo all’interno di Cosa nostra catanese e negli altri clan. Un “ricambio generazionale” necessario per riassettare i vertici azzerati da blitz e retate. Una fase che porta a fibrillazioni  e prove di forza. Sono pronti ad armarsi queste giovani leve: il ritrovamento dello zaino a San Giorgio con un mitra e una pistola e la riserva di coca ed erba è il chiaro di segno di una “chiamata alle armi”. Alcuni mesi fa le Volanti hanno bloccato un gruppo di fuoco composto da giovanissimi che hanno legami con la criminalità organizzata che gestisce le piazze di spaccio di San Berillo Nuovo e San Leone. Una “corrente” dei Cursoti Milanesi, per essere precisi.

E’ un momento di frizioni e tensioni nei clan catanesi. Non a caso la Dia scrive: “È nei momenti di “assenza” dei capi, dovuti ai duri colpi inferti dallo Stato, che si registrano le più accese contrapposizioni interne”. A Catania i giovani “picciotti”, quasi a emulare Gomorra, sono pronti alle incursioni con gli scooter, armi bene in vista, per dimostrare chi comanda nel quartiere. I soldati dell’ex super latitante Andrea Nizza ne hanno organizzato diverse di sfilate armate a San Cristoforo e a San Giovanni Galermo. Nel primo caso il messaggio era per i Cappello, e in particolare – ha raccontato un pentito durante un processo – per Massimiliano Salvo (figlio di Pippo U Carruzzeri).

La Dia parla di “una cupola anomala alla quale prenderebbero parte reggenti, scarcerati per fine pena e figli d’arte”. Per figli d’arte non si intende solo i “junior” degli uomini d’onore e dei boss in cella, ma anche fratelli, nipoti, cognati, generi. Il “legame di sangue” è ancora importante. Nel 2009 Sebastiano Lo Giudice, nipote del “Carateddu”, aveva deciso di diventare “il principe” della mafia catanese. Un criminale, quindi, in cui scorreva il “sangue” dei Bonaccorsi, spietati boss e killer della frangia armata dei Cappello. In questi ultimi mesi sono emersi altri nomi legati ai mafiosi storici della malavita catanese. Come i giovanissimi figli di alcuni fratelli Nizza, arrestati nel blitz Polaris, o Carlo Burrello, genero di Marcello Magrì indicato dagli inquirenti dell’inchiesta Kronos come uno dei componenti della nuova cupola dei Santapaola. Ma il nuovo reggente di Cosa nostra catanese sarebbe Francesco Santapaola, cugino di secondo grado del padrino Nitto. Un parente magari lontano, ma comunque una persona che porta il cognome del capomafia indiscusso.

E’ la stessa Dia a porre in evidenza questo cambio ai vertici dei clan catanesi. “Un spinta per un ricambio generazionale che si avverte anche nel versante orientale dell’Isola – si legge nella relazione – dove giovani gregari e appartenenti a storiche famiglie sarebbero saliti al vertice di cosa nostra catanese, perpetuando il potere intimidatorio dell’organizzazione attraverso le estorsioni e l’usura”.

 


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