''Mafia, affari e soldi sporchi'' | Sequestrate otto pompe di benzina - Live Sicilia

”Mafia, affari e soldi sporchi” | Sequestrate otto pompe di benzina

Uno degli impianti Motoroil sequestrati

Indagini della Dia a Palermo, Catania e Trapani. IL VIDEO

MISURE DI PREVENZIONE
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PALERMO – Ci sarebbero i soldi sporchi della mafia dietro il business dei carburanti. La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha sequestrato otto impianti che valgono nove milioni e mezzo di euro.

È una costola dell’indagine che già due anni fa portò al sequestro del patrimonio del ragioniere di Villabate Giuseppe Acanto e dell’imprenditore palermitano Giuseppe Ingrassia. Era il 2015 e il provvedimento era firmato dalla sezione Misure di prevenzione de Tribunale di Palermo, allora presieduta da Silvana Saguto, oggi indagata e sospesa. Il patrimonio Acanto rientrerebbe nella mala gestio scoperta dai pm di Caltanissetta e dalla polizia tributaria.

Il nuovo collegio decise nei mesi successivi di revocare una grossa fetta del sequestro. Furono escluse una serie di società e cooperative di cui Acanto era stato solo revisore dei conti o consulente. Storia singolare, secondo la Dia, quella di Acanto, alla testa di un reticolo di cooperative: prima braccato da Cosa nostra, poi in affari con Cosa nostra. La mafia avrebbe capito che le sue capacità andavano sfruttate anche a costo di perdonargli la grave colpa di avere raggirato alcuni uomini d’onore. Perché il ragioniere Acanto era socio di Giovanni Sucato. Quel Sucato che negli anni Novanta si guadagnò l’appellativo di “mago dei soldi”, promettendo di raddoppiare in breve tempo i capitali che gli venivano consegnati. All’iniziò fu davvero così, dalle sue mani transitarono 10 miliardi di lire, poi la truffa venne a galla. E c’erano cascati anche personaggi che contavano. Acanto, che nel 2001 sfiorò l’elezione all’Ars con il Biancofiore, era stato sospeso dal Consiglio di disciplina dell’ordine regionale dei commercialisti, ma riammesso da quello nazionale. Ed è così tornato ad esercitare la professione.

Due anni, su proposta della Dia diretta da Nunzio Ferla, era finito sotto sequestro la metà del capitale sociale della Motoroil srl riconducibile ad Acanto e Ingrassia. Era l’operazione che riguardava alcune imprese che lavoravano all’interno del mercato ortofrutticolo. Si era salvata la parte intestata a Elisa Di Girolamo, moglie dell’imprenditore palermitano Antonio Crocco, che ora viene colpita dal nuovo sequestro deciso dalla Sezione Misure di Prevenzione presieduta da Raffaele Malizia. Il giudice delegato è Luigi Petrucci.

L’amministrazione giudiziaria dovrà occuparsi di otto impianti di carburante a Palermo, Catania, Caltanissetta, Messina e Trapani. Secondo l’accusa, Crocco sarebbe stato estromesso da Acanto e Ingrassia nella gestione societaria quando vennero a sapere che c’erano debiti per 600 mila euro.

Ecco l’elenco degli impianti a marchio Motoroil: via via Messina Marine 196, via Lanza di Scalea 686 (Palermo), via Giacomo Matteotti 9 (Villabate), strada statale Campo Sottano (Partinico), via Nuova Circonvallazione (Caltanissetta), stradale Primo Sole, Pantano d’Acri (Catania), via Fragale (Torenova-Messina), strada statale 187, località Petrazzi (Castellammare del Golfo).


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