Sanità, caos nella "Consip siciliana"| Stop al mega-appalto sui pannoloni - Live Sicilia

Sanità, caos nella “Consip siciliana”| Stop al mega-appalto sui pannoloni

Annullata la gara da 115 milioni. Ombre sulla struttura che avrebbe dovuto cancellare gli sprechi.

PALERMO – Una sua denuncia aveva sollevato il velo sullo scandalo dei “pannoloni”. Ma la nuova gara, voluta dal dirigente Fabio Damiani è stata annullata dal Tar. Anche questa nel cestino. Un bando da quasi 115 milioni di euro.

È il destino beffardo di questo appalto, diventato il simbolo di ogni spreco, insieme alle notizie del procedimento giudiziario a carico dell’allora manager dell’Asp di Palermo, Salvatore Cirignotta. Tutto doveva essere risolto dalla nascita della cosiddetta “Centrale unica per la committenza”. Una struttura sorta all’interno dell’assessorato all’Economia guidato dal renziano Alessandro Baccei. Al vertice di questo ufficio delicatissimo, l’assessore ha voluto un dirigente chiamato direttamente dall’Asp di Palermo: Fabio Damiani, appunto, assai gradito alla stessa area politica dell’assessore, e nel frattempo anche responsabile dell’Economato dell’azienda sanitaria palermitana.

Ma la Centrale, al momento, non sembra aver risolto tutti i problemi. Anzi. L’ultima pronuncia del Tar ha annullato proprio il mega-bando sui pannoloni che la Regione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale europea nel marzo scorso. Il motivo? Così come è stato voluto, il bando avrebbe finito per tagliare fuori le piccole e medie imprese, favorendo, di fatto, i colossi e le concentrazione. Un po’ i rischi sollevati qualche mese fa dallo stesso governatore Rosario Crocetta che aveva puntato il dito proprio contro il “sistema Consip siciliano” e che avrebbe finito per danneggiare le imprese siciliane, disse il presidente della Regione che attaccò duramente, in quell’occasione, il suo stesso assessore Baccei.

La sentenza del Tar mette nero su bianco molti di questi dubbi, accogliendo il ricorso della società “Tecnologie sanitarie e sportive srl Unipersonale”, difesa dagli avvocati Ugo D’Angelo e Giuseppe Sciuto. La società ha lamentato, di fatto, l’impossibilità di partecipare a due dei quattro lotti in cui è stato suddiviso il bando. Si tratta dei lotti più ricchi, da oltre 110 milioni di euro complessivi sui 115 dell’intero bando. Il motivo dell’esclusione contro cui si è opposta l’azienda è legata ai limiti minimi di fatturato per partecipare alla gara. La società ricorrente infatti ha un fatturato da quasi 8 milioni di euro, mentre i requisiti del bando consentivano, per quei due lotti, la partecipazione di imprese con un fatturato comunque superiore ai 13 milioni.

Requisiti, però, illegittimi secondo il Tar, visto che violerebbero una delle norme contenute nel cosiddetto “Codice degli appalti”: “Nel caso di suddivisione in lotti – si legge nel Codice – il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese”. Cosa si intende per “piccole imprese”, viene chiarito poche righe sotto nella sentenza del Tar, che riprende un altro passaggio del Codice degli appalti: in cui si spiega che le piccole imprese sono quelle “che hanno meno di 50 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro [e] micro imprese le imprese che hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro”.

Il bando avrebbe quindi tagliato fuori i più piccoli, favorendo i grandi. I piccoli, a loro volta, avrebbero potuto “consorziarsi”. Ma questa, spiega il Tar, deve essere considerata una possibilità per le imprese e non un obbligo. “E’ evidente quindi – scrive il Tar – che, pur essendo congrui i requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti (questione questa peraltro non contestata in ricorso), di fatto viene esclusa la possibilità di partecipazione in forma singola, quanto meno da parte delle microimprese e delle piccole imprese, qual è la ricorrente”.

Ma il Tar entra anche nel merito dell’utilità del “metodo Consip”, ossia degli effettivi risparmi che verrebbero portati in dote dalla Centrale unica siciliana, facendo riferimento a una direttiva sugli appalti in cui si spiega che “l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di evitare un’eccessiva concentrazione del potere d’acquisto e collusioni, nonché di preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le Pmi”.

E i giudici amministrativi aggiungono: “Solo un confronto competitivo ampio, attraverso la più ampia partecipazione di operatori privati può consentire di conseguire un maggior risparmio economico per le stazioni appaltanti. In sostanza quindi, ferma restando la bontà dell’obiettivo della centralizzazione delle gare (vedi centrali uniche di committenza), non è vero che l’aggregazione in ‘maxilotti’ determini di per ciò solo un risparmio di spesa per la stazione appaltante, essendo invece vero il contrario”. Insomma, il bando è illegittimo e non era nemmeno così scontato che consentisse un effettivo risparmio. Una “doppia bocciatura” che accende però i riflettori sul sistema Consip siciliano. Proprio di ieri, infatti, la notizia di un altro mega-bando bocciato: sospeso, per la precisione, quello da 163 milioni di euro per i servizi di ristorazione nelle aziende sanitarie e ospedaliere siciliane. Un bando non così chiaro, secondo la ditta che si è opposta. Un ricorso accolto dal Tar. Come quello che ha buttato nel cestino la gara per i pannoloni. Un altro flop della Centrale che doveva cancellare gli sprechi in Sanità.


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