Estorsione con metodo mafioso | Tre anni e sei mesi per Miccoli - Live Sicilia

Estorsione con metodo mafioso | Tre anni e sei mesi per Miccoli

Fabrizio Miccoli in lacrime nella sua ultima conferenza stampa da giocatore rosanero

L'ex capitano del Palermo lascia in lacrime il Tribunale di Palermo. Gli avvocati: "Sentenza che lascia basiti".

PALERMO – Fabrizio Miccoli è stato condannato a tre anni mezzo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Lascia il Palazzo di giustizia in lacrime e senza lasciare dichiarazioni. L’accusa è estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’ex calciatore del Palermo avrebbe sollecitato Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa, a chiedere la restituzione di venti mila euro all’imprenditore Andrea Graffagnini che li aveva incassati nell’ambito della cessione della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine.

Gli investigatori davano la caccia al padre di Lauricella, allora latitante, e si imbatterono in una conversazione del figlio con Miccoli. “Senti una cosa Mauro – diceva Miccoli a Lauricella – eh… i primi di luglio poi quando vengo, dobbiamo andare a parlare con sto qua. Eh, andiamo io, tu e lui andiamo, ci andiamo a mangiare una cosa a cena e poi… poi quando ci vediamo… capito parliamo un attimo. Va bene? Allora io appena scendo a Palermo ti chiamo, noi ci vediamo da soli io e te, ti spiego un po’ come è la situazione, perché non dobbiamo parlare solo della situazione mia, c’è un’altra cosa, poi ne parliamo di persona… poi andiamo a cena con questo qua e, gli diciamo le cose come stanno! Va boh?”. “Va bene – gli rispondeva Lauricella – te la sbrigo io appena scendi, capito?”.

Nei mesi scorsi nel processo in ordinario a carico di Lauricella l’ipotesi di estorsione era stata derubricata in violenza privata. Da qui la condanna a un anno e mezzo per il figlio del boss della Kalsa.

“Una sentenza che lascia basiti – è il commento dell’avvocato Giovanni Castronovo che assiste Miccoli assieme a GIampiero Orsini -. La stessa Procura, che ha invocato la condanna, aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta (fu il Gup ad ordinare l’imputazione coatta, ndr) . Ci troviamo dinnanzi ad un’estorsione nella quale il mandante viene condannato e l’esecutore assolto. Peraltro sotto il profilo giuridico,in assenza del richiesto ingiusto profitto e di minacce, non è possibile ritenere sussistente il reato di estorsione. Siamo fiduciosi – conclude – che esistano giudici giusti anche Palermo e non solo a Berlino. Confidiamo nell’assoluzione in appello”.

 


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