Sarà bellissima o buttanissima? | Musumeci parla della sua Sicilia - Live Sicilia

Sarà bellissima o buttanissima? | Musumeci parla della sua Sicilia

Due ore di conversazione a cuore aperto, senza politichese. Dagli impresentabili alla nuova giunta.

IL GOVERNO CHE VERRÀ
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La “buttanissima Sicilia”, descritta da Pietrangelo Buttafuoco con l’ispirazione di Giuseppe Sottile, “diventerà bellissima” davvero, come prometteva lo slogan elettorale del neogovernatore dell’isola, Nello Musumeci, se solo gli sarà possibile fare anche la metà delle cose che ha in testa. Anzi, se gliele lasceranno fare i siciliani, innanzitutto. È la netta sensazione dei duecento e passa spettatori che hanno seguito, e applaudito, la prima uscita pubblica di Musumeci a Ragusa, intervistato dal direttore di Panorama Giorgio Mulè nell’evento politico clou della tappa ragusana di “Panorama d’Italia”, il tour del settimanale mondadoriano che ha chiuso in Sicilia la sua quarta edizione.

Bellissima fuori lo è già, deve diventarlo anche dentro”, dice Musumeci. E s’infervora, spiegando la sua idea idea di futuro, cogliendo la provocazione contenuta dall’indagine sociologica che Pamela Saiu, della Mondadori, presenta in apertura e che rivela come solo il 46% dei siciliani (contro, ad esempio, oltre il 70% dei sardi!) sia ancora orgoglioso della sua terra e solo pochi di più sperino che i loro figli vi restino.

“Capisco quando il siciliano esprime scetticismo e diffidenza verso il futuro, altrimenti non si spiega il 50% e più di astensionismo. Questa terra delude, appare sempre meno madre e sempre più matrigna. Ma se i siciliani si sentono delusi della politica, e hanno ragione, anche io mi sento deluso dagli elettori siciliani perché il ceto politico non è altro che lo specchio di una società”. Ma il governatore vuole cambiare: “Fatte le debite eccezioni, è mancata alla politica siciliana una visione proiettata sul futuro. E del resto, nel nostro dialetto, il futuro non lo abbiamo. Per dire: ‘domani sarò a Catania’, diciamo ‘dimani sugno a Catania’. Il politico cerca il consenso immediato e pensa al presente, lo statista non cerca il consenso immediato e pensa al futuro”. E qui Musumeci si concede un flash di ricordi, che rilancia sulla sua visione del domani: “Quando ero piccolissimo, avevo due anni, vicino alla casa dei miei, in campagna, c’era un podere dove un contadino di 83 anni piantò un ulivo e io, bambino, gli chiesi come mai: ‘intanto che cresce!’, gli dissi… Lui, con la saggezza dell’ottantenne, capì e mi rispose: sto piantando ora quest’ulivo perché l’ombra la prenderanno i mei figli e i miei nipoti. Oggi, quell’ulivo è ancora lì e ha una chioma di otto metri”.

“Che la Sicilia possa diventare bellissima era già chiaro nell’auspicio di Paolo Borsellino alla vedova Schifani”, prosegue il governatore, “quando le disse: ‘non andare via, vedrai che un giorno vedrai la Sicilia diventerà bellissima’, e dieci giorni dopo fu ucciso. Si riferiva a una bellezza interiore, una donna può essere bella fuori e acida dentro, o il contrario… brutta fuori e bella dentro, cosa che io auspico, forse perché ormai ho sessant’anni. E vi debbo dire che l’obiettivo della politica dev’essere farla diventare bella dentro, attraverso un processo di conversione culturale che deve coinvolgere tutti noi siciliani. Nessuno si tiri indietro, siamo tutti responsabili, e dobbiamo sentirci tutti protagonisti. La Sicilia si gioca tutto in questi 5 anni. O sprofondiamo oppure comincia quella ripresa, lenta ma inesorabile, che ci occorre. Io ce la metto tutta ma ho bisogno di ciascuno di voi”.

Già: ma che governo sarà, quello di Musumeci? “Entro la prossima settimana chiudo la scelta degli assessori”, promette. E aggiunge che li sceglierà tra le rose che gli verranno proposte dai partiti, perché lui risponderà delle loro azioni di governo: ”Tutte forze politiche avranno diritto di offrirmi una rosa di candidati, se dovrò sceglierne due chiederò 4 nomi, se tre, ne chiederò 6 e sarò io a valutare i più adatti. E se dovessero emergere problemi, cambieremo. Io mi gioco la mia credibilità e lo faccio mettendo a profitto ogni mia competenza e ogni mia energia fisica, morale e intellettuale”. A un giornalista di Ragusa che gli chiede se ci saranno ragusani in Giunta, risponde garbato ma asciutto: “Mi perdoni, ma mi sembra una domanda un po’ provinciale. Gli assessori devono fare l’interesse di tutta la Sicilia, non della loro provincia”. E riprende però il tema per biasimare la fregola dei tagli alla politica, che ha ridotto il numero dei parlamentari regionali, riducendo a poche unità quelli delle province migliori: “Bisogna tagliare i costi della politica, non i costi della democrazia, come questo!”.

Ancora sulla nuova giunta spiega pacatamente cosa c’era dietro la nomina dei tre assessori “tecnici”: “L’unico suggeritomi da Berlusconi è il professor Gaetano Armao, insegnante a Palermo, avvocato amministrativista, per unire le forze e scongiurare una vittoria grillina. Gli gli ho offerto la vicepresidenza, è un economista e sarà prezioso. Poi c’è il professor Roberto Lagalla, ex-rettore dell’Università, e poi Vittorio Sgarbi che conosce il patrimonio culturale siciliano come nessun altro tra i non siciliani. Starà due-tre mesi, magari, ma lo faremo lavorare per fargli dare il massimo”.

Ha ribadito in vari modi la discontinuità rispetto a Rosario Crocetta: “Oggi ad esempio mentre io sono qui a Ragusa, la mia maggioranza è riunita a Palermo. Senza di me, che devo presiedere il governo della Sicilia per tutti i siciliani”. Spina nel fianco, la finanza regionale: “Abbiamo un disavanzo di 500 milioni di euro e un deficit di quasi 8 miliardi, secondo la Corte dei Conti. Questo ho trovato, faremo acrobazie con la maggioranza, per trovare risorse, ma anche con la collaborazione dei parlamentari di centrosinistra, perché nessuno può trincerarsi dietro la foglia di fico dell’appartenenza”. Risorse per investire? Anche, con i fondi europei: “Finora sono stati polverizzati per far contenti tutti e poi non si è fatto contento nessuno. Una classe dirigente degna di questo nome deve fissare 4 obiettivi prioritari e orientare i fondi europei su quelli. Abbiamo 4 miliardi di euro da impegnare e la programmazione che ci vedrà in prima linea è rimasta ormai l’unica risorsa, dovremo attrarre le imprese dall’estero, mantenere quelle attive, sostenere le giovani imprese. Come farlo? Va concordato con Camere commercio, con chi aiuta internazionalizzazione…”. Direzione strategica sicura, quella delle infrastrutture: “La mobilità è il nostro è eterno problema. Se noi avessimo pensato alle grandi arterie autostradali a tempo debito, pur sapendo che avrebbero potuto inaugurarle solo quelli dopo di noi, oggi avremmo la Catania-Ragusa già completata. E invece non lo è, mentre l’autostrada Catania-Palermo è interrotta da quasi tre anni per la caduta di un pilastro. Quando avremo chiarezza su risorse economiche e umane, faremo un cronoprogramma, conto di farlo entro prossimi pochi mesi”.

È deciso, il neogovernatore, a offrire una fiscalità di vantaggio a chi investirà da fuori Sicilia: “Abbiamo il dovere di attrarre capitali e, per farlo, dovremo rendere appetibile la nostra isola, abbattere alcune diseconomie, rilanciare il credito, ridurre l’insicurezza, la burocrazia. Abbiamo bisogno di chi venga a investire denaro. I poteri forti non preoccupano se a scrivere regole è la politica”.

Infine sugli impresentabili: “In Sicilia ci sono da 70 anni, da sempre le liste sono state frequentate da personaggi chiacchierati e nessuno si è mai scandalizzato. Il mascalzone politico in Sicilia veniva chiamato ’unu spertu’, un furbo, mentre il politico onesto che non faceva favori veniva chiamato ‘cristiano bono ma non cunta’. E quando dicevo di qualcuno: ’è un tangentista’, mi dicevano ‘è uno che mangia e fa mangiare’, questa è la complicità di una parte del popolo siciliano nella degenerazione morale che ci siamo tenuti per 70 anni. Per la prima volta il tema deglimimpresentabili è stato posto al centro del dibattito politico dal sottoscritto che, pur temendo di perdere voti, ha voluto già nel mese di agosto auspicare che tutte le forze politiche fossero attente nell’elaborare liste senza presentare agli elettori personaggi chiacchierati”. Poi Musumeci ha sfiorato anche il caso Genovese – le colpe dei padri non ricadono sui figli, c’è solo una questione di opportunità politica che ciascun partito deve valutare; ma ha richiamato le vicende di Mannino e Mastella, inquisiti e poi assolti. Alla fine, l’applauso è scrosciante. Un governatore che s’impegnerà strenumente, ma che sarà impegnativo per i siciliani.


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